L’informativa societaria sulla sostenibilità è sempre più attratta nella sfera della regulation, ma il livello di consapevolezza di imprese, manager e professionisti su contenuti e modalità della rendicontazione Esg sono ancora largamente inadeguati. Questo lo stato dell’arte che ci consegna un anno quale il 2022, ricco di innovazioni sul fronte normativo, ma segnato da una sostanziale neutralità sulle politiche ambientali, sociali e di governance.
Lo scorso mese di novembre ha portato in dote nell’ambito Ue la nuova direttiva per la comunicazione societaria sulla sostenibilità (Csrd), approvata definitivamente dal Consiglio europeo nella seduta del 28, dopo il via libera dell’Europarlamento, avvenuto un paio di settimane prima. Il provvedimento, tanto atteso quanto importante, amplia in modo sostanziale il campo d’azione rispetto alla precedente disciplina sulla rendicontazione non finanziaria e introduce ambiziose prospettive di trasparenza e integrazione delle informazioni.
La nuova Csrd riguarderà, secondo le stime Ue, una platea di circa 49 mila imprese e gruppi societari, a fronte degli attuali 11.700 interessati dalla direttiva 2014/95 sul Non Financial Reporting. Dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale comunitaria e la conseguente entrata in vigore, gli Stati membri avranno 18 mesi di tempo per recepirla nelle legislazioni nazionali. Si applicherà a tutte le grandi imprese e a tutte le società quotate in mercati regolamentati, ad eccezione delle microimprese quotate.
Alle soglie della nuova era della rendicontazione non finanziaria, decolla la Direttiva UE sulla comunicazione societaria per la sostenibilità, che coinvolge oltre 49.000 aziende; il numero di dipendenti si abbassa da 500 a 250.
Per le Pmi quotate sarà possibile una deroga (“opt-out”) durante un periodo transitorio, che le esenterà dall’applicazione della direttiva fino al 2028. Per quanto riguarda le imprese non europee, l’obbligo di presentare la relazione sulla sostenibilità si applicherà a tutte le imprese che realizzino ricavi netti dalle vendite e dalle prestazioni superiori a 150 milioni di euro nella Ue, e che hanno almeno un’impresa figlia o una succursale nella Ue Il gruppo consultivo europeo sull’informativa finanziaria (Efrag) sarà incaricato di elaborare progetti di norme regolamentari.
La Commissione europea adotterà la versione finale delle norme sotto forma di atto delegato, a seguito di consultazioni con gli Stati membri dell’Ue e con una serie di altri organismi europei. La tempistica è diluita in quattro fasi: nel 2025 (comunicazione sull’esercizio finanziario 2024) per le imprese già ora soggette alla direttiva sulla rendicontazione non finanziaria; nel 2026 (con riferimento all’esercizio 2025) per le grandi imprese attualmente non ricomprese nell’obbligo; nel 2027 (esercizio finanziario 2026) per le Pmi quotate (ad eccezione delle microimprese), gli enti creditizi piccoli e non complessi e le imprese di assicurazione captive; nel 2029 (esercizio finanziario 2028) per le imprese di Paesi terzi che si trovano nelle condizioni prima specificate.
L’innovazione più rilevante, al di là dell’allargamento della platea, riguarda i contenuti, in particolare l’introduzione del principio della cosiddetta doppia materialità. Le informazioni saranno rilasciate direttamente nella relazione sulla gestione, attraverso un’apposita sezione: riguarderanno tanto l’impatto dell’impresa sulle questioni relative alla sostenibilità, quanto l’influenza di queste ultime sul suo andamento, sulla sua performance e sulla sua situazione gestionale e finanziaria. Le informazioni dovranno essere rilasciate in modalità digitale ed essere accessibili a tutti gli stakeholders. La Csrd dovrà infatti essere redatta nel formato elettronico unico di comunicazione previsto dal regolamento delegato 2019/815, meglio noto come European Single Electronic Format (ESEF).
L’utilizzo di questa modalità, con relativa marcatura XBRL, segnala chiaramente l’intenzione delle autorità di regolazione di rendere più accessibile e il più possibile condiviso il set delle informazioni che verranno rilasciate. La parola d’ordine, come già nel recente passato, è la disclosure. A fronte di queste novità, tuttavia, il grado di consapevolezza delle imprese resta ancora largamente insufficiente e richiede una forte spinta sul campo da parte dei Csr manager, dei professionisti e degli esperti in materia di sostenibilità.
Un’indagine realizzata proprio a fine novembre sull’universo delle Pmi italiane dal Forum per la Finanza sostenibile e dal gruppo Cerved ha evidenziato che un’impresa su due non conosce l’esistenza del reporting non finanziario e non è in grado di apprezzarne il rapporto costi-benefici. Ancora più basso il grado di consapevolezza circa l’impatto che una valutazione o un rating Esg possono avere in termini di merito creditizio, laddove invece le istituzioni finanziarie stanno progressivamente includendo questi criteri nelle proprie policies. Il lavoro di adeguamento, dunque, è appena agli inizi e richiederà tempo. Se non altro la cassetta degli attrezzi è ora ben più completa che in passato.