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Gli intellettuali di destra e l’organizzazione della cultura: le riflessioni di Giubilei

Tangenti come abbracci di amanti o avversi condottieri fieri difensori della propria indipendenza, cultura e politica danzano alla luce dei cicli della storia. Attratti o pronti a respingersi come poli magnetici, potere politico ed intellettuali si sfidano storicamente in un corteggiamento tumultuoso incline alla seduzione del dolce fioretto della lusinga, tipico della corte e del mecenatismo, o alla nuda violenza dell’imposizione coattiva dei totalitarismi.

Nella modernità novecentesca l’equilibrio di tale scontro/confronto si ipostatizza nella concettualizzazione dell’egemonia gramsciana, sistema di elaborazione culturale basata sulla funzione dell’intellettuale organico in grado di sostenere o modificare una concezione del mondo. Per Gramsci l’intellettuale agisce nel sistema delle sovrastrutture sia della società civile che della società politica consentendo l’acquisizione del consenso.

Partendo dalle intuizioni gramsciane, l’organizzazione della cultura è divenuta, nel secondo dopoguerra, elemento cardine della politica del PCI e successivamente dei suoi epigoni nella frammentata sfera della sinistra governativa ed extraparlamentare, arricchendosi di nuovi impulsi nella fase movimentista del 68’.

Nel suo libro edito dalla casa editrice Oligo “Gli intellettuali di destra e l’organizzazione della cultura”, Francesco Giubilei analizza la questione del rapporto tra gestione culturale e politica dal punto di vista dell’esperienza storica delle diverse declinazioni della destra italiana.

Sottolineando la consistenza del patrimonio culturale e l’alto profilo degli intellettuali ascrivibili all’area della destra, Giubilei evidenzia come l’assenza nel secondo dopoguerra di un partito di riferimento, a parte il Movimento Sociale Italiano escluso dalle logiche governative dell’arco costituzionale, sia stato elemento esiziale per lo sviluppo di una reale capacità di incisione nei processi culturali del Paese da parte di un’organizzazione dalla cultura di destra.

Il ruolo centrale di Pivot del sistema della prima repubblica svolto dalla Democrazia Cristiana si è basato sulla forte e storicamente radicata cultura cattolica, espressione di centri di elaborazione soprattutto esterni al partito e non riconducibili in maniera completa ad esso. Allo stesso tempo è necessario sottolineare come l’esperienza di molti intellettuali classificabili come afferenti alla sfera concettuale della destra sia stata segnata da percorsi generalmente ascrivibili a logiche individuali più che comunitarie, scegliendo di identificarsi con una modello di figura solipsistica sicuramente di alto valore rappresentativo ma isolata e ed in contrapposizione ad un sistema politico/culturale politicamente contrastante.

Tale logica ha segnato forme di auto-limitazione e logiche psicologiche al limite del complesso d’inferiorità rispetto alle dinamiche invece esplicite e dirette dei movimenti della sinistra italiana, causando anche derive di vittimismo oggi non più comprensibili alla luce delle dinamiche sociali e politiche odierne.

Per Giubilei è necessario non sostituire un’egemonia con un’altra ma investire in maniera decisiva su due direttive cardine con l’obiettivo di ampliare l’offerta culturale e il pluralismo del pensiero italiano. Da un lato portare avanti eventi, iniziative e manifestazioni in seno al mondo di riferimento delle diverse declinazioni della destra, dall’altro uscire dal perimetro dell’autoreferenzialità rivolgendosi ad un pubblico più ampio attraverso le grandi kermesse generaliste. Solo combinando queste due spinte vettoriali si potrà allora rafforzare, valorizzare e diffondere idee, concetti e visioni del mondo.

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