Recensione di American Sniper
Regia: Clint Eastwood
Cast: Bradley Cooper, Sienna Miller, Cory Hardrict, Jake McDorman, Navid Negahban, Luke Grimes, Kyle Gallner, Owain Yeoman, Brian Hallisay, Sam Jaeger, Eric Close, Bill Miller, Max Charles, Tom Stern
Produzione: Usa
Genere: Azione, Drammatico
Durata: 132 min.
Tiratore d’élite dei Navy Seals, il texano Chris Kyle, viene spedito in Iraq con un solo scopo: proteggere i suoi colleghi. La sua precisione chirurgica salva innumerevoli vite umane sul terreno di guerra. Il suo nome diventa presto leggenda con il moltiplicarsi dei suoi colpi micidiali. Tuttavia, la sua reputazione si propaga oltre le linee nemiche, diventando bersaglio privilegiato degli insorti. Nonostante il pericolo, e l’angoscia che avvolge la famiglia, Chris decide di prendere parte a quattro battaglie decisive tra le più terribili della guerra in Iraq, imponendosi come il principio vivente dei Navy Seals.
Il film di matrice bellica, improntato sull’esperienza reale di Chris Kyle, rappresenta un’occasione di riflessione, il regista infatti evidenzia come l’inferno e l’orrore della guerra, una volta che siano vissuti direttamente, possano facilmente mutare e non solo in una mera dipendenza fisica, ma anche in un’etica e morale. “Chi nasce cane da pastore, muore cane da pastore. Non sarà mai né pecora né lupo”, queste le parole pronunciate dal padre del protagonista che sono diventate un pilastro della sua esistenza.
La pellicola inoltre, offre uno spunto riflessivo anche sulle conseguenze psicologiche subite da Kyle, continuamente terrorizzato dagli incubi della propria esperienza. Vi sono due sequenze emblematiche. La prima quando Kyle incontra il fratello alla fine della sua prima missione, richiamato per combattere anche lui mentre, visibilmente scosso dall’esperienza, ritorna a casa. Nel saluto, il fratello qualifica la guerra come “uno schifo”. Il controcampo sul primo piano di Kyle è di stupore e d’incredulità. Nello sviluppo diegetico è la prima di una serie in cui è evidente la disapprovazione del soldato nei confronti di quei militari che rifiutano le responsabilità. L’altra sequenza è nell’ultima missione di Kyle che torna per uccidere il cecchino, Mustafa. Un ex campione olimpionico siriano, letale cecchino. Pur di ucciderlo mette in pericolo le vite dei suoi compagni.
Chris Kyle dopo questa missione e dopo le pressioni della moglie, che ha due figli, torna a casa, poiché si accorge che è arrivato il momento di dedicarsi alla famiglia. L’epilogo si conclude con la morte assurda di Kyle che viene ucciso per mano di un reduce che voleva aiutare. Il regista sceglie di non mostrare la morte della “leggenda”. Forse ovvio a questo punto dire che il vero male è quello celato nei propri confini.
Certo, Kyle non era affatto immune agli effetti di natura psicologica generati dalla guerra ma per un’assurda ironia del destino, la beffa si compie proprio a casa, lontano chilometri dalla sanguinosa guerra che lo ha visto protagonista.
Tecnicamente il film offre magnifiche inquadrature e scene ricche di tensione. I primi minuti del film sono certamente molto intensi, nel momento in cui il Seals deve decidere se uccidere o meno un bambino pronto a lanciare una bomba. Questo lavoro, denuncia le atrocità della guerra, in entrambi le parti coinvolte, senza mezze misure.
American Sniper è tecnicamente l’ennesima conferma che il suo regista è da questo punto di vista, indiscutibile. Tuttavia, lascia a desiderare la superficialità dimostrata nei confronti di alcune tematiche appartenenti allo scenario militare, quindi politico, con l’intento, forse, di conferire al film una natura più di propaganda alla distribuzione che di denuncia.
Di Manuel Giannantonio
(Twitter@ManuManuelg85)
4 Gennaio 2015