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La Signora del Martedì, quando il passato sanguina

La Signora del Martedì è una splendida Giuliana De Sio, in scena al Teatro Franco Parenti di Milano dal 7 al 18 febbraio 2024.

È avvolta in abiti eleganti e fascianti che le arrivano al ginocchio lasciando scoperte le sue belle ed esili gambe e mettendo in rilievo il suo fisico sinuoso e flessuoso.

L’aspetto fisico, di cui colpisce anche l’angelica e riccioluta capigliatura biondo scuro, sembra però in contrasto con i suoi modi bruschi, non volgari ma ruvidi e decisi.

Troviamo pertanto singolare che entri in un albergo ad ore. Dalla tenutaria dello stesso, Paolo Sassanelli, la eccentrica signora Guastini, un travesti simpatico ed esuberante che sfoggia mises appariscenti e parrucche biondo platino, apprendiamo essere una cliente abituale, di cui non si conosce neanche il nome.

Da anni infatti La Signora del Martedì arriva giustappunto ogni martedì, tra le quindici e le sedici, per consumare un’ora d’amore. Entra, elegante, sempre di poche parole, paga in anticipo e sale al piano.

Ad attenderla, Riccardo Festa, un non più aitante attore porno in declino, tal Bonamente Fanzago, che per i troppi ormoni necessari alle sue mirabolanti erezioni, ha già avuto un infarto. Non brilla certo per acume o ingegno ma la sua prestazione, che richiede comunque una preparazione adeguata con la pillola blu, sembra soddisfare La Signora del Martedì.

Che continua da nove anni in questa rassicurante e ripetitiva abitudine settimanale.

La scena pensata da Francesco Ghisu, una piccola ma chiara hall dell’albergo ad ore, con carta da parati a strisce, tinta verde sui muri, reception e due poltrone anni cinquanta, resta invariata per l’intero spettacolo. Le scale sulla sinistra, portano alla stanza ad ore dalla mobilia un po’ retro, che si illumina quando gli amanti si ritrovano.

Nessuno, ad eccezione dei tre protagonisti che inizialmente ci fanno ridere, sembra profanare questo luogo che aveva avuto un “fulgido passato”.

Sino a che un giorno, proprio un martedì tra le 15 e le 16, l’incantesimo di questo mondo strambo si infrange.

Un anziano signore, un mirabile Alessandro Haber, entra seduto su una sedia a rotelle.

Ha un aspetto torvo, anche se apparentemente fragile. Chiede di intervistare La Signora del Martedì.

Quello spazio chiaro che è stato la hall sino a quel momento, si trasforma allora in uno spazio polifonico di sofferenza. La drammaturgia di Massimo Carlotto trasforma la lingua ilare, ironica, ma sempre composta usata sino ad un momento prima, in un impasto acuto di dialetto, parolacce, termini giudiziari, parole offensive, taglienti, dolorose, capaci di creare un suspense drammatico.

Tra Haber, che si finge giornalista e la De Sio, deflagra infatti un duello verbale torbido.

La parola di Haber diventa azione, mezzo di potere, evocazione, laccio mortale. Quella della De Sio, difesa infantile, impotenza, strumento per mimetizzarsi e nascondere un passato che già una volta ingiustamente la ha marchiata, rubandole la giovinezza.

L’autorità e il potere di Haber sembrano avere il sopravvento. Ma quel passato oscuro da lui appena evocato, che sembra ancora sanguinare e macchiare il presente della bella donna, finisce con inghiottirli entrambi.

Lo spettacolo coinvolge. Se inizialmente muove al riso, può generare spaesamento verso la fine.

Quel destino tratteggiato in crescendo dalla penna di Carlotto e ben orchestrato dalla regia di Pierpaolo Sepe infatti, viene amplificato dalla sedia a rotelle di Haber.

Il livore che lui incarna prima ancora che verso la donna verso la vita, sembra infatti reale, così intimamente legato a quel sostegno con le ruote che, come un’ancora, lo immobilizza, non gli consente la piena autonomia, lo tiene legato, suo malgrado, ad un destino ingiusto, non scelto, ingovernabile, incomprensibile che non lascia scampo.

Talvolta il suo sguardo resta per un attimo sospeso mentre la parola rimane impastata nella sua bocca ed a fatica si traduce in suono. E viene da chiedersi dove finisca la recitazione e incominci la realtà.

La Signora del Martedì

di Massimo Carlotto
regia Pierpaolo Sepe
con Giuliana De Sio, Alessandro Haber
e con Paolo Sassanelli, Riccardo Festa, Samuele Fragiacomo
scena Francesco Ghisu
costumi Katarina Vukcevic

produzione Gli Ipocriti Melina Balsamo / Fondazione Teatro della Toscana

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