Il gas è il protagonista di un vasto mercato che un decennio fa, in concomitanza con la riduzione delle emissioni di CO2 da parte dei governi, ha portato alla costruzione dei primi gasdotti diretti verso l’Europa. Siamo arrivati al punto in cui i paesi europei dipendono fortemente dai fornitori di gas, in testa quello russo. Allo scoppio del conflitto in Ucraina, nonostante le sanzioni in atto, il commercio di gas russo non si è mai fermato. Un acquisto che vede protagonista anche l’Ucraina: il territorio del conflitto è attraversato da vari metanodotti, tra cui il più importante è quello lungo 2750 km e dal nome “paradossale”: Bratstvo (Fratellanza). Anzi, secondo Yuriy Vitrenko, amministratore delegato della società di petrolio e gas ucraina (Naftogaz), le forniture dirette in Europa sono anche aumentate: questo è accaduto due giorni prima dello scoppio del conflitto. I russi hanno distrutto buona parte delle infrastrutture energetiche della società ucraina, per fare pressioni sul governo ma le loro bombe non hanno nemmeno sfiorato i condotti diretti verso l’Europa.

Gazprom, la società di gas russa e in mano a Putin riceve ogni giorno circa 700 milioni di euro dall’Europa che di conseguenza, sta finanziando contemporaneamente sia l’esercito russo che la resistenza in Ucraina. Questo paradosso ha portato i governi europei a volgere lo sguardo verso altri fornitori. Ma il gas russo sembra essere il più conveniente per ciò che riguarda il rapporto tra qualità e prezzo. Le alternative alla Russia, oltre ad essere più costose, si profilano maggiormente rischiose da un punto di vista geopolitico.
Le alternative al gas Russo: il piano italiano
Dallo scoppio del conflitto il governo italiano ha accelerato le procedure riguardanti nuovi accordi per l’acquisto di gas da paesi quali la Libia, l’Egitto, il Congo e l’Algeria, nazioni queste che di fatto già vendevano la loro materia prima allo stato italiano, seppur in minor quantità rispetto al primo fornitore russo. L’Algeria, secondo il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ha un ruolo cruciale nel commercio del gas per l’Italia, oltre ad essere sempre stato un fornitore affidabile e il secondo dopo la Russia, con 22,6 miliardi di metri cubi di gas importati nel 2021.
Il patto Italia-Algeria
Il 12 aprile ad Algeri, il presidente della società algerina Sonatrach Toufik Hakkar e l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi hanno firmato in presenza dei rispettivi capi di Stato (il Presidente del Consiglio Mario Draghi e il Presidente della Repubblica Algerina Abdelmadjid Tebboune) un accordo che consentirà ad Eni di aumentare le quantità di gas trasportate attraverso il gasdotto TransMed/Enrico Mattei. Si parla del raggiungimento di 9 miliardi di metri cubi di gas in più per l’anno 2023-2024, a partire dall’aumento graduale delle quantità da quest’anno.
L’accordo, frutto di una serie di incontri e visite tra i rispettivi ministri degli esteri Lamamra e Di Maio, il primo ministro algerino Benabderrahmane, il ministro delll’energia Arkab e il ministro italiano della transizione ecologica Cingolani, ha cominciato a concretizzarsi nell’ultima visita ad Algeri da parte di Di Maio e Descalzi del 28 febbraio. Un contratto definito e firmato in tempi record che vede la conferma dello stretto legame commerciale tra le due società. Eni è presente sul territorio algerino dal 1981 con una produzione di circa 100mila barili di olio al giorno ed è la più importante compagnia internazionale in Algeria. Oltre a ciò, la società italiana sta valutando opportunità nei settori delle rinnovabili, dell’idrogeno, della cattura, dell’uso e dello stoccaggio di CO2 e della bioraffinazione, proseguendo l’obiettivo della carbon neutrality per il 2050. Ma l’accordo tra i due paesi potrebbe comportare dei grossi rischi.
Algeria: i commerci con la Russia
L’Algeria ha forti legami con la Russia da cui riceve armi e formazione per i propri servizi segreti: 4,2 miliardi di dollari tra il 2016 e il 2020. Tanto che quando all’Onu c’è stato il voto di condanna dell’invasione in Ucraina, il governo algerino è stato tra quelli che si è astenuto. Inoltre, come riportato da Domani, i due paesi nel 2017 hanno firmato sei documenti per il rafforzamento delle relazioni bilaterali in ambiti quali la giustizia, l’energia, l’istruzione e la salute. In quest’ultimo campo, è bene ricordare che il governo di Algeri è stato tra i primi compratori del vaccino Sputnik-V. Nel territorio c’è anche una forte presenza di investitori russi in vasti settori che vanno dai trasporti all’agricoltura: a settembre 2021 si parlava di 120mila tonnellate di grano esportato mentre nel 2014 è stato varato un accordo per la creazione entro il 2030 della prima centrale nucleare, il cui progetto è stato affidato alla russa Rosatom.
La questione spagnola: la diplomazia del gas nel Mediterraneo
Dopo l’accordo tra Italia e Algeria si sono inaspriti i rapporti tra lo stato del Nord Africa e il governo spagnolo di Sanchez. La partita del gas infatti sta scatenando nuove tensioni geopolitiche che inevitabilmente provocheranno effetti a lungo termine sugli equilibri del Mediterraneo. Algeri invia gas alla Spagna tramite due pipe-line: circa 15 miliardi di metri cubi, il 47% del fabbisogno spagnolo. Tra le motivazioni che hanno portato il governo algerino a volgere lo sguardo verso accordi con altri paesi come l’Italia, ci sarebbe il rapporto tra Madrid e il Marocco per quanto riguarda la contesa dei territori del Sahara Occidentale, ex colonia spagnola e che risulta non essere gradito ad Algeri. Tensioni cominciate a fine 2021 e che hanno portato il governo algerino a ridurre l’invio di gas tramite il gasdotto che passa ad El-Aricha in Marocco fino allo stretto di Gibilterra.
In quel territorio infatti, era stata dichiarata l’indipendenza della Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi, da parte del Fronte Polisario, sostenuto sia dall’Algeria che dalla stessa Italia e da decenni il Marocco occupa l’80% del territorio contro la volontà dei separatisti. Una contesa che ha visto, nel pieno della crisi ucraina, il presidente spagnolo Sanchez schierarsi a favore dei piani del Marocco per l’autonomia del Sahara Occidentale e che ovviamente non ha ricevuto reazioni positive dal governo algerino.
L’aumento del prezzo del gas: quanto guadagna Eni
Nonostante la situazione geopolitica, l’accordo tra Italia e Algeria promette di coprire buona parte delle forniture di gas, specialmente in vista di una possibile diminuzione dell’acquisto di gas russo da parte europea. Ma a guadagnarci maggiormente, sia da accordi del genere che dall’aumento del prezzo del gas, sono le multinazionali che commerciano la materia prima, tra cui vi è ovviamente Eni. La società italiana mentre nell’anno della pandemia perdeva oltre 750 milioni di euro, nel 2022 ha aumentato i suoi profitti di oltre il 600 per cento rispetto all’ultimo trimestre del 2020 e per l’analista finanziario Mauro Meggiolaro, chiuderà l’anno con un profitto di 4,7 miliardi di euro. Il miglior risultato dal 2012.