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Continua la guerra del Mar rosso: gli Houthi rivendicano un secondo attacco

I ribelli Houthi dello Yemen hanno rivendicato un attacco alla portaerei USS Harry S. Truman e ad altre navi da guerra statunitensi nel nord del Mar Rosso. Il secondo in 24 ore, come rappresaglia ai raid degli Stati Uniti nei giorni precedenti. Gli epicentri sono tutte aree controllate dai ribelli tra cui la capitale Sanaa e la provincia di Saada, al confine con l’Arabia Saudita.

Il portavoce degli Houthi, Yahya Saree, ha specificato che l’attacco è stato effettuato con 18 missili balistici e da crociera, oltre a droni, in uno scontro che sarebbe durato diverse ore. Ieri sera il ministro della Sanità yemenita ha fatto sapere che il bilancio delle vittime è salito a 98 feriti e 53 morti. Tra questi ultimi ci sono cinque bambini e due donne.

Da Washington non arriva nessuna conferma circa l’attacco o dettagli su eventuali danni o vittime. Nel frattempo stanotte l’America ha proseguito l’offensiva colpendo una fabbrica nella regione occidentale di Hodeida e la cabina di pilotaggio della ‘Galaxy Leader‘, una nave catturata più di un anno fa dai ribelli.

Un area strategica ad alto rischio

I maggiori player mondiali, Cina e Usa, hanno interessi economici e geopolitici che passano per il Mar Rosso. Quest’ultimo infatti collega il Mar Mediterraneo all’Oceano Indiano e circa il 10-12% del commercio mondiale(incluso petrolio) passa di qui. 

Gli attacchi dei ribelli yemeniti alle navi occidentali e israeliane hanno aumentano i costi dei trasporti e rallentato i flussi commerciali in generale. Dopo un’interruzione dovuta principalmente al conflitto israelo-palestinese, gli assalti sono ripresi e sono esacerbati in una vera e propria escalation che ha come protagonisti Iran, USA, Cina e molti altri attori globali.

Lo Yemen è uno strumento strategico nello scontro tra Iran e Stati Uniti. Donald Trump, nella sua seconda presidenza, sta spingendo per bloccare il programma di Teheran di dotarsi di armi atomiche. I recenti attacchi dei ribelli, con il sostegno dell’Iran dalla loro parte, mettono pressione a Washington che deve gestire insieme la sicurezza marittima e la minaccia nucleare.

La Cina, dal canto suo, non ha interessi militari nel Mar Rosso, avendo una base a Gibuti e cooperando con Paesi Africani e mediorientali. Tuttavia è sicuramente uno dei maggiori importatori di petrolio e gas – circa il 40% del commercio Asia-Europa passa per il canale di Suez – per cui la posta in gioco ora si alza.

Nelle scorse ore la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, ha sollecitato tutte le parti “al dialogo” e a disinnescare le tensioni che mettono a rischio un’area strategica dal punto di vista commerciale in una fascia territoriale altamente problematica invece dal punto di vista geopolitico.

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