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Cultura: la nostra intervista al Segretario generale Turetta

A cinquant’anni dalla scomparsa di John Ronald Reuel Tolkien, il Ministero della Cultura, in collaborazione con l’Università di Oxford, ha ideato e promosso la prima grande esposizione di queste dimensioni mai dedicata in Italia allo scrittore, filologo e linguista britannico. Quali sono i prossimi appuntamenti di rilevanza nazionale promossi dal MiC?

Mi preme sottolineare come la mostra voglia prima di tutto celebrare i grandi valori umani presenti nella vita e nelle opere di J.R.R. Tolkien. Fin dall’inizio, infatti, è stata una priorità curare attentamente l’organizzazione in modo da far conoscere la vasta influenza di Tolkien come gigante della scrittura, andando oltre il genere fantasy. Il titolo scelto, non a caso è “J.R.R. Tolkien 1973 – 2023 Uomo, Professore, Autore”, in quanto mira a narrare non solo le peculiarità letterarie, ma anche a esplorare l’uomo in tutte le sue sfaccettature. 

La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea è stata dunque scelta come sede ideale per questo evento. Proprio la ricerca contemporanea, infatti, intesa sia come sviluppo di un’offerta culturale su temi e linguaggi espressivi del presente sia come stimolo alla produzione creativa, rappresenta un percorso peculiare che si vuole intraprendere per rafforzare la nostra identità culturale.

Questa visione orienta anche i prossimi progetti del Ministero, come la designazione della Capitale italiana dell’arte contemporanea, per consolidare l’Italia come centro vitale per l’arte internazionale, promuovendo lo scambio culturale e l’innovazione artistica.

E, a proposito di leva culturale per sviluppo delle città italiane, un altro prossimo appuntamento, ormai consolidato, è la designazione del titolo di Capitale italiana della cultura: progetto nato nel 2014, che si appresta a celebrare i dieci anni dalla sua istituzione. 

La procedura di selezione è coordinata dal Segretariato generale del Ministero della cultura ed è attualmente in corso la selezione per il titolo del 2026. La Giuria di esperti ha da poco selezionato i dieci progetti delle città finaliste che verranno valutati in audizioni pubbliche nel marzo 2024. La proclamazione della città vincitrice avverrà sempre entro marzo 2024 e riceverà un finanziamento di un milione di euro per realizzare il progetto proposto nell’anno da Capitale.

Parallelamente a questa iniziativa è stato sviluppato anche il progetto “Cantiere città”, grazie a un accordo tra il Segretariato Generale del MiC e la Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali. Questo percorso si concentra su iniziative che valorizzano e consolidano i dossier di tutte le città finaliste, inclusa la vincitrice, in modo da non disperdere il patrimonio progettuale nato in fase di candidatura grazie al supporto di un team di esperti. 

Dal 27 al 29 novembre, l’Italia ha ospitato a Napoli i 194 Stati membri UNESCO per l’evento “Cultural Heritage in the 21st Century”. Quali sono state le linee strategiche emerse da quest’importante evento? Quali sono le strategie che il MiC intende seguire per valorizzare la cultura italiana nel panorama internazionale?

L’evento a Napoli ha evidenziato l’importanza di una maggiore integrazione tra la Convenzione del 1972 per la protezione del Patrimonio Mondiale Culturale e Naturale e quella del 2003 per la salvaguardia del Patrimonio culturale immateriale, che consenta di continuare a tutelare e valorizzare il patrimonio materiale, ma con uno sguardo ancora più attento alla diversità delle espressioni culturali, alla promozione dello sviluppo sostenibile e al benessere delle comunità. La ‘call for action’, lanciata a conclusione dell’evento, invita tutti gli Stati Membri a una visione comune per nuove politiche e strategie sostenibili, con focus sull’educazione delle generazioni future e sul sostegno alle comunità locali nella tutela del Patrimonio. L’Italia, anche attraverso l’azione del MiC, già oggi contribuisce attivamente a questo programma, attraverso la sua tradizionale funzione di tutela e valorizzazione dei beni culturali e del paesaggio, le politiche attive sull’educazione al patrimonio promosse dalla Direzione generale Educazione e Ricerca, la lotta al traffico illecito, grazie all’azione costante e riconosciuta in campo internazionale del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale. 

Più impegnativa sarà la sfida al cambiamento climatico, che richiede uno sforzo collettivo e di visione strategica importante, e per il quale necessità una condivisione a livello mondiale.

Il mondo della cultura e dell’arte si confronta sempre di più con le nuove frontiere dell’IA. Il rispetto del copyright e il riconoscimento della creatività rappresentano due criticità nell’attuale contesto di implementazione dell’intelligenza artificiale. In che modo il Mic sta affrontando le opportunità e le sfide delle tecnologie IA?

