La giornata del 7 ottobre è destinata a rimanere a lungo nella storia del Medio Oriente contemporaneo e dello stato di Israele. Per la prima volta nella storia recente, una vasta offensiva militare è stata lanciata da Gaza all’interno dei confini dello Stato Ebraico. A partire dalle ore 7.00 del mattino, un mix eterogeneo di unità speciali delle fazioni armate islamiste presenti nella Striscia hanno sfondato le protezioni che dividono i due territori, penetrando all’interno delle terre israeliane. Nel contempo, una pioggia di razzi si è riversata su alcuni abitati delle zone confinanti, infliggendo danni alle abitazioni private e le infrastrutture. Ma i danni maggiori, in questo caso, sono stati inflitti dall’azione dei sabotatori e degli incursori.
Per prima cosa, unità armate hanno assaltato i principali fortini israeliani situati lungo il confine, cogliendo i soldati ivi presenti completamente di sorpresa. Un’intera base, dotata di mezzi blindati e carri armata Merkava, è stata sopraffatta, portando alla morte e alla cattura di numerosi militari, molti dei quali colti nel sonno o all’interno dei propri dormitori. Poi, l’azione armata si è sviluppata in profondità, in direzione dei villaggi posti nelle zone confinanti.
Vista la completa impreparazione dei comandi e delle unità israeliane, da quanto è possibile evincere fino ad ora, si tratta di un’azione completamente inaspettata, ben pianificata e destinata lasciare un pesante ricordo nella memoria di molti. In breve, infatti, le unità speciali di Hamas, del Movimento per la Jihad Islamica in Palestina e di tutte le altre realtà coinvolte, sono riuscite a raggiungere numerosi villaggi posti lungo il confine, ottenendone il controllo e seminando il panico tra la popolazione. A Sderot, il centro abitato di maggiori dimensioni interessato dalle vicende della mattinata, i miliziani sono giunti fino alla stazione di polizia, dove sono riusciti a liberare alcuni prigionieri.
La violenza dell’azione, però, non si è limitata esclusivamente a target militari. Come dimostrato da numerosi video disponibili in rete, il fuoco delle unità armate è stato rivolto anche in direzione di numeri civili, provocando decessi e ferimenti tra persone completamente disarmate. Il risultato, vista l’impossibilità dell’IDF – l’Esercito Israeliano – di arginare l’azione avversaria, è stato disastroso: centinaia di persone si sono date alla fuga, cercando protezione verso l’interno del Paese. In aggiunta, visto il pericolo immediato, si è optato per il trasferimento di numerosi aerei e velivoli militari, verso aree più sicure, così da evitarne la cattura o la distruzione da parte dei sabotatori.
Immediata, sebbene inconclusiva, è stata l’azione dell’Aviazione Israeliana che, dopo essersi alzata rapidamente in volo, ha iniziato a bombardare numerosi siti ritenuti collegati ad Hamas e alla fazione della Jihad Islamica all’interno della Striscia di Gaza. Azione che, tuttavia, ha influito minimamente sulle attuali operazioni terrestri, ancora pienamente in corso ed in fase di svolgimento. Inutile, inoltre, è stata anche nel contrastare il rapimento di numerosi militari – compreso il Generale Nimrod Eloni – e di civili, ormai già trasferiti all’interno del territorio della Striscia.
Molto variegata, invece, è stata l’accoglienza della notizia da parte del pubblico internazionale. Mentre la totalità dei paesi occidentali e di una parte del mondo ha mostrato la propria vicinanza allo Stato Ebraico in questo difficile momento, ben più dura è stata la presa di posizione di altre nazioni. L’Iran, nemico storico di Israele, ha dichiarato il pieno supporto all’azione armata degli incursori, con le congratulazioni dirette di Khamenei per il successo operativo. Dello stesso avviso è stato anche il partito politico e movimento armato libanese Hezbollah, che ha definito il tutto come «la risposta decisiva alla continua occupazione di Israele». Più moderata, ma altrettanto ostile, è stata la presa di posizione del Qatar che, tramite il proprio Ministero degli Esteri ha dichiarato di ritenere Israele il solo responsabile dell’escalation di violenza attualmente in corso.
Attualmente, dalle prime dichiarazioni ufficiali, il numero dei morti è stimato sulla trecento vittime, mentre alcune migliaia sono i feriti. Ben più difficile, complice l’attuale situazione di estrema incertezza, la stima dei militari e dei civili catturati vivi. Questi, molto probabilmente, rappresentano il maggior successo operativo delle fazioni islamiste, che dispongono ora di importanti risorse da impiegare come mezzo di finanziamento – tramite richiesta e pagamento di riscatto – o di scambio. Molto importante, inoltre, è il completo fallimento operativo delle attività del Mossad, che non è stato in grado di prevedere un’azione di simili proporzioni e portata.
L’unica certezza, al momento, è che la situazione sia destinata ad aggravarsi ora per ora, visti gli eventi della giornata di domenica. I combattimenti, infatti, sono proseguiti per tutto il corso della giornata sul fronte meridionale. A nord, invece, è entrato in azione Hezbollah, con azioni di bombardamento limitate in direzione delle postazioni israeliane e delle fattorie di Sheb’a, con conseguente invio di unità dell’IDF per presidiare il confine nel caso in cui vi fossero infiltrazioni dal Libano. Ora, però, non rimane che attendere i prossimi sviluppi.