2duerighe

In aiuto per l’Ucraina: intervista al Rettore della Basilica di Santa Sofia a Roma

Si parla di 2 milioni di profughi dall’Ucraina. Queste le cifre comunicate da Filippo Grandi, Alto commissario ai rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR). Ma è solo una piccola parte dei 44,13 milioni di abitanti. La maggior parte è ancora in fuga dalle città più bombardate o si nasconde per sopravvivere. O peggio ancora, è rimasto ucciso nel tentativo di raggiungere zone più sicure, in quelli che dovevano essere corridoi umanitari, ma che spesso hanno visto i soldati russi sparare contro i civili.

Tra chi fugge, è importante ricordare anche le centinaia di bambini presenti, molti dei quali non accompagnati. C’è chi scrive il numero di telefono sul palmo della mano del proprio figlio, nella speranza di poter ricevere una chiamata appena superato il confine.

I dati

Il numero degli sfollati è in continuo aumento. Dall’inizio del conflitto, il 28 febbraio, la sola Polonia ospita circa 1 milione e 500mila profughi, seguita da altre nazioni quali Romania (84,671), Slovacchia (185,673), Moldavia (104,929) e Ungheria (235,576) che ha chiuso il confine. La Moldavia che già da qualche settimana si sta preparando ad una probabile invasione russa, ospita il più alto numero pro capite di rifugiati dopo la Polonia. Negli altri paesi europei si parla di circa 200mila persone. Nei prossimi giorni il numero potrebbe raddoppiare e nei casi peggiori, si parlerebbe del raggiungimento di un totale di 7 milioni di persone. Una piccola parte si è rifugiata anche in Russia (circa 100mila) e in Bielorussia (circa 900) (fonte: UNHCR).

La situazione in Italia

Anche il numero dei profughi ucraini, in arrivo sul territorio italiano, è in continuo aumento: si era partiti da circa 1000 al giorno per poi arrivare a 4000. All’ 8 marzo si parlava di circa 17mila profughi presenti sul territorio nazionale. Un dato che negli ultimi giorni ha superato le 20mila persone. Tra le principali città di destinazione vi sono Milano, Bologna, Napoli e Roma. E dal Ministero dell’Interno arrivano voci allarmanti sull’ urgente necessità di reperire ulteriori posti di accoglienza, coinvolgendo anche gli enti locali.

Le misure messe in campo

Si parla di flussi che a detta del capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, sono “ancora gestibili”. La maggior parte di loro al momento ha raggiunto l’Italia dalla frontiera slovena. I primi a giungere sono stati prevalentemente coloro che potevano contare su una rete famigliare in Italia.  Sul territorio sono in aumento i CAS (centri di accoglienza straordinaria) e i posti SAI (il sistema di accoglienza e integrazione per i rifugiati e i richiedenti asilo). Napoli già ha cominciato ad ospitare i primi profughi, nelle varie strutture alberghiere e in quelle della Caritas. A Bologna l’obiettivo è quello di raggiungere 1.800 posti. Nel frattempo a Milano circa un ucraino su 12 risiede regolarmente nella provincia, la città si sta dunque preparando ad un numero consistente di arrivi. A Roma invece è stato creato un hub emergenza Ucraina con circa 30 associazioni coinvolte. La Regione inoltre ha stanziato 500mila euro a favore dei comuni e delle attività di accoglienza e assistenza per i cittadini ucraini oltre ad una serie di iniziative, sportelli informativi e sistemi di assistenza sanitaria e abitativa messi in campo.

La Basilica di Santa Sofia

Numerose invece le raccolte dei beni di prima necessità, promosse dalla comunità ucraina in Italia. Tra queste quella che si raccoglie intorno alla Basilica di Santa Sofia a Roma: la chiesa rettorale costruita negli anni 70 grazie alla volontà di Josyf Slipyi, capo della chiesa greco-cattolica ucraina. Un luogo importante per la comunità, tanto da ricevere la visita del Presidente Mattarella il 6 marzo scorso.

L’intero complesso, costituisce dall’inizio della guerra il principale punto di raccolta e stoccaggio degli aiuti alla popolazione in guerra. Si parla di centinaia di pacchi depositati anche fuori dalla chiesa, in attesa di essere caricati sui camion diretti verso l’Ucraina.  Il 3 marzo, anche il Cardinale Krajewski, Elemosiniere di Sua Santità dal 2013, si è recato alla Basilica per consegnare personalmente materiale sanitario e generi di sussistenza. Tra le varie visite, anche quella dell’11 marzo del Sindaco della Capitale Guatlieri.

 Ne abbiamo parlato con il rettore della chiesa, Don Marco Yaroslav Semehen.

Da quanti anni è Rettore della Basilica di Santa Sofia?

Sono qui dal 2013. Ho iniziato il mio servizio pastorale a Roma nel 2009 come vicario parrocchiale della chiesa dei Santi Sergio e Bacco degli ucraini, a piazza Madonna dei Monti per poi essere trasferito qui, nel quartiere Boccea.

Come vi state organizzando per la raccolta?

Abbiamo fatto diversi appelli tramite i social, ricevendo molte risposte da diverse realtà romane e diverse associazioni, oltre ai singoli cittadini. Ognuna di queste ci ha portato vari beni di prima necessità che vengono smistati nella chiesa e divisi in pacchi e in seguito caricati nei camion che giungono fino alle zone del conflitto. La protezione civile ci ha dato una mano con i trasporti e i volontari ma della raccolta ce ne occupiamo principalmente noi. Per le tipologie di beni, sentiamo piuttosto la Caritas e altre realtà che possono aiutarci. Ci sono diversi gruppi di volontari che portano queste cose direttamente sul territorio ucraino. Abbiamo le prove che i nostri aiuti sono giunti in alcune delle città più bombardate. Siamo riusciti a mandare medicinali nell’ospedale di Kiev. Poi ovviamente stiamo aiutando anche i profughi che fuggono dalla guerra e giungono fino in Italia.

Siete in contatto con la comunità in Ucraina e quali informazioni vi sanno dare del conflitto?

Molte notizie, come tutti, le vediamo dai social e dai notiziari. Poi riceviamo informazioni tramite i nostri contatti diretti: famigliari, amici ecc.  Mia madre e mia sorella abitano nella parte occidentale del paese. Al momento non si trovano nella zona più a rischio ma nella notte di giovedì è stata bombardata una città a 120 km dalla loro. Bombardamenti che hanno colpito anche l’aeroporto di Ivano-Frankivsk.

Al momento, come può essere aiutata la vostra comunità?

Come Comunità di Santa Sofia oltre alla raccolta di beni di prima necessità come cibo in scatola e medicinali, ci stiamo occupando anche della raccolta dei fondi. Abbiamo ricevuto molte richieste specifiche e un fondo destinato alla nostra realtà, sarebbe un aiuto più concreto in questo momento così difficile.

Exit mobile version