Il sistema capitalistico ci vuole più specializzati in modo da renderci più efficaci ed efficienti a lavoro. La Specializzazione però si può contrastare con la cultura.
Perché per specializzarsi è richiesto uno studio e un lavoro che assorbono tutto il tempo. Il Veterinario, l’Avvocato, l’ingegnere che ha lavorato praticato e studiato tutto il tempo difficilmente dedicherà il resto del tempo ad ampliare la sua visione del mondo. La filosofia e la matematica al contrario permettono un sapere olistico che fa avere una visione del mondo infinitamente più ampia. Ogni tema trascinerà inevitabilmente verso un altro, che sia di materia empirica o meno. Che sia per volontà o meno.
Speriamo, così, che in questo mondo ormai alla deriva intellettuale, i più giovani possano ancora fare queste scelte coraggiose. Come scegliere queste materie. Una cosa sicura loro la restituiranno: una rete su cui si potrà sempre contare quando si starà per cadere. Argomentando, sapendo o sapendo di non sapere, criticando, percependo fatti umani o di cose. Avere la possibilità di nuotare in un mare molto più ampio della cultura generale. Non si sa più con effettività che opportunità lavorative potrà offrire lo studio della filosofia e delle lettere. Ma di certo, la vista sul mondo che potrà dare per sempre.

Dunque, chi studia Lettere fatica a trovare un impiego sicuro, o a trovarlo del tutto? Questa affermazione in parte è vera. Il motivo è evidente: il mercato del lavoro richiede più laureati provenienti dall’ambito STEM che da quello umanistico.
Ma giustamente ci si potrebbe chiedere: se il corso di laurea in Lettere ancora esiste, servirà a qualcosa? È indubbio che una laurea in Lettere fornisca ampie conoscenze in ambito umanistico. Questo significa essere in grado di capire, interpretare e produrre testi di vario tipo, con uno spiccato approccio critico. Tradotto in parole povere: i laureati in Lettere dovrebbero saper scrivere piuttosto bene ed avere una maggior capacità intuitiva fatta di rapide connessioni e pensieri veloci. Questa è un’abilità che può essere spesa in diversi campi. Nonostante le mode del momento restano sempre sulla cresta dell’onda gli studi umanistici. Questi sono un passepartout per la vita, per potersi sentire a casa ovunque e comunque.
Il poeta francese Jaques Prevert nella sua poesia – supplica d’amore – dal titolo: “Questo amore “(1946), si rivolge ad un sentimento ormai terminato così:
“ […] tu non dimenticarci.
Non avevamo che te sulla terra
Non lasciarci morire assiderati.
Lontano sempre più lontano
Dove tu vuoi
Dacci un segno di vita
Più tardi, più tardi, di notte
Nella foresta del ricordo
Sorgi improvviso
Tendici la mano.
E salvaci”.
Egli parla all’amore quasi fosse il terzo elemento della coppia ormai finita. Lo tratta come fosse un’entità vivente. Ora, prendendo queste parole, lasceremo l’amore da parte e le dedicheremo così, per come sono scritte, alla cultura. Lei non farà morire mai nessuno assiderato, e nei momenti più bui sorgerà all’ improvviso tendendoci la sua mano, e portandoci in salvo. Questa non vorrà sapere nulla sulla nostra età, della nostra vita. Ci darà soltanto e ci porterà in salvo sempre, come da un incendio.
Nella scienza si leggono le opere più recenti, nella letteratura, le più antiche. Il pensiero filosofico, la letteratura con i suoi personaggi, l’epica, la poesia, sono l’unico vero elisir di giovinezza. Strumento indiscusso della comprensione sia personale che umana. Unico trucco di magia per vivere più vite. Che possano i corsi di studio, licei e corsi di laurea in lettere essere sempre pieni di eterni studenti, eterni perché allo studio di certe discipline non c’è un traguardo. È l’indagine perpetua sull’animo umano. Cosa impossibile a cui mettere un finale.