Complice una crisi climatica sempre più tragicamente evidente, negli ultimi anni si è compreso quanto sia necessario rivalutare gli investimenti nel settore del turismo in chiave maggiormente sostenibile. Continuare a seguire ciecamente le architetture di investimento del passato potrebbe essere controproducente, sprecando oltretutto risorse importanti che invece agevolerebbero una transizione economica in primis alle imprese che, più di altre realtà, verranno colpite dai cambiamenti climatici. Pensiamo al turismo montano ad esempio: esso di solito è sinonimo soltanto di sport invernali, svolti principalmente durante una stagione l’anno, in determinate località. I flussi turistici, invece, andrebbero ridistribuiti su tutto l’intero anno, aumentando così l’offerta anche per i consumatori che non praticano sport invernali, ma che possiedono altresì capacità di spesa necessaria per la sussistenza dell’economia locale. Questo diverso modo di vivere la montagna concederebbe, da un lato, la possibilità alle realtà locali di non essere troppo penalizzate dalla stagionalità, e, dall’altro, per un comparto rilevante per il Pil italiano come lo è quello del turismo, di ridurre il proprio impatto ambientale. Sicuramente, questa transizione di business non è priva di difficoltà, non solo organizzative, ma anche culturali. Coniugare l’attività umana con le necessità che l’ambiente richiede, soprattutto quando viene svolta in un’area protetta come un parco nazionale, comporta sacrifici e molta dedizione. In particolare, per realizzare ciò, le comunità locali dovrebbero modificare il proprio approccio, che non significa solamente investire nell’ambiente, ma anche rimodulare gli investimenti montani e, di conseguenza, il nostro futuro economico.
Per approfondire meglio la tematica, abbiamo rivolto alcuni quesiti a Riccardo Nifosì, guida ambientale escursionista nel Parco dei Monti Simbruini, nel Lazio. Il Parco, istituito il 29 gennaio 1983, compie quest’anno 40 anni e nasce con l’intento di valorizzare e tutelare le ricchezze di una zona storicamente e geologicamente rilevante. Un territorio molto ampio che comprende sette comuni: Trevi, Filettino, Vallepietra, Subiaco, Cervara di Roma e Camerata Nuova.
Riccardo, come coniugare economia e gestione di un parco protetto?
Se intendiamo l’economia del territorio contenuto nei confini del parco, sia esso nazionale o regionale, il punto d’incontro è senza dubbio il turismo. La definizione stessa di parco nazionale fornita dal IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) indica tra gli obiettivi del parco, quello di sviluppare l’economia locale con il turismo. Un’amministrazione virtuosa sa incanalare i flussi di visitatori verso forme di turismo sostenibili, facendo educazione ambientale e coinvolgendo tutti gli stakeholders, quindi attività commerciali e servizio offerti da terze parti. Con il patrimonio naturale nazionale, basterebbe una buona promozione ed una comunicazione univoca e non campanilistica per ottenere un indotto economico senza pari tra gli altri settori.
Quali sono i vantaggi per chi vive e cui lavora in un parco protetto?
“Il mio ufficio è differente?!?” Scherzi a parte, forse dal mio punto di vista può sembrare ovvio, ma comunque ci sono marcate differenze tra parco e parco. Vivere e lavorare in un’area protetta, per chi ama la natura e i ritmi lenti, ha un valore inestimabile. Attività ricettive che sanno accogliere in modo giusto i visitatori, possono sicuramente godere di ottima salute economica. Guide ambientali, guide turistiche e operatori del turismo in generale hanno molto da guadagnarci, la speranza è sempre che sappiano restituire, in termini di promozione e conservazione del territorio.
Quali competenze servono per migliorare la convivenza tra attività umane e natura?
Tutte quelle che si possono avere. Quando parliamo di temi così ampi dobbiamo pensare a relazioni basate su equilibri molto fragili a volte. Quello di cui abbiamo bisogno è una sensibilità, più che una competenza. Da un lato dobbiamo renderci conto che andare in natura non è come andare al cinema. Il territorio non è solo una bella vetrina da guardare, ma è vivo. Noi modifichiamo lo stato della natura anche solo con la nostra presenza, quindi nei limiti del possibile quello che dobbiamo fare è cercare di limitare l’impatto delle nostre attività. Dall’altro lato dobbiamo sviluppare sistemi di convivenza, per esempio con la grande fauna. La mitigazione dei conflitti sta alla base della coesistenza e sta facendo grandi passi in avanti, pensiamo per esempio alle grandi forniture di recinzioni elettrificate. Servirebbe un’intervista a parte e con la mia preparazione riuscirei a coprire forse un 2% del tema.
Nel parco dove operi, quali servizi esistono?
Il parco regionale dei Monti Simbruini è molto grande, il più grande del Lazio, diviso sul territorio di 6 comuni. Tutti i servizi principali sono presenti. Sentieristica e informazioni sono curati e aggiornati ciclicamente.
E quali mancano?
C’è carenza di strutture ricettive. Un territorio così grande avrebbe bisogno di maggiori punti di appoggio nelle aree più interne e non raggiungibili con mezzi a motore. Questo consentirebbe a molti escursionisti di poter visitare il territorio nella sua interezza e recuperare strutture di valore lasciate in disuso.
Cosa potrebbe fare lo Stato?
Istituire un organo che coordini tutte le aree protette, in modo da sviluppare una comunicazione e una ripartizione delle risorse univoca e funzionale al mantenimento di tutto il sistema dei parchi. A cascata poi ci sono tanti piccoli e grandi problemi che neanche conosco. In Italia abbiamo 871 aree protette, per non parlare delle centinaia di chilometri di costa.
E cosa i privati?
I privati hanno il potere in mano. Potrebbero scegliere di fare le loro vacanze in un parco vicino casa, sviluppando il turismo locale. Dovrebbero porre più attenzione al loro impatto, riportando sempre indietro i rifiuti, rispettando tutte le norme di relazione con la fauna. Tutti potrebbero scegliere di camminare di più, lasciando la macchina al loro arrivo e spostandosi solo sui sentieri a piedi, a cavallo o in bici. Per un’escursione in giornata potrebbero prendere il pranzo in un alimentari sul territorio che visitano o mangiare comunque in qualche struttura della zona. Se tutto questo gli è piaciuto, hanno il potere di documentarlo e condividerlo sui social promuovendo il territorio. Tutto questo funziona meglio se ci si affida a guide e operatori del territorio, ovviamente, ne sono convinto ora che sono uno di loro, ne ero convinto prima e ne sarò convinto sempre. Dopo anni ancora ci sono cose con non conosco e non comprendo. Senza un narratore, molte delle nostre visite in natura si limiterebbero ad un numero sul contapassi e qualche bella foto.
Cosa chiedono i turisti?
Informazioni. Meteo, sentieri, attività. Poi chiedono semplicità per raggiungere i centri dei parchi, anche con mezzi pubblici. Soltanto alla fine chiedono servizi di ristorazione e pernottamento. Più volte rispondendo alle domande ho parlato di informazione. E’ questo che serve. Informazione, a tutti i livelli e di tutti i gradi, dal post su Facebook alla circolare istituzionale. Conoscere è l’unico modo per comprendere e di conseguenza apprezzare e difendere.