Golpe Yemen, Presidente e Premier si dimettono
USA TEMONO ANARCHIA NEL PAESE, SI RAFFORZEREBBERO IRAN E AL QAEDA ARABA
SAN’A’ – Dopo gli scontri di ieri, con il presidente Hadi e il premier Bahah di fatto in ostaggio dei ribelli nelle proprie residenze, le più alte cariche del Paese hanno presentato le dimissioni al Parlamento yemenita.
Nel pomeriggio sembrava che il Presidente avesse raggiunto un accordo con gli Houthi garantendo loro una maggior rappresentanza istituzionale e accettando i loro emendamenti per l’imminente riforma costituzionale del paese in cambio della fine dello scontro armato e della liberazione del capo del gabinetto presidenziale, Mubarak, in ostaggio dei ribelli da sabato 17 gennaio.
Ma il premier Bahah, assediato nella sua casa bombardata dai ribelli, ha deciso comunque di presentare al presidente le dimissioni per sé e per tutto l’esecutivo (un esecutivo in carica solo da novembre e ben visto dall’ONU nell’ambito di un processo di pacificazione tra ribelli e forze governative in conflitto da settembre). La notizia è stata diffusa via Facebook affermando che il suo breve governo ha “operato in circostanze molto difficili” e che la sua scelta è motivata dal desiderio di “non essere trascinato in un abisso di politiche non costruttive per il Paese”.
Subito dopo le dimissioni di Bahah, anche il presidente Hadi ha presentato le sue dimissioni allo speaker del Parlamento, Yahia al-Rai, che però le ha rifiutate e ha convocato una sessione d’urgenza per domani.
“Ho sostenuto la responsabilità della presidenza dal 25 febbraio 2012, ma dagli eventi del 21 settembre 2014, che hanno colpito il processo di transizione politica, non sono più in grado di raggiungere l’obiettivo per cui venni eletto” avrebbe scritto nella sua lettera di dimissioni Hadi accusando anche altri partiti per non aver contribuito a portare il Paese fuori dalla crisi politica.
Rischio anarchia – Adesso per lo Yemen si profila minaccioso il rischio di una vera e propria guerra civile. Già nelle ore passate le forze filogovernative del sud hanno chiuso per diverse ore il porto e l’aeroporto internazionale di Aden (la principale città del Paese che affaccia sul Mar Rosso, di fronte al Corno d’Africa) in segno di protesta contro il colpo di stato. Lo Yemen potrebbe diventare terreno di scontro per la frangia della penisola araba di Al Qaeda (Aqpa, che peraltro sembrerebbe essere il principale sponsor degli attentati terroristici di Parigi a Charlie Hebdo) e gli sciiti Houthi. E sullo sfondo c’è sempre l’Iran, sciita, che potrebbe espandere la propria influenza nel territorio sfidando il grande vicino dello Yemen, l’Arabia Saudita filoamericana, per la supremazia regionale in quell’area del mondo.
Da Washington intanto l’amministrazione Obama guarda con attenzione e preoccupazione allo Yemen e alla sua crisi politica che potrebbe portare ad un nuovo intervento americano in una regione in cui non hanno più grandi alleati, a parte un presidente (Hadi) ormai in ostaggio dei ribelli e non più in grado di controllare il territorio e le forze armate.
Andrea Speziale
22 gennaio 2015