Stiamo vivendo a un grande cambiamento storico: l’Occidente, il mondo sta riconoscendo lo stato Palestinese. Proprio il paese che con il mandato di Palestina ha contribuito alla nascita dello Stato di Israele, ora riconosce la Palestina: il Regno Unito, governato da Starmer. La decisione è ampiamente appoggiata dalle Nazioni Unite, ad oggi oltre 140 nazioni hanno riconosciuto bilateralmente lo stato avvicinandosi al 75% dei membri. Fra questi, si riserva particolare attenzione all’Australia e il Portogallo che ha ufficializzato la sua posizione recentemente. Ciononostante, restano perplessità sul destino dell’area, si attendono le dichiarazioni di tutta Europa, durante un vertice sulla discussione per l’idea dei due Stati, co-presieduto da Francia e Arabia Saudita.
Cosa significa riconoscere lo stato Palestinese?
E’ un’azione impegnativa. I presupposti scarseggiano: la Palestina non ha confini chiari a livello internazionale, non possiede una capitale o tantomeno un esercito. Gli accordi di pace negli anni ‘90 che affermarono il dominio sulla Cisgiordania di Israele e la striscia di Gaza piegata a una guerra devastante, complica la nascita di uno stato Palestinese unitario.
Si tratta di una dichiarazione simbolica, sul campo è improbabile. Un messaggio diretto a Netanyahu di contestazione al proseguimento del conflitto, delle morti dei civili e delle espansioni in contrasto con il diritto internazionale. L’ambizione è di facilitare la creazione dei due stati, ponendo fine al conflitto israelo-palestinese ponendo un cessate il fuoco permanente. E’ stato proprio sottolineato da Starmer: “La Gran Bretagna ha una responsabilità particolare nel sostenere la soluzione dei due Stati”.
Lo smembramento di uno stato
La lotta dei territori prosegue dal secolo scorso, a partire dalla Guerra dei sei giorni svoltasi dal 5 al 10 giugno 1967. Precedentemente vigeva il Piano di Spartizione (Risoluzione 181), conferiva al popolo ebraico più della metà del territorio storico della Palestina e il 45% agli arabi. Erano previste per lo Stato ebraico: Galilea settentrionale, il deserto del Negev, parti della costa mediterranea e la città di Tel Aviv. Solamente in sei giorni, Israele ha sottratto la Cisgiordania alla Giordania, la Striscia di Gaza all’Egitto, Gerusalemme Est (il piano dell’ONU era di renderla una città internazionale) e le alture del Golan alla Siria.
La sovranità totale di Israele è stata incrinata negli ultimi trent’anni, in merito agli Accordi di Oslo. Ratificati il 20 agosto e il 13 settembre del 1993, hanno portato al riconoscimento dell’Autorità Nazionale Palestinese a cui davano il compito di autogovernare con restrizioni parte della Cisgiordania e di Gaza intera e perfino al riconoscimento dell’OLP come partner di Israele nei negoziati sulle questioni in sospeso. Sull’amministrazione territoriale, hanno descritto tre livelli: le zone A sono di pieno controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese, le zona B equivalgono a un controllo civile palestinese e di sicurezza israeliano e le zone C risultano totale controllo del Governo di Israele, eccetto che sui civili palestinesi. La Cisgiordania possiede sia zone A, B e C.
Nonostante la spartizione apparentemente ideale, di recente Israele è tornato a progettare insediamenti nella West Bank. Smotrich ha approvato il piano di insediamento nell’Area E1 nella West Bank che comporterebbe sfollare una grande fetta di popolo palestinese, questo ha messo in guardia le autorità internazionali portandole a prendere provvedimenti.
Il ruolo della Palestina all’assemblea ONU nel corso della storia
Nel 2012, la Palestina ha ottenuto una rilevanza marginale al Palazzo di Vetro . Il 29 novembre, è stato presentato ufficialmente e sarebbe stato sottoposto al voto dell’Assemblea Generale. Questo ha portato le Nazioni Unite a conferire lo status di osservatore permanente con il sostegno in Assemblea di: Grecia, Irlanda e Italia. Il 17 dicembre dello stesso anno è stata cambiata la definizione da Palestina a Stato di Palestina.
Tale posizione è un passo avanti nella rappresentanza, ma nel concreto ha portato a pochi cambiamenti. Gli stati osservatori possono partecipare alle riunioni dell’Assemblea Generale, autorizzati a tenere interventi, non votare alle questioni sostanziali. La Palestina ambisce a diventare membro a tutti gli effetti. Il 2 aprile 2024, Riyad Mansour (rappresentante dal 2005) ha inviato al Segretario Generale delle Nazioni Unite una lettera in cui chiedeva di tornare sulla questione e di tenere in considerazione la richiesta, originariamente presentata nel 2011, di ammettere la Palestina all’ONU. Ricevuta la richiesta, il Segretario Generale l’ha inoltrata al Consiglio di Sicurezza, che l’8 aprile ha affrontato la questione in una riunione aperta. La mancanza di unanimità non è stata in grado di soddisfare la richiesta.
Mentre gli altri paesi proseguono le grandi discussioni sulla risoluzione dello Stato, la Palestina protagonista rimane senza voci nelle decisioni. Il percorso di riconoscimento resta lontano e con esito incerto.