Un fisco più equo per l’Italia. Questo è il termine utilizzato dal centrodestra, all’interno del proprio programma elettorale, per riassumere le proposte fiscali che saranno avanzate nel corso della diciannovesima legislatura.
Dalla lettura del programma e dai caldi mesi di campagna elettorale, scanditi anche da numerose interviste rilasciate dai consiglieri economici del centrodestra, è emerso come le idee per riformare il sistema tributario italiano non manchino, la volontà neppure, presupposti fondamentali affinché questo nuovo esecutivo, il sessantottesimo della Repubblica Italiana, possa inaugurare un “nuovo patto fiscale” per l’Italia.
In campagna elettorale si promette tanto e non sempre le promesse, soprattutto in ambito fiscale ed in particolare in Italia – dove la situazione dei conti pubblici non è delle migliori – possono tradursi in realtà. Proprio su questo aspetto, infatti, si pensi che il costo stimato in termini di riduzione di gettito della principale proposta fiscale, ossia la c.d. flat tax, seppur limitata in un primo momento ai soli incrementi di reddito, ammonterebbe a circa 58 miliardi di euro all’anno. Non pochi, considerando soprattutto che – come evidenziato anche dall’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani – dei 150 punti del programma condiviso di centrodestra, solo quattro, se effettivamente realizzati, potrebbero tradursi in coperture finanziarie per la tassa “piatta” e non solo.
Le proposte fiscali messe in campo dal centrodestra, difatti, non si limitano alla sola flat tax bensì riguardano anche altre tipologie di interventi. Nelle 15 pagine di programma condiviso si passa da concetti generali come, ad esempio, la riduzione della pressione fiscale per famiglie, imprese e lavoratori autonomi, l’introduzione di politiche fiscali ispirate al principio del “chi più assume, meno paga”, la semplificazione degli adempimenti tributari, ad idee più concrete e tangibili come l’estensione del regime forfettario a tutte le partite IVA fino a 100 mila euro di fatturato annuo (ad oggi, il limite è di 65 mila euro), l’abolizione dei micro-tributi, nonché il meccanismo della pace fiscale da realizzarsi mediante il c.d. “saldo e stralcio” delle cartelle esattoriali in essere.
Proprio su quest’ultimo aspetto, c’è da dire come nel programma condiviso del centrodestra non si trovino particolari dettagli sulle modalità di attuazione di tale proposta. Qualche informazione in più può essere trovata all’interno dei programmi dei singoli partiti come, ad esempio, quello di Fratelli d’Italia. La proposta del partito di maggioranza relativa, nello specifico, è quella di introdurre – senza indicare ancora le annualità interessate – un meccanismo di saldo e stralcio per le cartelle fino a 3 mila euro, mentre per quelle di importo superiore il pagamento ammonterebbe all’intera imposta maggiorata del 5% (in sostituzione di sanzioni e interessi) e rateizzata automaticamente in 10 anni. Allo stesso tempo, il partito di Giorgia Meloni punta a snellire anche la fase che precede l’invio della cartella esattoriale mediante la formula “5+5”, ossia l’imposta potrà essere definita attraverso un’interlocuzione con l’Amministrazione finanziaria, prevedendo altresì una sanzione forfettaria al 5% ed una rateizzazione automatica in 5 anni. Con questa ricetta, l’obiettivo sarà duplice: da un lato andare incontro alle difficoltà dei contribuenti, come ad esempio la recente crisi energetica, dall’altro cercare di riscuotere i carichi affidati all’Agente della Riscossione, i quali, alla fine dello scorso anno, hanno raggiunto i 1.100 miliardi di euro.
In conclusione, il programma fiscale del centrodestra si presenta ricco di proposte. L’auspicio, comunque, è che il nuovo esecutivo possa davvero riformare il sistema tributario italiano, senza apportare grossi stravolgimenti ma introducendo disposizioni che, in modo graduale, possano sostenere famiglie ad imprese. La legge di bilancio 2023 sarà il primo banco di prova.