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Tolkien: il creatore dei mondi

Come può, una mente umana, nascondere al proprio interno un intero mondo? Questo, probabilmente, avrebbero dovuto domandarlo al celebre scrittore e linguista J.R.R Tolkien, che con la propria mente non si è limitato a creare da zero un nuovo mondo, ma un intero universo. Si tratta – in questo caso – dell’universo di Arda, la trasfigurazione della nostra Terra pensata e sviluppata interamente dalla mente del celebre autore.

Appassionato di letteratura e linguistica fin dalla giovane età, Tolkien si interroga ripetutamente sui misteri e le caratteristiche che permettono di distinguere le lingue – esistenti come artificiali – e i rispettivi popoli che ne fanno un costante utilizzo. Giunto alla prematura conclusione che una lingua sia considerata in evoluzione solamente quando alle proprie spalle vi sia un popolo, si diverte a sperimentare le prime creazioni nel Lo Hobbit, la prima opera che narra le vicende della Terra di Mezzo e di quell’universo che, a decenni di distanza, ancora appassiona cuori e menti di milioni di seguaci. L’immenso e inaspettato successo della prima opera portano l’ancora giovane scrittore ad occuparsi nuovamente delle vicende degli Hobbit e di tutte quelle creature che – unite agli uomini – rappresentano i principali abitanti del suo personale universo. Questa volta, però, il testo viene diviso in tre differenti volumi, il Signore degli Anelli.

Anche in questo caso la sua mente si rivela un’inesauribile fonte di immaginazione e creatività, che, in breve, non solo portano alla nascita e allo sviluppo di nuovi popoli, ma di vere e proprie lingue. idiomi così curati dal punto di vista linguistico da avere, ognuno, una propria grammatica, un proprio lessico ed una specifica fonologia. E per completare il tutto, Tolkien si dedica infine alla composizione dell’ultima, grande, opera destinata a concludere la memorabile epopea della Terra di Mezzo. Questa volta il titolo prescelto è molto semplice, quanto iconico: il Silmarillon. 

Differentemente da quanto si possa immaginare, però, le vicende di questo ultimo testo non costituiscono un seguito della celebre trilogia, ma anzi, anticipano di secoli gli eventi narrati ne Lo Hobbit, andando a creare dunque un’antologia storica di quell’universo partorito dalla sua mente. In questa maniera, lo scrittore britannico conclude definitivamente quella piacevole fatica che, dopo gli orrori a cui aveva assistito nelle fangose trincee della Francia, è stata in parte responsabile di riportare pace e serenità alla sua mente tanto sconvolta.

Ma qual è l’elemento che ha permesso di trasformare quelli che, originariamente, erano solamente racconti per bambini, scritti direttamente per i propri figli, in un successo planetario? Sicuramente, non è solo questione di originalità della storia. Tra gli elementi più importanti, infatti, vanno sicuramente elencati la cura ossessiva per i dettagli e la caratterizzazione dei popoli animati dalle sue abili mani. Ognuno di essi, infatti, possiede caratteristiche sociali, culturali e linguistiche capaci non solo di attirare le attenzioni di chiunque, ma anche di creare una familiarità e un legame personale. Si tratta, però, di caratteristiche non propriamente universali tra gli scrittori, come è facile da intuire, essendo un dono che solamente in pochi, nella storia, hanno potuto vantare.

Nel caso di Tolkien, però, una marcia in più proviene sicuramente dalla caratterizzazione e dall’unicità linguistica che distingue ogni popolo. Così, elfi, nani, orchi e hobbit diventano non solo personaggi immaginari, ma personaggi verosimili, con caratteristiche tangibili comuni ad ogni singolo essere umano. Ed è proprio questo fatto, infine, a rendere unica la sua opera. Con l’enorme espressività linguistica associata ai vari popoli – un particolare merito va agli elfi, in questo caso – il mondo fantastico si equipara a quello reale, e le figure, abilmente descritte, possono facilmente prendere vita e avere una propria rappresentazione chiara e precisa, senza che vi sia la necessità di accompagnare il tutto con suoni e video. 

Ben prima dell’uscita dei celebri film di Jackson, infatti, l’elfico è parlat0, è ascoltabile ed è vivo. E lo stesso vale per tutte le altre lingue abilmente descritte ed inserite nelle sue opere, fatto pressoché unico nella letteratura moderna. E così, quanto teorizzato in origine durante la gioventù dallo scrittore, ossia che vi sia una correlazione diretta tra la vitalità di una lingua e quella di un popolo, si conferma pienamente corretta. Sarebbe interessante, a questo punto, domandarsi cosa sarebbe successo se, per una qualsiasi ragione, Tolkien avesse deciso di limitare l’espressività dei suoi personaggi e dei suoi popoli. Si potrebbe ancora parlare di un successo planetario e senza tempo? Oppure ci troveremmo di fronte a uno dei tanti racconti fantasy che, in fin dei conti, hanno riscosso interesse nel pubblico solo per un breve periodo, per poi finire dimenticati o sorpassati da altre opere?

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