Una personalità di spicco quella di Barrie Kosky, conteso da diversi festival e teatri, ma soprattutto vincitore nel 2023 del Premio Abbiati della critica italiana. Il regista australiano torna al Teatro Costanzi dopo il successo ottenuto, già nel 2018, con la messa in scena del Flauto magico, proponendo ad oggi una nuova interpretazione del dramma di Strauss L’enigma di Salome.
La prima si terrà giovedì 7 marzo, le repliche, invece, continueranno fino al 16 marzo; una produzione d’impatto, dove l’opera di Richard Strauss, Salome, tratta da Oscar Wilde, vedrà una nuova interpretazione, una nuova ottica che pone al centro della scena una domanda fondamentale: chi è la fanciulla di Galiela?
Un personaggio sfuggente, che non si espone al pubblico, piuttosto viene raccontato attraverso gli sguardi e le percezioni delle altre figure; la raccapricciante parte di Salome è affidata a Lise Lindström, aprendo così il debutto al Teatro dell’Opera di Roma, mentre costumi e scene sono curati da Katrin Lea Tag, accompagnata nelle luci da Joachim Klein.
Un’altra figura di grande rilevanza, una salita sul podio per uno degli interpreti straussiani più noto nella storia: Marc Albrecht.
L’Enigma di Salome, il dramma di Richard Strauss realizzato nel 1905 e ispirato alla tragedia di Wilde subisce una nuova lettura, dove viene mantenuta la convergenza tra sensualità e ascetismo religioso, proponendo la novità attraverso il linguaggio. Parole più incisive e un eloquio dotato di una nuova intensità, finora ritenuta inedita, per poter raccontare il conflitto tra Salome e Jochanaan, un’opposizione dovuta ad un amore, ormai, insoddisfatto.
Barrie Kosky propone un nuovo punto di vista, infatti, mira a raccontare la storia esclusivamente dalla prospettiva di Salome, eliminando i tratti esotici e biblici per dare spazio alla psicologia della protagonista, un elemento che, secondo il regista, merita di emergere, di essere analizzato dallo spettatore.
«In questo allestimento tutto l’intreccio viene mostrato dalla prospettiva di Salome, non c’è spazio per un angolo visuale maschile – dice Barrie Kosky – Noi la concepiamo come una donna indipendente. La sua è una figura complessa e non del tutto definita. È una vergine, ma potrebbe avere tanto 15 quanto 50 anni. Si tratta di un dettaglio importante, perché in realtà non sappiamo chi sia questa donna-bambina. Per noi è chiaro che si tratta dell’unico personaggio in scena che dice sempre la verità. La sua radicalità e la sua provocazione nascono proprio dal fatto che dice esattamente ciò che vuole, pensa e sente, senza mai mentire. Ai miei occhi non è un personaggio mostruoso, ma affascinante. E questo si rispecchia nella musica, che è musica d’amore, la più bella musica d’amore possibile»
Un regista innovativo nella scena contemporanea, Barrie Kosky è stato Direttore generale e artistico dal 2012 al 2022 alla Komische Oper di Berlino e, precedentemente, codirettore artistico dello Schauspielhaus di Vienna. Il successo del Flauto magico è stato di notevole influenza per la carriera del regista australiano e per la sua scalata alla fama; un allestimento visto da più di 350 mila spettatori in tre continenti, che pone sotto i riflettori la capacità di proporre un nuovo punto di vista per raccontare una storia già conosciuta.
Un repertorio alquanto ampio, che spazia dall’operetta al teatro musicale, soprattutto per quanto riguarda gli anni di Weimar, oltre, però, anche a titoli alquanto rinomati come West Side Story, Moses und Aron, Les contes d’Hoffmann, Káťa Kabanová, Les dialogues des Carmélites.
