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L’enigma Navalny, l’ombra di Putin sulla sua morte

Navalny, oppositore di Putin, morto venerdì 16 febbraio. Accuse al Cremlino per omicidio premeditato per non aver ancora riconsegnato il corpo alla famiglia. Sostenitori incoraggiati a continuare la lotta per un paese migliore dalla moglie del deceduto: Julia continua il lavoro di Navalny

Aleksej Navalny muore nella prigione russa dove stava scontando una pena di 19 anni. I servizi carcerari russi (Fsin) dichiarano che il decesso sia stato improvviso e dovuto ad un malore in seguito ad una passeggiata, nonostante debbano essere attuati ulteriori accertamenti. 

Una situazione anomala, per certi versi similare a quella che sta accadendo a Julian Assange, che è stata definita dal team Navalny come un “omicidio pianificato”, ma che Mosca vuole liquidare definendola una semplice “morte improvvisa”. Si tratta di affermazioni portate avanti e che non presentano alcun dubbio: la squadra del dissidente è fermamente convinta che si tratti di un omicidio premeditato. Concetto elaborato in virtù di alcuni indizi come la decisione delle autorità di non voler riconsegnare il corpo alla famiglia e le testimonianze rispetto alle condizioni del corpo sostenute da due testimoni, che affermano di aver visto segni di lividi e compressione sul corpo dell’oppositore del regime. Una scia forse seguita per “nascondere le tracce” e che ha condotto molti a porre accuse allo stesso governo russo.

Ad oggi, dopo la morte avvenuta venerdì 16 febbraio, ancora non vi sono notizie su dove si trovi il corpo di Aleksej Navalny, dopo che la visita della madre all’obitorio di una cittadina del circolo polare artico è risultata inconcludente. Uno scenario ambiguo, che rende la Russia lo sfondo di un mistero.

Differenti sguardi…

Il quotidiano tedesco Bild sostiene che il decesso sia avvenuto poco prima di un’ipotetica scarcerazione e nel momento in cui, inoltre, si sarebbe dovuto procedere con uno “scambio di detenuti” tra USA, Russia e Germania. Una manovra di grande importanza che sembra essere stata richiesta da Putin stesso che “voleva” nuovamente nel proprio territorio l’assassino di Tiergarten, ovvero un agente che aveva sparato ad un oppositore del regime a Berlino nel 2019. Una tesi da confermare e che, però, risulterebbe in contrasto con quella dell’omicidio pianificato presentato dal team Navalny, considerando che l’oppositore di Putin sarebbe stato, si crede, l’altro soggetto dello scambio. 

Manifestazioni di cordoglio: un seguito di valenza 

Negli ultimi giorni le strade di Mosca sono state invase da centinaia di cittadini che rendevano omaggio a Navalny, un encomio avvenuto al Muro del dolore, simbolo storico per le vittime della repressione sovietica. L’intervento della polizia è stato costante, ma limitato a regolare gli accessi nelle piazze, infatti, 130 di coloro che erano stati arrestati, sono stati rilasciati senza alcuna incriminazione. 

Le reazioni del Cremlino alle accuse, la dichiarazione di un’inconsistenza di informazioni

In questi giorni sono emerse accuse nei confronti del governo russo, che avrebbe intenzionalmente operato per l’omicidio di Aleksej Navalny. Affermazioni dovute soprattutto alla decisione di non restituire il corpo alla famiglia, ma Cremlino non è rimasto inerme di fronte a tali insinuazioni. Una risposta presentata dal portavoce Dmitry Peskov che ha innanzitutto evidenziato come il governo russo non sia coinvolto nella vicenda, piuttosto ha denominato “rozze” le dichiarazioni di accusa dei Paesi Occidentali. Una precisazione che si è tenuto molto a presentare riguardava proprio la decisione di non restituire il corpo, una scelta dettata dal fatto che le indagini non fossero ancora giunte a conclusione e che, quindi, tali dichiarazioni di accusa, prive di informazioni e fondamenta, rendono tutto ciò inaccettabile.

Julia Navalnaya: “Continuerò a lottare per il nostro Paese”

Le parole emerse da un post pubblicato sui social da parte della moglie di Navalny, Julia, che afferma che continuerà lei stessa il lavoro del marito, dando voce, così, a tutti i sostenitori. Un video non solo volto ad un operato politico, ma anche ad una denuncia, quella nei confronti del Cremlino e di Putin in particolar modo: “vi invito a starmi accanto e a condividere con me l’odio di coloro che hanno osato uccidere il nostro futuro. Uccidendo mio marito, Putin ha distrutto metà di me. Ma ho ancora l’altra metà, il che mi dice che non ho il diritto di arrendermi. Intendo continuare il lavoro di Alexei Navalny: continuare a lottare per il nostro Paese”. Una chiamata a combattere e a perseguire la realizzazione di un paese giusto.

Il contributo della moglie Julia è stato fondamentale anche per un’ulteriore teoria rispetto alla morte di Navalny, infatti, secondo la vedova si sarebbe trattato di veleno: il Novichok. Secondo questa teoria le autorità russe starebbero nascondendo il corpo per poter permettere al corpo di smaltire totalmente la sostanza ed evitare che un’autopsia possa renderla evidente.

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