2duerighe

L’ex ministro afgano che oggi fa il rider

Il rider è certamente il lavoro simbolo del mondo lavorativo dell’ultimo periodo. Quando passeggiamo per le strade della nostra città oppure siamo in macchina ad un semaforo, ci capita spesso di vederli: tute fluorescenti, caschetti dai colori vivaci, zaini di grande misura. Sono loro la nuova frontiera delle consegne fast. Legati tramite contratto ad una o più applicazioni, si muovono il più velocemente possibile ad ogni click di un cliente. 

Spesso però ci dimentichiamo che dietro ad un click o ad una bicicletta che corre, c’è una persona o meglio tante persone, tante storie. Spesso si tratta di giovani, seguiti da molti migranti economici venuti in Europa a cercare fortuna. Quando citofonano alla nostra porta, potrebbe capitarci uno studente che tra una pausa e l’altra, si ferma a studiare tra i gradini di una piazza oppure un rifugiato che neanche può permettersi le scarpe da ginnastica e prende la metro per arrivare prima a destinazione, tra gli insulti razzisti di chi lo circonda. 

Sayed Sadaat, oggi.


Non ci aspetteremmo mai di trovare un ex ministro, un laureato ad Oxford con più di vent’anni di carriera alle spalle. Un uomo che seppur nato e cresciuto in uno dei paesi più poveri del mondo, l’Afghanistan, non poteva di certo lamentarsi per il suo stipendio. Un privilegiato insomma. 

Eppure, Sayed Ahmad Shah Sadaat (classe 1971) che fino a qualche mese fa ricopriva l’incarico di Ministro delle Comunicazioni e della Tecnologia dell’Informazione in Afghanistan, oggi si ritrova a Lipsia in Germania, dopo essere scappato dal suo paese con moglie e figli ed aver quindi rinunciato al suo status

Sayed Sadaat: da Oxford a Lipsia

Secondo quanto riportato da alcuni media, l’ex ministro avrebbe conseguito due master in comunicazione e ingegneria elettronica nella prestigiosa università di Oxford per poi intraprendere una carriera nel mondo politico come esperto di comunicazioni, fino a ricevere il prestigioso incarico di ministro delle comunicazioni nel 2018, nel governo del presidente Ashraf Ghani, ormai esiliato in seguito all’arrivo dei talebani nella capitale Kabul e al ritiro delle forze armate americane dal territorio Afghano. La sua storia è stata raccontata per la prima volta dall’emittente locale Lvz, che lo ha fotografato mentre svolgeva il suo nuovo lavoro di rider, per poi intervistarlo. 

Sadaat, si era dimesso dopo due anni come ministro, nel 2020 per poi giungere in Europa verso la fine dell’anno e una volta finiti i risparmi, avrebbe deciso di lavorare come rider per la società tedesca Lieferando, unico lavoro a cui ha potuto accedere, dati i problemi riscontrati con la lingua tedesca e la mancanza di conoscenze sul territorio.

«In Afghanistan ero un ministro al servizio delle persone e ora sono un rider, sempre al servizio delle persone. Sono fiero di fare questo lavoro»

Come ha raccontato egli stesso, la scelta di dimettersi è derivata soprattutto dai primi allarmi relativi alla situazione di fragilità del governo afghano che di lì a poco avrebbe portato agli Accordi di Doha tra la fazione afghana dei Talebani e il governo degli Stati Uniti d’America, firmati ufficialmente il 29 Febbraio 2020, sotto la presidenza di Donald Trump. Un accordo che ha concesso agli estremisti il ritiro completo dal paese di tutte le truppe americane, sancendo di fatto, dopo vent’anni di guerra, il ritorno al potere dei talebani con la conseguente fuga del capo del governo di stampo democratico.

