Alfano: ‘esercito a Napoli’. E’ la soluzione giusta?
Alfano: esercito per fermare le pistole
A seguito degli omicidi di stampo camorristico registrati a Napoli tra giovedì e venerdì scorso, in cui hanno perso la vita Giuseppe Calise (24 anni), Pasquale Zito (21) e Francesco Esposito (31), il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha deciso d’intervenire, proponendo la stesura di una norma che consenta l’invio dell’esercito nel capoluogo campano per presidiare alcuni punti fissi e sgravare dalla mansione le unità delle forze dell’ordine che potrebbero così essere impiegate in altre aree e nel pattugliamento. Secondo Alfano, l’invio dell’esercito a Napoli è un passo necessario perché «dobbiamo far stare zitte le pistole». Ma l’invio dei militari è davvero la soluzione per garantire sicurezza e fermare la criminalità organizzata?
L’esercito è la soluzione?
Certamente la presenza di militari e forze dell’ordine ha effetti immediati e tangibili: inviare nuove unità da affiancare alle forze di polizia e a quelle del progetto ‘strade sicure’ consentirebbe infatti una sorveglianza più omogenea sul territorio ma una maggiore sorveglianza – nonostante possa facilitare la percezione di sicurezza da parte della popolazione – non è un deterrente efficace per far tacere le pistole. Se la malavita organizzata decide di aprire il fuoco, lo apre: un controllo assoluto è pressoché impossibile e i clan troveranno sempre spazi in cui emettere indisturbati le loro sentenze di morte.
Che fare, allora? il ministro dell’Interno e lo Stato dovrebbero prendere in considerazione altre vie per combattere la malavita, sottraendole le risorse di cui si nutre invece di posizionare – consentite l’iperbole – guardie armate ai semafori. Partendo da un serio impegno nella lotta alla disoccupazione, regolarizzando la prostituzione e legalizzando la cannabis si ridurrebbero notevolmente gli introiti della malavita (ingrossando tra l’altro quelli dello Stato) la quale avrebbe anche più difficoltà per quanto riguarda il reclutamento: chi ha un lavoro e uno stipendio che consente una vita dignitosa sarà meno incline ad intraprendere la via criminale.
Dunque, lotta alla disoccupazione, regolarizzazione della prostituzione e legalizzazione della cannabis: da quì lo Stato dovrebbe partire per smantellare pezzo per pezzo la malavita organizzata, riappropriandosi anche di quei territori in cui lo Stato è al momento rappresentato dai clan. Ai tre elementi elencati sarebbe poi auspicabile aggiungere maggiori controlli per quanto riguarda l’assegnazione degli appalti, per le licenze, per il gioco d’azzardo; insomma, tutti gli elementi che consentono ai malavitosi di ottenere introiti consistenti in maniera indisturbata: i tanti sequestri messi a segno dallo Stato – almeno per il momento – testimoniano più le immense ricchezze che la malavita possiede rispetto all’efficienza dello Stato nel combattere le origini del fenomeno.