Come racconta Erika Fatland sul Corriere della Sera, le proteste hanno radici molto profonde e si compongono di una serie di meccanismi e bisogni che hanno portato un consenso così largo. Interessante l’accento che pone la Fatland sulle nuove generazioni, raccontando che quest’ultime hanno bisogno di tagliare i ponti con il passato, non essendo più disposte a sopportare le deprivazioni cresciute all’ombra dell’Unione Sovietica. Il governo centrale resta fortemente conservatore e repressivo nei confronti di giornalisti e proteste, infatti tra i primi provvedimenti di risposta di Tokayev si è avuto il blocco della connessione internet che ha fortemente ostacolato il lavoro dei reporter presenti nel paese e le comunicazioni tra giornalisti e attivisti.

Dall’Inizio
Nello spazio post sovietico sono mesi di allerta continua. Mentre continuano i disordini al confine tra Russia e Ucraina, il rincaro del prezzo del gas ha accesso una protesta dal basso in Kazakistan che ha portato, due giorni fa, all’arresto del capo dell’intelligence Kazako Karim Masinov, già Primo Ministro del Kazakistan. La notizia ha provocato un enorme clamore mediatico, essendo il Kazakistan uno dei paesi dichiarati più stabili dell’Asia Centrale. La scintilla è partita dall’eliminazione da parte del governo delle misure che tenevano in maniera artificiale il prezzo del gas contenuto. La misura per i cittadini Kazaki è diventato subito oggetto di malcontento e protesta, sopratutto perchè oggi il paese è ricco di materie prime, nonché più importante centro di produzione di energia della regione asiatica.
Le manifestazioni di protesta hanno preso avvio ufficialmente domenica 2 gennaio nella città di Zhanaozen. Secondo fonti interne al paese riprese da media nazionali, le primissime rivolte sono partite dal distretto di Mangghystau da operai di una raffineria. Nel giro che poche ore hanno raggiunto tutte le principali aree metropolitane del paese.
IL ruolo del CSTO
Per la prima volta la CSTO ha risposto ad una richiesta di intervento. Letteralmente Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, l’organizzazione è stata pensata in principio come una NATO ristretta della regione orientale, che vede la partecipazione di Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Russia. Appare chiaro che la CSTO sia più un meccanismo di influenza e controllo del Cremlino sulle potenze e risorse minori dell’area che un vero patto di difesa collettiva.
Oggi il Kazakistan concentra un interesse notevole delle potenze circostanti per via delle risorse naturali. Nonostante la popolazione ridotta di 18 milioni di abitanti, si estende per un territorio che arriva a toccare i quasi 3 milioni di chilometri quadri. Gli interessi appaiono chiari, salvaguardare il patrimonio. Basti pensare che le sole risorse del Kazakistan concorrevano per il 60% alle risorse totali dell’URSS. Parliamo di ferro, carbone, petrolio, metano, uranio.
Al centro la Crisi Cripto
Le rivolte nel paese hanno aperto su un trend globale rimasto per diverso tempo al di fuori della notiziabilità geopolitica di crisi. I Bitcoin. Il paese asiatico è tra le prime nazioni al mondo per numero di estrazioni di criptovalute. Wired scrive:” Quando nel 2017 Denis Rusinovich fondò la società di estrazione di criptovalute Maveric Group in Kazakhstan, era convinto di aver fatto centro. Al confine con Cina e alla Russia, il paese aveva tutto quello che un minatore di bitcoin poteva desiderare: un clima freddo, schiere di vecchi magazzini e fabbriche dove installare gli impianti di mining e, soprattutto, energia a buon mercato per alimentare il processo di estrazione di energia elettrica attraverso il quale vengono coniate le criptovalute. La pressione di Cina e Russia si sente anche oltre confine. Necessario ricordare che a giugno dello scorso anno la Cina ha istituito il blocco totale di operazioni di estrazione bitcoin. Ad aggravare la crisi nel paese si aggiunto il blocco totale di servizi di rete internet, che ha interrotto di fatto tutte le estrazioni nel paese. L’estrazione di codici di criptomonete richiede un dispiego notevole di energia elettrica per i lunghi e impegnativi calcoli su cui la macchina viene impiegata. Successivamente alla crisi energetica dovuta ad accordi internazionali e alla crisi di approvvigionamento, diverse aziende hanno deciso di staccare l’energia al criptomining.
Il bilancio degli ultimi giorni rimane pesantissimo. Più di centosessanta morti, oltre duemila feriti. Le forze di sicurezza, istruite dal governo centrale per sopprimere le proteste, hanno aperto il fuoco in diverse piazze centrali. L’arrivo delle truppe russe, e la comunicazione del presidente Kazako dell’intenzionalità di rivedere i prezzi di vendita del gas, hanno portato ad un graduale assorbimento delle proteste, complici anche le dure violenze che hanno gettato i manifestanti in grave difficoltà.