Il governo Ghani e la fuga da Kabul

Sayed, era un membro del governo di Ashraf Ghani. Nella storia dell’Afghanistan sarà ricordato come il governo corrotto, che ha abbandonato il suo paese. Una corruzione sottintesa anche dalle parole dell’ex ministro:«Avrei potuto essere uno di quei ministri corrotti, avrei potuto fare milioni di dollari e avrei potuto comprare hotel ed edifici in paesi come Dubai ma sono contento di fare questo lavoro perché la mia anima è felice e spero che questo lavoro possano farlo altri politici invece di continuare a nascondersi…».

Ashraf Ghani

Ghani invece, continua a difendersi nelle varie dichiarazioni rilasciate durante il turbolento periodo che ha visto il ritorno al potere dei talebani. Come ha egli stesso dichiarato, la sua scelta deriva dal voler evitare un probabile bagno di sangue. Ma tra i vari media c’è anche chi descrive il governo come già morto di fatto in seguito agli Accordi di Doha. Tra i vari portavoce del governo americano c’è chi ha dichiarato che l’esclusione del governo democratico di Ghani era tra i compromessi pattuiti con la fazione talebana, in cambio di un discorso pacifico con gli Stati Uniti. Un governo quindi che al di là della presunta corruzione, non sarebbe stato coinvolto all’interno dei progetti per il futuro dell’ Afghanistan e che quindi sarebbe finito comunque, anche senza la fuga dei vari membri tra cui il presidente. Un personaggio che nonostante ciò, viene accusato di aver rinunciato a lottare fino alla fine per il mantenimento della democrazia, preferendo invece la ritirata che secondo alcune fonti ha come meta finale proprio gli Stati Uniti d’ America. 

Ma tra gli altri membri c’è anche chi ha preferito continuare a recarsi sul posto di lavoro fino agli arresti domiciliari. Stiamo parlando dell’ex ministro delle finanze Harzat Omar Zakhilwal che sta tentando di dialogare con i talebani per un governo “più inclusivo”.

Oltre a Ghani, fuggito verso gli emirati su un elicottero carico di banconote e accusato di corruzione anche dall’ex ministro dell’ Interno Masoud Andarabi, licenziato da lui stesso, c’è anche chi è dovuto fuggire per ovvie ragioni: stiamo parlando dell’ attivista per i diritti delle donne ed ex ministra Nargis Nehan che è riuscita a rifugiarsi ad Oslo.

Sayed Sadaat, foto ufficiale come Ministro delle comunicazioni

Una storia a “lieto fine”

La storia “a lieto fine” dell’ex ministro, ha riportato in primo piano due eventi principali che negli ultimi anni hanno riempito le pagine dei giornali: uno è certamente quello riguardante l’Afghanistan e la guerra che da vent’anni sta logorando questo paese tra morti, feriti, diritti negati e corruzione. L’altro è quello del lavoro precariale del rider, il più umile che fino a poco fa non aveva accesso neanche ai più fondamentali diritti del lavoro. Una mansione che nonostante le proteste e le riforme, oggi continua a trovarsi in una situazione instabile, con turni massacranti e stipendi miseri. 

La storia di Sadaat però, ci riporta anche ad un altro tema, quello riguardante la nostra coscienza e le scelte che potremmo fare ad un bivio della nostra vita. Nel suo caso, quello di scegliere tra un’esistenza agiata e corrotta con quella umile e modesta che però ti garantisce una coscienza pulita.
Nelle parole dell’ex ministro, non manca poi un pensiero di riguardo verso chi è scappato da situazioni difficili:«Non tutti gli immigrati sono qui per prendere soldi dal governo. Hanno bisogno di lavorare, pagano le tasse e fanno anche diverse cose positive verso il paese. Quindi il mio messaggio è che molti immigrati potrebbero portare valori aggiunti al paese se partecipassero alla vita sociale qui».
Un pensiero di riguardo poi, è anche per l’ Afghanistan:«Spero che il mio paese diventi di nuovo stabile, sicuro, pacifico e prospero…»

Exit mobile version