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Da Marietta Saginjan a Goebbels: il Leviatano alla prova della scrittura

“Scrivere la verità”, con queste parole, colme sempre della sfuggente ambiguità di chi professa la ricerca del vero , il meraviglioso georgiano, come Lenin appellò l’uomo d’acciaio Iosif Stalin, rispondeva agli interrogativi dell’intelligencja sovietica sul ruolo della scrittore.

La scrittura, in quanto tecnica della messinscena della parola, artificio e inganno figlio di Teuth, signore della parola scritta, sembra stringere da sempre, in quanto tecnologia demiurgica, un legame viscerale con il potere, declinato nelle sue forme molteplici. Dal mecenatismo al totalitarismo, l’artista, in quanto padrone dell’atto poietico della creazione, sia questa la forma estratta dal marmo della scultura o il serpeggiare nero dell’inchiostro su carta, è sedotto e seduttore dello scettro del potere.

Si dipana suggestiva, per certi versi sacrilega agli occhi di chi professa l’indipendenza assoluta dell’artista, una riflessione sul ruolo dell’estetica nella liturgia e nell’azione di trasformazione totale dell’uomo, la metanoia (Radicale mutamento nel modo di pensare, di giudicare, di sentire), obiettivo dell’azione demiurgica della politica totalitaria.

Ritorna pienamente in gioco, l’analisi dis-velatrice del filosofo Philippe Lacoue-Labarthe sul filo rosso che avvince arte e potere. Il concetto di “finzione del politico” diviene non perifrasi di inganno o falsità ma ritorno alla sfera di senso della rappresentazione, o meglio dello spettacolo della rappresentazione. La questione estetica svela tutta la sua natura demiurgica alla pari del Leviatano politico in grado di dare vita all’uomo nuovo, sia questo l’homo sovieticus o il modello razziale ariano. Esemplare in tal senso una citazione di una personalità primaria del Terzo Reich, Goebbels:

“La politica è, essa pure, un’arte, forse addirittura l’arte più elevata e più vasta che esista e noi, che diamo forma alla politica tedesca moderna, noi ci sentiamo come degli artisti ai quali è affidata l’alta responsabilità di formare, a partire dalla massa grezza, l’immagine solida e piena del popolo. La missione dell’arte e dell’artista non è soltanto di unire, va ben più lontano. E’ loro dovere creare, dare forma, eliminare ciò che è malato ed aprir la via a ciò che è sano”

Marietta Saginjan

Prendendo in considerazione tale modo di concepire l’arte Lacoue-Labarthe sottolinea l’importanza del concetto di Opera d’arte totale come progetto politico e come modello del nazional-socialismo: il politico si viene definendo come capacità plastica, dunque come techne, sapere specializzato in grado di plasmare la natura e rappresentare come artificio la comunità nazionale, la quale a sua volta di autorappresenta come opera d’arte, da qui la definizione proposta di nazional-estetismo.

Testimonianza primaria per comprendere i meccanismi di promiscuità tra arte e potere, in particolare nella sua forma più esplicitamente definita, il totalitarismo, il gruppo editoriale Magog ha recentemente pubblicato un testo di rilevante peso storico. Il libello, pubblicato soltanto nel 1953 dal titolo Creative Freedom and the Soviet Artist, riporta la voce di una delle massime scrittici di epoca sovietica, Marietta Saginjan, fedelissima di Stalin.

Il libello di Saginjan pubblicato da Magog

Nelle sue parole emerge in tutta la sua forza il legame viscerale, profondo e complesso tra scrittori e potere. Per Marietta la libertà creativa non può che definirsi sulla base delle condizioni di un sistema sociale, in tal modo l’opera d’arte viene nuovamente ricondotta alla sfera della realtà di potere dominante:

“Ecco ciò che i nostri capi politici e la nostra gente vuole dagli scrittori: una rappresentazione audace e veritiera della realtà. Vogliono leggere la vita per come è realmente, raffigurata in immagini artistiche”

Proseguendo tale logica è allora ammissibile, la critica aspra e l’accusa di tradimento per chi non coglie tale legame, per chi ereticamente esce dal canone della “funzione sociale”, la “mente collettiva” nata e germogliata dalla società plasmata dal potere è pronta ad intervenire. Nuovamente il Leviatano e l’artista corrispondo in affinità elettiva per costruire il nuovo mondo, il sogno di ogni rigenerazione totalitaria.

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