Destinatario di diversi premi tra cui quello di miglior regista e miglior compagnia d’opera (con la Komische Oper) ottenuti agli International Opera Awards 2014 e 2015; ma anche i riconoscimenti non sono da meno, basti far riferimento all’Olivier Award, ricevuto per la nuova migliore produzione operistica per Castor et Pollux.
Una notorietà particolare è riconosciuta a Marc Albrecht, esperto direttore del repertorio tardo romantico tedesco-austriaco, da Wagner e Strauss a Zemlinsky, Schreker e Korngold; un’importanza che lo ha condotto sul podio del Costanzi. Viene definito come un ospite regolare dei più grandi teatri europei, considerando anche le sue collaborazioni con i Berliner Philharmoniker, i Wiener Symphoniker e la Royal Opera House di Londra, tutte di grandissimo impatto.
Un curriculum completo dove emerge perfino la carica di Direttore Principale della Nationale Opera di Amsterdam, di Direttore Musicale dello Staatstheater di Darmstadt e di Direttore Artistico e Direttore Principale delle Orchestre Philharmonique di Strasburgo. Quest’ultima ha condotto lo stesso Marc Albrecht a incidere numerosi dischi per l’etichetta discografica Pentatone, tra i quali i Poemi sinfonici di Strauss e musiche di Korngold e Berg.
Un lavoro ampio e variegato che ha ottenuto diversi riconoscimenti, come quello destinato dall’OPUS KLASSIK, che lo ha nominato “Direttore dell’anno” per Die Seejungfrau, ovvero, La Sirenetta di Zemlinsky con la Netherlands Philharmonic (Pentatone), inserendo Das Wunder der Heliane di Korngold alla Deutsche Oper di Berlino (Naxos) nella categoria “Best Opera Recording of the 20th/21st century”.
La protagonista, il cui personaggio è definito terrificante, sarà interpretata da Lise Lindström, che già nel 2018 si era calata nelle vesti di Salome all’Opera Australia nel 2018, che l’ha condotta all’ottenimento del Premio Helpmann come miglior attrice femminile. Un ruolo portato su altri palchi, dal Wiener Staatsoper, alla San Diego Opera e alla Dallas Opera.
Il basso-baritono Nicholas Brownlee impersona Jochanaan, personaggio con cui ha già una confidenza vista la messa in scena all’Oper Frankfurt, riuscendo, così, ad entrare a far parte dell’ensemble del teatro tedesco nel 2020.
Un cast che non si esaurisce qui, ma vede le interpretazioni del tenore John Daszak per Erode, che, dopo il suo debutto nel ruolo nell’allestimento di Salome di David McVicar alla Royal Opera House, e avendo ottenuto numerosi consensi, non ha abbandonato il suo personaggio, continuando ad immedesimarsi nel ruolo portandolo sul palco di nuove produzioni, come al Festival di Salisburgo, al Festival d’Aix-en-Provence e all’Opéra di Parigi. Il mezzosoprano Katarina Dalayman è invece Erodiade. Narraboth è interpretato da Joel Prieto, mentre i cinque giudei sono Michael J. Scott, Christopher Lemmings, Marcello Nardis, Eduardo Niave – dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program dell’Opera di Roma – ed Edwin Kaye. I due nazareni sono Nicola Straniero – anche lui di “Fabbrica” Young Artist Program – e Zachary Altman, che interpreta anche uno dei due soldati insieme ad Edwin Kaye. Completano il cast Karina Kherunts (Un paggio di Erodiade), Alessandro Guerzoni e Daniele Massimi che si alternano nel ruolo dell’uomo di Cappadocia e Giuseppe Ruggiero (Uno schiavo).

La prima rappresentazione sarà in diretta su Radio3 Rai e vedrà i riflettori giovedì 7 marzo alle ore 20.00. Previste anche delle repliche domenica 10 marzo ore 16.30, martedì 12 marzo ore 20.00, giovedì 14 marzo ore 20.00 e sabato 16 marzo ore 18.00.