L’Accademia delle Arti del Disegno è una presenza fondamentale nel panorama artistico italiano, e non solo. Voluta da Giorgio Vasari e fondata da Cosimo I nel 1563, dimostra a tutt’oggi una vitalità indiscussa. Varcare la soglia di Palazzo dei Beccai, in via Orsanmichele è un privilegio. È situata infatti in uno dei due palazzi, dedicati alle arti e mestieri, sopravvissuti, all’ “adeguamento” urbanistico subito da Firenze capitale, ma è di sua competenza parte della sua antica sede di via Ricasoli, nel palazzo dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, che da questa infatti nacque in tempi assai più recenti.
Un’immane tragedia colpì Firenze e il dolore si riverberò su tutto il mondo. Lo sgomento e l’emozione di quell’affastellamento di interrogativi, che sfociarono in una risposta angosciante, qui si toccano con mano, nonostante gli ideatori della mostra, Cristina Acidini in primis, presidente dell’Accademia, Enrico Sartoni responsabile Archivi e Giulia Coco responsabile della Gyspsoteca, non siano stati testimoni diretti, non erano infatti ancora nati allora.
La sala è in penombra, quasi al buio, l’attenzione viene immediatamente catturata dall’immensa Croce, essenziale nel suo rigore, il perimetro scandito da lumini, collocata ad un metro da terra, che si stende per tutta la profondità della sala.
Tutt’intorno il “caos” che evoca lo sgomento del primo impatto subito dalla popolazione, ma in realtà il percorso è scandito in precise sezioni. Entriamo. Sulla vetrata di accesso sono riportate frasi emblematiche dei protagonisti della tragedia e presi da un’invisibile “mano” iniziamo il percorso.
La seconda sezione, quella azzurra, è dedicata al Cristo di Cimabue, che come disse Eugenio Battisti, “fu vittima del troppo amore”… era stato infatti ricollocato in Santa Croce, nella sede per cui era stato pensato poco tempo prima del fatidico devstante appuntamento.
La mostra dell’Accademia precisa la Presidente Acidini, “nasce all’insegna di una rinnovata collaborazione con l’Opera di Santa Croce, nel nome di Cimabue: la sua croce dipinta è il simbolo dell’alluvione ed è insieme alle origini dell’arte d’Occidente. Il nostro racconto introduce, nella dimensione corale della tragedia, inediti contributi di memoria da parte di umanisti, scienziati, artisti che in quei giorni subirono danni e portarono soccorso“.
Il capolavoro di Cimabue, divenne dal novembre 1966 ad uno stesso tempo simbolo dell’alluvione e delle devastazioni che subirono la popolazione e il patrimonio artistico, ma anche della maestria tutta fiorentina nel campo del restauro affidato ai restauratori del laboratorio della Soprintendenza e all’eccellenza di Vittorio Granchi che grazie all’ Archivio del proprio studio, mise a punto tecniche assolutamente inedite, coraggiose e soprattutto vincenti.
Il percorso espositivo sottolinea infine, la reazione degli artisti del tempo all’immane tragedia, esponendo alcune delle risposte pittoriche e grafiche dei più importanti artisti fiorentini e toscani del tempo, come fra gli altri, Luciano Guarnieri, Paolo Frosecchi, Piero Tredici e Fernando Farulli.
Il catalogo edito da Polistampa è composto da otto saggi imperniati sul tema che sottende tutta la mostra: la connessione tra arte ed alluvione partendo dall’oggetto simbolo, il Crocifisso di Cimabue. Un importante capitolo è poi dedicato alle collezioni danneggiate e alla Cappella di San Luca che potè contare sull’apporto del Comitato internazionale statunitense presieduto da Jacqueline Kennedy, e sulle creazioni artistiche che presero le mosse dall’alluvione. Il catalogo infine dà voce alle testimonianze dirette dei docenti dell’Accademia delle Arti del Disegno, che vissero in prima persona il disastro e la rinascita, sia artistica che materiale di Firenze come Carlo Del Bravo, Lara Vinca Masini, Marco Dezzi Bardeschi Giorgio Bonsanti.
Da non perdere.
“Da Cimabue in qua” L’Accademia e i professori del Disegno nell’alluvione del 1966
Sala delle Esposizioni dell’Accademia di via Ricasoli 4 novembre / 28 dicembre
Organizzazione – Accademia delle Arti del Disegno in collaborazione con l’Opera di Santa Croce. A cura di Cristina Acidini, Giulia Coco ed Enrico Sartoni, è stata realizzata con il patrocinio della Regione Toscana, del Comune di Firenze, e del Comitato Firenze 2016, con il contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze.