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Guerra in Ucraina: il prezzo delle materie prime

Oil refinery at twilight

Il rincaro delle bollette e l’aumento del costo della benzina erano due problematiche già presenti nel nostro paese. Con le tensioni geopolitiche in atto, i prezzi continuano ad aumentare. ( Caro bollette e benzina: il punto della situazione – 2duerighe). Aumenti che riguarderanno anche altre materie prime quali grano e mais. Dal 24 febbraio, la pace in Europa non ha più quella garanzia rimasta più o meno intatta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ad oggi. Mentre i leader dei maggiori paesi si apprestano ad imporre dure sanzioni alla Russia, le borse di tutto il mondo stanno affrontando un clima incerto. Tra le dirette conseguenze del conflitto vi sarebbe anche una nuova ondata di inflazione. Una situazione che mette in difficoltà aziende e famiglie già fragili, soprattutto a seguito del periodo pandemico. Ma le sanzioni, a detta di Biden, sarebbero l’unica alternativa a quella che molti già chiamano “Terza Guerra Mondiale”. Paralizzare la Banca Centrale di Mosca è tra gli obiettivi di Stati Uniti e alleati. Intanto i principali istituti bancari russi sono stati esclusi dallo Swift, il sistema circolatorio delle transizioni finanziarie internazionali mentre ci si appresta a sbarrare l’entrata degli oligarchi russi nel mercato occidentale.

Lo shock della guerra e le incertezze della crescita economica

Il conflitto sembra quindi aver bloccato le prospettive di crescita globale.  L’invasione dei russi sta fermando un sistema che già andava a rilento dopo la crisi pandemica. Una situazione di disagio percepita anche nel luogo centro dell’economia europea: la Bce. La Banca centrale europea ora si trova a dover fare i conti con una situazione di guerra che complica ulteriormente il rincaro dei costi dell’energia.

Secondo gli esperti, l’aumento ulteriore del prezzo di gas e petrolio farà salire l’inflazione nel breve termine ma ridurrà domanda e crescita. Nonostante ciò, il 25 febbraio la borsa di Milano ha chiuso al +3,6% mentre quella di Mosca è salita al 23% dopo il -33% del giorno prima.  Un cambio di passo cominciato da Wall Street nella serata di giovedì. Il gas, dall’iniziale impennata del 58% scende al -30% sul mercato di Amsterdam mentre il petrolio Brent scende sotto i 100 dollari a barile. I listini europei sembrano aver recuperato 334 miliardi di euro di capitalizzazione. La possibilità dell’avvio di negoziati tra Kiev e Mosca sarebbe la causa di questo sanamento, dopo il crollo registratosi a seguito dell’avvio del conflitto. Ma il clima d’incertezza e gli eventi delle ultime ore potrebbero portare a nuovi crolli. Una situazione incerta dunque che farà oscillare gli indici ancora per molto.

Gas, petrolio e non solo: le importazioni delle materie prime

Secondo il report di Confartigianato, nel 2021 l’Italia ha importato dai mercati di Mosca e Kiev prodotti da un valore di 17,2 miliardi di cui circa 13 miliardi solo dalla Russia. Per il 55,3% si tratterebbe di gas e petrolio. Un mercato che all’Italia è costato 7,7 miliardi di euro.

Ma queste due materie prime non sono le uniche importate. Ad aver subito una crisi è anche il settore alimentare. L’Ucraina è infatti tra i maggiori esportatori di grano e mais. Il cosiddetto “granaio d’Europa” dall’inizio dell’invasione ha subito forti rallentamenti nella coltivazione che al momento sembra essersi fermata a seguito del peggioramento del conflitto.

Tutto ciò ha portato ad un rincaro del grano tenero con una crescita del 16% alla borsa delle derrate agricole di Parigi. Il mais ha raggiunto invece il +50%.  Una situazione che potrebbe portare nei prossimi giorni ad un aumento dei prezzi di pasta, farine, pane e prodotti di pasticceria. Tra le materie prime in aumento anche l’alimentazione degli animali negli allevamenti come la soia.  Il conflitto ha frenato le spedizioni dalla Russia e quelle ucraine dai porti del Mar Nero provocando quindi un crollo delle disponibilità sui mercati mondiali. Secondo Coldiretti, la carenza di materie prime impatterà maggiormente in paesi quali l’Italia. Una nazione che importa il 64% del grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais destinato specialmente per l’alimentazione del bestiame.

Ma il settore alimentare e quello dell’energia non sono gli unici ad essere in crisi a causa del conflitto. La Russia è anche un fornitore strategico di alluminio, nickel, palladio e titanio.

 Le esportazioni: colpito anche il Made in Italy

Sempre secondo Confartigianato, l’Italia rischia di ritrovarsi nella situazione economica del 2014 della crisi in Crimea. Tra 2013 e 2021 le sanzioni economiche alla Russia hanno fatto calare del 28,5% l’export italiano verso Mosca. Si parla di perdite da 24,7 miliardi di euro degli ultimi 8 anni. Nel 2021 l’Italia si è collocata al quarto posto per il valore delle esportazioni sui mercati russi e ucraini per un totale di 9,8 miliardi di euro. L’interscambio si è incentrato sul settore della moda, dei macchinari, dei prodotti chimici fino ai beni alimentari, per un totale di 7,69 miliardi di euro di esportazioni con la Russia e 2,1 miliardi di euro con l’Ucraina. Il conflitto, inoltre, peserà maggiormente sulle piccole e medie imprese che rappresentano il 34,9% delle esportazioni nella sola Russia. La moda sembra essere il settore ad aver subito una diminuzione maggiore negli ultimi anni, con un calo del 41,8%. Tra le regioni che esportano maggiormente nel mercato russo e che quindi sono tra le più esposte vi è l’Emilia Romagna seguita da Veneto e Marche.

Le misure sanzionatorie e il ritorno al carbone

Dopo la condanna dell’invasione russa da parte del Consiglio europeo, i Ventisette hanno elencato le sanzioni contro le azioni di Putin. Andrebbero a coprire i settori finanziari dell’energia, dei trasporti e dei beni sia civili che militari. Limitazioni anche per il finanziamento all’export e la politica dei visti.

L’esclusione dallo Swift a detta di molti esperti penalizzerebbe gli stessi europei, in particolare quelli dipendenti dal gas russo tra cui vi è ovviamente l’Italia. Il governo al momento sta elaborando nuovi piani di approvvigionamento della materia prima. Si parlerebbe di nuovi paesi fornitori tra cui gli Stati Uniti e l’Azerbaigian. Previsto anche un raddoppio delle forniture da pesi come la Libia. Tra le opzioni anche quella della riapertura della produzione di carbone.

In Italia le centrali sono sette, due delle quali sono state riattivate nel 2021 con l’intensificarsi della tensione fra Russia e Ucraina. Nonostante la situazione d’emergenza è bene ricordare che il carbone è stato classificato tra le fonti fossili altamente inquinanti. La nostra nazione si era impegnata a non far più ricorso a questa fonte, dopo la conferenza di Glasgow. Un passo indietro dunque dovuto alla carenza di fonti d’energia presenti sul territorio.

Oggi il Consiglio dei ministri varerà una serie di misure di emergenza sull’approvvigionamento delle materie prime.

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