L’uomo alzò lo sguardo al cielo nella notte dei tempi. La meraviglia riempie il suo animo mentre astri infuocati scivolano sul manto stellato dell’oscurità. Chi io sono, riecheggia il dubbio che da sempre erode come tarlo il cuore umano al cospetto della natura. Sono io parte delle steppe senza fine, dei deserti esalanti danzante calore o sono la coscienza pensante che cogitando si autonomizza dall’ordine della natura, rappresentando e dando infine ordine al mondo come suo oggetto?
La questione dell’identità si lega al maturare del concetto di soggettività nel pensiero moderno, pensiero che, come sottolinea Hegel, ha in Cartesio il suo misagogo, iniziatore del tempo della coscienza, il momento in cui “come navigatore dopo lungo errare sul pelago infuriato possiamo dire terra”.
Dalla riflessione sulla soggettività cartesiana e sugli sviluppi del razionalismo illuminista prende corpo in crescendo la riflessione di Alain de Benoist sulla scomparsa dell’identità nel suo nuovo libro edito dalla Casa editrice Giubilei Regnani. Per il filosofo francese la questione del concetto di riconoscimento identitario del soggetto assume una decisiva problematicità nel mondo moderno fino a giungere alle attuali derive patologiche contemporanee.

Se in passato il concetto di soggettività era legato a forme di riconoscimento collettivo, dall’elemento tribale alla successiva struttura corporativa medievale, la rivoluzione cartesiana modifica sostanzialmente il mondo di intendere il soggetto e la sua coscienza. Sarà l’illuminismo a riprendere, dopo un processo storico di elaborazione del cogito di Descartes, il meccanismo soggetto-oggetto, giungendo ad un processo di uniformazione e livellamento delle differenze in nome di una visione interscambiabile dell’uomo come unità civica e portatrice di eguali diritti.
L’identità secondo de Benoist
L’emancipazione del soggetto, in nome del principio del progresso, viene ricondotta ad una graduale capacità dell’individuo di svincolarsi da appartenenze sociali, in favore di una percezione puramente attiva dell’uomo rispetto al suo passato, ai suoi legami famigliari o nazionali. In tal senso si assiste ad un’atomizzazione della concezione identitaria secondo un principio di astrazione che ne taglia i legami con il suo contesto sociale.
Elemento questo, come spiega de Benoist, che non tiene conto della doppia natura oggettiva e soggettiva dell’identità. L’attivazione della categoria identitaria richiede un elemento dato, un’eredità, e allo stesso tempo un percorso attivo del soggetto nella sua elaborazione concettuale. Per tale ragione l’identità non è monistico pilastro ma elemento cangiante nel tempo, concetto dialogico e dinamico ma nel contempo mai totalmente costruito ex novo secondo l’attuale concezione neo-liberale della fluidità. Pur nel rifiuto di un’identità data dalla struttura sociale di appartenenza si mantiene sempre quel filo di esistenza verso l’esterno (außer-sich-sein).
Elemento tipicamente francese, lontano dalla nostra visione pragmatica e molteplice del legame con le piccole patrie locali, tale processo logico di astrazione universalistica dell’identità viene riassorbito nel repubblicanesimo dell’Esagono ed estremizzato nel giacobinismo. L’individuo è il cittadino laico, rappresentante del corpo vivo della nazione. Le molteplici appartenenze che pongono il complesso meccanismo di selezione dell’identità sono combattute in nome del pericolo di balcanizzazione dello stato-nazione. Reazione a tale negazione sono il riappropriarsi di concetti identitari basati su presupposti concettuali che vagheggiano un etnocentrismo immobile e fisso nel tempo, pensiero privo dell’elemento volontaristico di accettazione identitaria del soggetto.
Per de Benoist, profeticamente rispetto alle ricorrenti esplosioni di violenza in Francia, il modello universalistico tipico dell’età della globalizzazione senza barriere è risultato in realtà fallimentare. Il repubblicanesimo francese laicizzato, figlio di tale impostazione, mostra ora sempre più il fianco mentre emergono nuove magmatiche fratture. Solo attraverso l’accettazione del processo di riconoscimento delle alterità identitarie secondo un modello pluriversalistico sarà possibile superare le contraddizioni di un universalismo globalizzante di matrice illuministica e dall’altra parte porre rimedio alle derive di un identitarismo esasperato basato su una lettura razzializzata delle relazioni sociali.