L’Intelligenza Artificiale (IA) rappresenta uno straordinario progresso tecnologico con un immenso potenziale per migliorare molteplici aspetti della vita quotidiana e professionale, già utilizzato anche dal settore dell’industria creativa e culturale come un valido supporto al processo produttivo. Tuttavia l’IA non può svilupparsi trascurando i diritti fondamentali, come i diritti degli autori e degli interpreti, i diritti sull’immagine e sulla personalità, i diritti delle molteplici industrie creative e culturali che investono per rendere possibile la creazione di opere. Per questo motivo il Ministero della cultura, per voce dei Sottosegretari Mazzi e Borgonzoni, ha sostenuto fortemente l’appello lanciato dalle industrie culturali e creative, dagli autori, e dagli artisti, per norme chiari ed efficaci, affinché l’IA non venga utilizzata in modi che possano ingannare il pubblico, dando massima trasparenza alle fonti utilizzate per addestrarne gli algoritmi.

Sono state accolte dunque con favore le ultime modifiche alla proposta di regolamento sull’Intelligenza artificiale (AI Act) frutto dell’inteso lavoro tecnico-diplomatico culminato nel trilogo del 6 dicembre tra i co-legislatori eurounitari. In particolare, con riferimento alla tutela del copyright, centrale è stato il tema di come trattare le “General Purpose AI (GPAI)”, modelli di linguaggio generativo di grandi dimensioni che possono essere adattati a vari compiti e che rappresentano una nuova frontiera nel campo dell’intelligenza artificiale. 

In particolare, alla base di questa tecnologia, ci sono i cd.dd. modelli fondazionali (foundation model), si tratta di modelli, generalmente finalizzati a scopi ampi e versatili, capaci di adattarsi a molteplici applicazioni e in grado di generare contenuti di vario genere (video, testi, immagini, elaborare calcoli o generare codici informatici). Molti “foundation model” vengono addestrati su un’enorme mole di dati raccolti da Internet, una parte consistente dei quali è, con ogni probabilità, protetta da copyright, quindi la validità legale dell’addestramento su questi dati è stato un tema che ha fortemente preoccupato i titolari dei diritti d’autore. Inoltre la complessità giuridica nasce dall’inglobamento di queste tecnologie in applicazioni più specifiche e circoscritte estendendo il problema della trasparenza su tutta la catena del valore prodotta da questi sistemi.  La versione iniziale dell’AI Act non considerava esplicitamente i modelli fondazionali, tuttavia, la rapida evoluzione del settore dell’IA generativa ha spinto i co-legislatori a integrarli all’interno del quadro normativo in costruzione.

Pertanto, al di là degli obblighi specifici previsti per i sistemi di intelligenza artificiale che costituiscono un rischio per i diritti fondamentali, è di estrema importanza aver riconosciuto il principio di trasparenza fra i principi generali, applicabile in maniera orizzontale, a tutti gli utilizzi dell’intelligenza artificiale a prescindere dal fatto che questi siano forniti come modelli autonomi o integrati in un sistema IA.

Al di là delle notevoli tensioni createsi nel processo decisionale dell’UE in questi ultimi mesi, dovrebbe essere stato raggiunto un soddisfacente equilibrio tra innovazione tecnologica e rispetto dei diritti nell’ambito di un terreno di negoziazione molto complesso e dinamico. 

Lo sviluppo di strategie di collaborazione tra settore pubblico e privato rappresentano un obiettivo importante per la crescita del sistema culturale italiano. Qual è lo stato dell’arte degli investimenti privati e quali sono le iniziative che il MiC ha intenzione di implementare per facilitare questi meccanismi virtuosi?

Il sistema culturale italiano nell’ultimo decennio ha sicuramente beneficiato di importanti investimenti da parte dei privati soprattutto grazie all’agevolazione fiscale Art Bonus, introdotta nel 2014 e diventata ormai motore di strategia e di crescita culturale in molti territori in tutta Italia. 

Il Ministero della cultura ha la responsabilità di questa misura fiscale “rivoluzionaria” per la cultura, che consente ai privati – sia aziende che fondazioni e individui – di collaborare con le amministrazioni pubbliche proprietarie di beni culturali per la loro tutela e valorizzazione. 

Ad oggi sono circa 6.000 i progetti che nascono da collaborazioni pubblico – privato in regime di Art Bonus, con un investimento complessivo sul piano nazionale di oltre 840 milioni di euro da parte dei privati e di 546 milioni di cofinanziamento statale tramite il credito d’imposta maturato per le erogazioni liberali effettuate. 

Si tratta di un meccanismo di donazione semplice, trasparente e denso di valori anche etici, che per questo ha avvicinato alla cultura decide di migliaia di cittadini ed ha ancora un potenziale enorme da esprimere. Per questo il MiC intende continuare a promuovere la conoscenza e diffusione dell’Art Bonus sia tramite iniziative di informazione che di formazione, a partire dai propri uffici centrali e periferici, per sensibilizzare tutti i cittadini italiani, e in primis i responsabili di aziende, ad agire per contribuire alla sostenibilità della cultura nel rispetto degli obiettivi dell’Agenda 2030. 

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