2duerighe

Ungaretti, la poesia è poesia se nasconde un segreto

Naso adunco, voce impetuosa, occhi azzurri sognanti, capelli bianchi su per l’aria e una certa tenerezza tra le rughe. Raccontare Giuseppe Ungaretti non è cosa affatto facile, ma utilizzando il suo trucco diremo tutto e non diremo molto, lasciando qualche segreto sparso come conchiglie sulla spiaggia. L’ermetismo aiuterà l’impresa. È possibile uscirne poeti. 

Nasce ad Alessandria in Egitto nel 1988 Giuseppe Ungaretti, uno dei principali poeti della letteratura italiana del XX secolo. Uno di quelli che, assieme ad altri sei come lui, vorremmo prendesse il mondo e lo salvasse. 

La sua poesia, inizialmente influenzata dal simbolismo francese, fu caratterizzata nei primi tempi da componimenti brevissimi – quelli che piacciono a chi piace la poesia, costituiti da poche parole essenziali e da analogie a volte ardite – compresi principalmente nella raccolta L’Allegria (1919). Passò poi a lavori più complessi di contenuto concettualmente difficile. Una terza fase della sua evoluzione poetica, segnata dal dolore per la perdita prematura del figlio, ha compreso opere meditative dall’intensa riflessione sul destino umano, la morte e il grande amore per il tempo dei viventi.  

Negli ultimi anni le sue poesie furono specchio della saggezza, ma anche del distacco e della tristezza dell’età avanzata. Seguitissimo dai giovani, la carica vitale di Ungaretti è travolgente, poeta cosmopolita, pirata delle consonanti da cui trapela luce. L’autore di Alessandria è uno dei poeti che maggiormente ha influenzato la vita del mondo, perché il lavoro del poeta non è segnare un’epoca letteraria ma è segnare la vita. 

L’amore per la poesia sorse in lui durante il periodo scolastico. In questi anni, attraverso la rivista Mercure de France, il giovane si avvicinò alla letteratura francese e grazie all’abbonamento a La Voce, rivista che prometteva di sé : “La Voce aprirà le sue colonne come finora non aveva mai fatto, alla creazione artistica dei suoi collaboratori. Essa pubblicherà non soltanto novelle, racconti, versi, non soltanto disegni originali e riproduzioni di quadri e di sculture, ma ogni forma di lirica, dal diario al frammento, dallo schizzo all’impressione. Purché ci sia VITA”.  

Inizia, così, a leggere, tra gli altri, le opere di Arthur Rimbaud, Stéphane Mallarmé, Giacomo Leopardi, Friedrich Nietzsche e Charles Baudelaire, quest’ultimo grazie all’amico Mohammed Sceab. Ebbe anche uno scambio epistolare con Giuseppe Prezzolini. Nel 1906 conobbe Enrico Pea, da poco tempo emigrato in Egitto, con il quale condivise l’esperienza della “Baracca Rossa”, un deposito di marmi e legname dipinto di rosso, sede d’incontri per socialisti e anarchici. Tra le due guerre, il noto duello con Bontempelli, i caffè parigini con Apollinare, Picasso e De Chirico (per citarne alcuni), il trasferimento in Brasile, la morte del figlio piccolo, l’amore per il Barocco di Roma che paragonerà all’Amazzonia del sud America, la vita del poeta resta trapuntata tra le stelle come leggendaria e unica.  

Nei suoi ultimi anni Giuseppe Ungaretti intrecciò una relazione sentimentale con l’italo-brasiliana Bruna Bianco (più giovane di lui di cinquantadue anni), conosciuta casualmente in un hotel di San Paolo in Brasile, dove si trovava per una conferenza. Della loro appassionata storia d’amore restano, come testimonianza, quattrocento lettere. Centinaia di parole che intrecciate tra loro altro non sono che pura poesia. Nonostante le difficoltà affrontare dal poeta la sua forza vitale lo accompagnerà per sempre. La poesia è vita, la poesia è poesia se porta con sé un segreto. Una finestra aperta all’immaginario collettivo per interpretare le sue parole è poesia. A lui, assieme a Umberto Saba ed Eugenio Montale, hanno guardato, come un imprescindibile punto di partenza, molti poeti del secondo Novecento. 

La sua poetica è straordinaria, tra le sue parole fasci di luce accecano il lettore. Non sempre è semplice leggerlo. Affatto difficile è capirlo. Muore a Milano nel 1970. La sua eredità è disarmante, la fortuna di poterlo vedere in numerosi video di più. Ungaretti va raccontato con guanti di velluto. Le librerie esplodono delle sue opere, onnipresente nella letteratura per ragazzi il suo lavoro è perfetto per le migliori stagioni della vita umana.  

Tanto dolce quanto selvaggio: amabile è Giuseppe Ungaretti! 

Replay ha recentemente prodotto un documentario sulla sua vita. Leggerlo e rileggerlo è taumaturgico, mentre ascoltarlo è parlare un sogno. I suoi versi sono memoria collettiva. Non è difficile perdere la testa per Ungaretti. Snocciolarne i segreti e restare con gli occhi puntanti sul soffitto alla fine di ogni sua breve composizione è prassi d’innamoramento e come cantò qualcuno: “ed è bellissimo perdersi in questo incantesimo…”.  

Amore:  

Era una notte urbana, 

Rosea e sulfurea era la poca luce 

Dove, come da un muoversi dell’ombra, 

Pareva salisse la forma. 

Era una notte afosa 

Quando improvvise vidi zanne viola 

In un’ascella che fingeva pace. 

Da quella notte nuova ed infelice 

E dal fondo del mio sangue straniato 

Schiavo loro mi fecero segreti. 

Giuseppe Ungaretti, 1929. 

Exit mobile version