Pokemon GO sarà un cambiamento, nel bene e nel male
Pokemon GO è l’ultimo titolo Nintendo e permetterà ai giocatori di catturare le mitiche creature della saga in ogni luogo del mondo, direttamente da dispositivo mobile.
Rilasciato in Nuova Zelanda, Stati Uniti e Australia, dal 15 luglio sarà disponibile a livello globale, Italia inclusa. Si tratta di Pokémon GO, ultima invenzione in casa Nintendo pronta a ribaltare il panorama videoludico mondiale. E non è una retorica trionfalistica da ovvio ex bambino fan della serie, ma un fatto: Pokémon GO farà parlare di se al di là delle rapsodie da “gotta catch ‘em all!”.
Quello che era un gioco nato dalla passione del creatore della saga per la vita all’aria aperta a cercare e collezionare insetti, si avvincerà presto a ottima interpretazione di quell’idea. Il nuovo prodotto della ex fabbrica di carte giapponese è stato sviluppato insieme a The Pokémon Company e Game Freak, co-creatori e detentori insieme a Nintendo del titolo che dal 1996 ha portato oltre 38 miliardi di dollari nelle casse della società di Tokyo. Un’azienda, la Nintendo, capace di sonnecchiare nelle uscite di titoli per anni e poi di uscire con una nuova, perlomeno originale, idea. Ma c’è di più. Nella squadra di sviluppo di Pokémon GO c’è anche la Niantic, società parte di Google nello studio e nello sviluppo della realtà aumentata. Ed eccola la rivoluzione: fino a mercoledi scorso, data del rilascio nei tre Paesi, molte app e videogiochi sviluppati da diversi team – e con diversi scopi – non hanno sfruttato a pieno il potenziale tecnologico disponibile, per esempio, su uno smartphone.
L’immersione totale di Polémon GO nella realtà circostante al giocatore invece fa capire il peso specifico del nuovo titolo. La realtà aumentata esiste da un pezzo, ma non si era mai avuta a portata di mano, o di tasca. Fino all’uscita di Pokémon GO gli sviluppatori di videogiochi su dispositivi mobili hanno puntato sul versante grafico e psicologico per ottenere proseliti. Anche Pokémon GO crea dipendenza ed è probabile che diventi una delle sue caratteristiche “oscure”. Vedere alla capacità nell’insinuarsi nella cronaca del nuovo titolo Nintendo per capire: a Darwin gli agenti di una stazione di polizia hanno vietato di sostare nel perimetro dell’edificio, luogo essenziale della zona per trovare Sandshrew, il Pokémon armadillo. Un altro esempio è il Dipartimento dei Trasporti di Washington che, in un tweet ufficiale, ha sconsigliato di catturare creature alla guida, inventando un termine da zero: “pokemoning”. Pikachu è anche etimologo, volendo. Per non parlare della ragazza che pochi giorni fa, pokemonizzando appunto, ha scovato il corpo senza vita di un uomo sotto un ponte. Un altro episodio dimostra che la forza – paradossale negli effetti quanto incredibile – di Pokémon GO sia proprio il coinvolgimento, spesso tramutata anche positivamente: numerosi giornali anglosassoni hanno riportato di persone affette da depressione che, con la voglia di andare a catturare Pokémon, sono usciti all’aria aperta dopo anni.
Sul piano interattivo Pokémon GO ha dalla sua anche la connettività, fattore vincente per molti sviluppatori nella fase 2.0 del web. Tutti o quasi i grandi padroni della Silicon Valley hanno venduto i propri prodotti e dispositivi promettendo connettività all’animale sociale che vive nell’ecosistema del web. Altro che la fiaba dell’efficienza. In tale contesto il gioco è più di un gioco e abbatte i limiti precedenti sfruttando si due tecnologie già utilizzate, videocamera e posizione del gps, ma da spazio al senso di community in maniera più estesa rispetto alle nicchie di nerd che si riuniscono per un evento videoludico. Chiunque puo’ trovarsi a catturare Pokémon e gran parte di questi sono automaticamente fidelizzare al marketing Pokémon sin dall’infanzia. Tale fidelizzazione contribuisce a incrementare il bacino di utenti di un gioco che, pur essendo un freemium, ovvero un gioco con acquisti al suo interno per accellerare i propri progressi, verrà scaricato a prescindere dagli store. Il passo poi dal semplice scaricamento del gioco all’acquisto del poké-bracciale che vibra quando sei vicino a un Pokemon si potrebbe ridurre proprio grazie alla tecnica più antica del marketing: quella di farti tornare bambino.
Nintendo e soci hanno sia faticato nello stabilire nuovi parametri videoludici che campato di rendita, un discorso che comunque entra poco nel cambiamento importante che Pokemon si appresta ad apportare al genere. Tutto questo si unisce al cambiamento dell’era web in cui si è passati dalla personalizzazione alla interazione continua dei prodotti offerti. Al di là delle posizioni personali, a fare di Polémon GO un gioco in potenza formidabile potrebbe essere proprio l’aver usato sul piano tecnologico ció che si possiede con l’astuzia aggregativa che occorre attualmente per fare un gioco. Ad aggiungere novità ci sarà appunto una connettività onnipresente in una realtà aumentata, ergo: addio immagini irreali di un ragazzo brufoloso seduto su un divano da ore al buio della sua stanza. Per giocare a Pokémon GO bisognerà alzare il sedere dalla sedia: un aspetto che cambia radicalmente l’idea sui videogiochi anche per le persone meno inclini a passare del tempo davanti a un arcade, anni fa, e a un vero e proprio storytelling virtuale, oggi. Vuoi un Pokémon di tipo acqua? Vai vicino a un lago, cammina, e magari sbuca fuori uno Squirtle. Ne vuoi uno di tipo erba-coleottero? Vai al prato ed ecco un Caterpie. Se è vero dunque che la tecnologia puo’ dirsi tale soltanto se ha risvolti fattuali e concreti nella vita delle persone, allora Pokémon GO si pone su un livello videoludico innovativo.
Nella storia scientifica soltanto alcuni campi di ricerca hanno sfruttato interamente le tecnologie a disposizione. Può sembrare un’affermazione fuorviante, e certamente nei risultati ottenuti in alcuni campi lo è. Parallelamente però, Pokémon GO sarà un videogioco che metterà – nel bene e nel male – in discussione questa tendenza, almeno nell’universo di quell’ecosistema nato con internet e che basa i dispositivi attuali sulla suddetta connettività permanente. Poi c’è il discorso dei dati raccolti attraverso le app, delle posizioni registrate, entrambe vendute a società di pubblicità e – spesso – ai governi. Ma questa è un’altra storia. Pokémon GO sarà innanzitutto un nuovo modo di intendere quotidianamente, a portate di tasca, la tecnologia a livello concettuale e sociale. Sarà interessante valutare gli studi sulle motivazioni politico-ideologiche e culturali che hanno influenzato – e continuano a farlo – gran parte delle tecnologie e del loro sviluppo. In questo momento Pokémon GO ha registrato su Google maggiori ricerche di You Porn. Tira più un pelo di Persian dunque. Tuttavia neanche Pokémon GO potrà risolvere la questione di quella che già Gramsci definiva come “magia” se non la si conosce: quella tecnologia che usiamo senza conoscere; che tradotto oggi sarebbe uno smartphone che permette di “rilevarci sul gps” appena lo vogliamo pur non sapendo come ci riesce sul piano tecnico. Nel frattempo cerchiamo Mew al Colosseo.