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Consultori familiari: la situazione in Italia

La mappatura dei consultori familiari in Italia è un problema annoso. Istituiti con la legge 405 del 1975 per fornire servizi di assistenza alla famiglia e alla genitorialità, ai consultori corrispondono dati ufficiali non aggiornati. Solo l’ultima indagine nazionale, pubblicata dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) risale al periodo 2018-2019: 1.800 il numero totale di consultori in Italia, uno ogni 32.235 residenti. Cifre ben al di sotto di quanto previsto dalla legge 34 del 1996, che ne prevede uno ogni 20 mila abitanti, con la possibilità di uno ogni 10 mila nelle aree interne e rurali secondo il Dm 77/2022. Dunque circa il 60% in meno di quanti ne servirebbero. Strutture fondamentali queste che sembrerebbero anche essere diminuite nel tempo, dato che nel 1993 nel Belpaese, era disponibile circa un consultorio ogni 20 mila residenti, con una risalita registrata nel 2008 dove ne risultava uno ogni 28 mila.

Ma ad aggiornare questi dati ci ha pensato il Sole24Ore che ha interpellato le Regioni e le Provincie autonome per costruire una mappa della situazione attuale dei consultori: oggi le strutture sono 1950, uno ogni 29 mila abitanti. Dal 2019 quindi la crescita registrata è dell’8% anche se è necessario specificare come la popolazione sia diminuita rispetto al 2019 (826 mila in meno) così come sia calata anche la natalità, passando dai 576.659 bambini nati nel 2008 ai 379 mila nati nel 2023. Ma tra i problemi ancora ricorrenti vi è la forte carenza di personale, se pensiamo che le ore di lavoro settimanali per il ginecologo sono inferiori di 6 rispetto allo standard, -11 per l’ostetrica, -25 per l’assistente sociale e -1 per lo psicologo. Dunque, più strutture ma poco funzionali.

Come sono finanziati i consultori?

I consultori familiari vengono finanziati in ogni Regione dal Fondo sanitario regionale. Per quanto riguarda i fondi del Pnrr, quest’ultimi non possono essere usati per aumentare la dotazione di personale, dato che sono indirizzati a investimenti infrastrutturali ma possono essere usati per migliorare la dotazione tecnologica dei consultori e il flusso di informazioni verso il Nuovo sistema informativo sanitario (Nsis) e inoltre, parte dei consultori potrà confluire nelle 1288 Case della Comunità previste dal Pnrr come nuovi punti di riferimento dei servizi sanitari territoriali.

La situazione del personale nelle Regioni

La carenza di personale è registrata soprattutto nella Regione con più consultori a livello nazionale, la Lombardia (283 strutture) e nelle Marche con 66 strutture. In queste aree, medici, infermieri ed educatori si dividono in attività differenti, lavorando anche fuori i consultori e ciò rende le loro mansioni difficili da svolgere, se si considera che solo in Lombardia, nel 2023 ci sono state 431.623 persone assistite, per quanto riguarda gli utenti di prestazioni ambulatoriali, sociosanitarie individuali o relative a piccoli gruppi e 151.129 per quanto riguarda gli utenti di grandi gruppi, per prestazioni di prevenzione e promozione della salute. La Puglia invece che conta 428 fra medici, psicologi, infermieri e assistenti sociali in servizio nei suoi 132 consultori, ha reso noto che “le necessità sono superiori rispetto al personale in servizio” così come la Basilicata che, nei consultori relativi alle due aziende sanitarie locale di Potenza e Matera, ha rilevato una carenza di personale in tutti i settori coperti dai servizi dei consultori, dal personale medico-pediatrico a quello ginecologico. Dei 70 consultori presenti in Sardegna invece, il 10% risulta essere inattivo, sempre per carenza di personale. Nella Regione Lazio infine, la maggior parte dei 135 consultori della Regione ha un equipe multidisciplinare completa ma nell’ambito delle discipline operanti anche nei consultori, sono state autorizzate nuove assunzioni e stabilizzazioni per il 2024, rispettivamente 381 e 117 mentre nel 2023 sono state registrate 175 nuove assunzioni e 86 stabilizzazioni. La copertura migliore si registra invece nella Provincia di Bolzano (9.101).

Rilevante, oltre alla copertura territoriale, è quindi anche la qualità del servizio offerto, ovvero di quanto le sedi presenti siano aderenti a quanto previsto per legge, sia per quanto riguarda la strumentazione che il personale: è inutile, ad esempio, avere una struttura ogni 10 mila abitanti se poi il consultorio non dispone di un ecografo né della necessaria equipe multidisciplinare, magari con un solo ginecologo presente solo una volta al mese.

Al contrario, per quanto riguarda la copertura territoriale, ovvero la prossimità ai residenti, va considerata anche la conformazione delle differenti aree: ad esempio, in città come Firenze, la presenza di sei consultori per 360 mila abitanti potrebbe bastare ma in altre aree dove è più complicato muoversi no. Tra le pratiche innovative che in questo caso potrebbero essere introdotte, vi è la telemedicina che potrebbe portare ad un’integrazione dei consultori nelle comunità locali, specialmente in quelle montane e di valle. Inoltre, i consultori familiari sono fondamentali per alleggerire la pressione sui servizi ospedalieri in particolare sui pronto soccorso.

In Italia vige inoltre una percezione distorta dei consultori, strutture percepite unicamente come luoghi dove viene prescritta la pillola del giorno dopo alle adolescenti o dove le donne possono abortire quando in realtà, queste strutture offrono anche la possibilità di fare visite ginecologiche, controlli e assistenza psicologica sia per la preparazione alla maternità che per la scelta di interrompere la gravidanza, secondo quanto sancito dalla legge 194 del 1978. Depotenziare strutture così fondamentali per le donne residenti in Italia e che rappresentano più del 50% della popolazione italiana, significa non garantire l’equo accesso alla salute sessuale e alla piena libertà di scelta sul proprio corpo.

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