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Stop-motion, play emotion

Di cosa si tratta

La stop motion, chiamata anche passo-uno o frame by frame, è una tecnica di ripresa cinematografica e di animazione impiegata per diversi prodotti audiovisivi.

Questa tecnica di animazione solitamente usa una peculiare cinepresa che immortala un fotogramma alla volta e, al posto del disegno realizzato a mano, oggetti inanimati manovrati in progressione, spostati e fotografati ad ogni cambio di posizione. Ne deriva una proiezione in sequenza delle immagini che conferisce l’illusione di movimento, come accade nel cinema con gli attori.

Pur avendo come protagonisti dei pupazzi privi di anima, questi prodotti cinematografici sono in grado di emozionare lo spettatore. Proprio la dicotomia tra forma artefatta e condotta umana, con tutte le sue angosce, gioie, dispiaceri e contraddizioni, crea una strana combinazione vincente. Capace di riportare sullo schermo le fragilità e le sensazioni a cui siamo sottoposti, ma con una forza rinnovata e inedita. Possiamo comunque ritrovarci nei personaggi più strambi realizzati e apprezzarne la diversità, l’ingegno di un altro essere umano che sapientemente combina inorganico e organico, restituendo storie dense di significato.

Anomalisa

L’automatismo dei dispositivi è l’arma a doppio taglio della stop motion: da una parte ci fa comprendere il genio dell’artificio, dall’altra ci restituisce dei movimenti innaturali. Per rendere fluida e scorrevole la ripresa sono necessarie molte pose, che dipendono anche dal formato di destinazione. L’immagine cinematografica richiede 24 fotogrammi al secondo, l’immagine televisiva europea (PAL) ne usa 25, mentre la televisione americana (NTSC) 29,97.

Una tecnica laboriosa che richiede tanto tempo nonché abilità da parte dei registi e degli addetti ai lavori sul set, proprio per la complessità di procedura molti film di questo genere sono candidati all’Oscar come Miglior film d’animazione.

Viaggio sulla luna

L’antesignano della stop motion è rintracciabile in Georges Méliès, il quale è riuscito a raccontare storie fantastiche alimentate da effetti visivi completamente innovativi e spettacolari. In Viaggio sulla luna possiamo riconoscere l’utilizzo di una primordiale stop motion nell’avvicinamento del volto della luna.

Agli inizi il passo-uno è stato adoperato abbondantemente per gli effetti speciali nei film, poi dagli anni ‘90 ha subito una veloce evoluzione ed è stato quasi interamente modificato attraverso l’utilizzo della computer grafica. Come componente nei film realizzati dal vivo prende il nome di model animation, magistralmente confezionata negli intramontabili King Kong e Jurassic Park.

Gli imperdibili

Quest’anno è stato prodotto per Netflix un film, completamente girato in stop motion, con una trama dalla sfumatura thriller e grottesca. Si intitola The House e fa parte della categoria puppet animation: tecnica usata per animare pupazzi (marionette, giocattoli, bambole di carta, modellini) in un ambiente costruito, in opposizione con la model animation che è invece ambientata nel mondo reale. I pupazzi usati sono dotati, al loro interno, di un’armatura che li mantiene rigidi anche durante le manipolazioni delle giunture.

The House

I Nexus Studios di Londra danno vita a tre storie dirette rispettivamente da Emma de Swaef e Marc James Roels, Niki Lindroth von Bahr e Paloma Baeza. Questo film antologico è un esercizio di stile che unisce la commedia al dramma, ma che è costantemente attraversato da uno stile thriller ed ha alcune elementi grotteschi. La protagonista è una casa mistica che nel corso del tempo rende la vita difficile ai suoi abitanti: prima una famiglia umile, poi un topo e infine una gatta. Ponendo l’accento su questioni umane importanti i registi restituiscono dei possibili spaccati di vita intrisi di filosofia e inquietudine. Le tre storie riflettono sulla follia dell’essere umano che può essere causata, in ordine, da: un attaccamento ai beni materiali, un’ossessione per qualcosa con la successiva alienazione dal mondo e una negatività nei confronti dell’altro. L’ultimo episodio è l’unico ad avere un risvolto positivo, perché il personaggio principale riesce a rompere il suo rapporto malsano con la casa, fonte delle sue ossessioni, e a trovare la serenità insieme a degli affetti veri.

Non dimentichiamo la plastilina, uno dei materiali più utilizzati nella stop motion, che ritroviamo nelle avventure animate di Wallace & Gromit (es.: La maledizione del coniglio mannaro), i simpatici protagonisti di una serie di film alle prese con le più svariate peripezie.

Ma è Galline in fuga (2000) il massimo esponente dell’animazione in claymation, ossia realizzata con fantocci in plastilina. Una storia originale che tratta in modo divertente il tema dello sfruttamento animale. Un gruppo di galline decide, infatti, di scappare dall’allevamento intensivo di crudeli agricoltori per vivere una vita in libertà. Una trama avvincente che riesce a coinvolgere per intensità di pathos e vivacità di discorsi.

In Fantastic Mr. Fox (2010) rintracciamo la stessa ribellione degli animali al dominio dell’uomo. Questo capolavoro di Wes Anderson è incentrato sulla personalità travolgente di Mr. Fox, il quale decide, insieme ai suoi amici animali, di dichiarare guerra ai fattori della zona. Una commedia ricca di alti e bassi, tipica del mondo sognante sognante del regista, il quale ha diretto anche L’isola dei cani (2018). Un film d’animazione girato sempre con la tecnica dello stop motion e sempre ponendo l’attenzione alla sottomissione del mondo animale a quello umano.

Fantastic Mr. Fox

Anomalisa (2015) si differenzia dagli esempi sopracitati perché non ha nessuna chiave ironica, qui l’animazione viene utilizzata per dare vita ad un dramma personale. Il protagonista è un uomo infelice e affetto da un disturbo mentale che gli fa sentire la stessa voce maschile su tutte le persone che incontra, ma in un viaggio di lavoro scopre l’amore e la felicità. Un film introspettivo che vuole raccontare un’esistenza sofferta ma in modo inusuale, ossia usando degli involucri inanimati. Questi ultimi, però, riescono ad emozionare il pubblico perché sapientemente costruiti e manovrati.

Jìdlo (1992) è, infine, un cortometraggio ceco per lo più in pixilation: una tecnica che coinvolge degli attori reali, che si prestano alla fotografia in stop motion. Tale metodo permette l’inserimento di scene surreali, come apparizioni o scomparse di oggetti, manipolazioni e deformazioni delle persone, e così via. Il corto è suddiviso in tre episodi e attraverso il cibo raffigura la metafora delle classi sociali. Ceto dei lavoratori, classe media e alta borghesia vengono rappresentati come automi che si divorano a vicenda fino ad autodistruggersi. L’argilla utilizzata in alcune scene più irreali ci ricorda il fango primigenio che plasma e dona vitalità, ma che è anche fonte di energia demolitrice.

Jìdlo
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