«Dati preoccupanti». Lo sono per Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale dei consumatori, che commenta così in una nota all’Ansa i dati diffusi da Confcommercio sul consuntivo consumi 2021. «Il ritorno alla normalità non risolve il fatto che le famiglie sono ormai in grande difficoltà. I consumi sono al palo perché la condizione economica delle famiglie è peggiorata durante la pandemia e quindi quelli non strettamente necessari continuano a essere rinviati…il caro bollette di luce e gas e il decollo dei prezzi sta aggravando una situazione già compromessa. Se non si frena subito l’inflazione, il potere d’acquisto scenderà con ulteriori pesanti ripercussioni sui consumi. Serve anche una politica dei redditi e un sistema fiscale che sostenga i ceti meno abbienti».
Ripresa? Non per tutti
I numeri raccontano di un 2021 che chiuderà sì con una crescita del Pil del 6,2% e dei consumi del 5,1%, ma non per tutti, con alcuni settori che vedranno cali ancora a 2 cifre rispetto ai valori del 2019: per ristorazione e alberghi la perdita dei consumi è rispettivamente del 27,3% e del 35% rispetto a 2 anni fa; per i servizi culturali e ricreativi del 21,5%; per i trasporti il 16% e per l’abbigliamento e le calzature il 10,5%. Il recupero c’è quindi ma ben più lento del previsto si immagina che per i consumi (-7,3% rispetto al 2019) il completo ritorno ai livelli pre-pandemici non avverrà prima del 2023. Come chiarisce l’Ufficio Studi di Confcommercio, i dati relativi all’anno 2021 pur essendo in larga parte “rimbalzi statistici”, testimonierebbero comunque la vitalità del tessuto produttivo italiano, ma destano anche preoccupazione per i settori sopra citati molto lontani dalle performances di due anni prima. Per tali settori l’Associazione auspicherebbe ancora sostegni e misure come quelle degli ammortizzatori sociali, senza incrementi di costo per le imprese, dell’accesso al credito, e legate a interventi fiscali e contributi a fondo perduto in base alle perdite subite.
Dalle altre Associazioni
La nota diffusa sempre oggi da Federalberghi, del resto, parla altrettanto chiaro: il bilancio a consuntivo 2021 del settore del turismo è un bilancio ancora in rosso, per il secondo anno continuativo. I numeri diffusi dall’Associazione testimoniamo un calo di 115 milioni di presenze estere rispetto al 2019. Nel suo commento ai dati il Presidente Bernabò Bocca parla di quella in corso come della “più grande crisi che si sia mai vista nel settore” e ricorda come le imprese e gli occupati del settore abbiano visto decadere una ad una, pur nel permanente dell’emergenza, le misure di sostegno a loro destinate ed è per questo che Federalberghi auspica che dal prossimo Consiglio dei Ministri, previsto per domani, misure come il credito d’imposta sugli affitti, l’esonero dal pagamento dell’IMU, la moratoria sui mutui e la cassa Covid possano essere rinnovate.
Identico appello da parte di Federcongressi, un comparto che ha un indotto diretto sul Pil di oltre 36 miliardi di euro e che occupa 570mila addetti, anch’esso di fronte ad una crisi senza precedenti per combattere la quale serve l’intervento del Governo con misure specifiche e a largo respiro temporale. Il susseguirsi di varianti del virus e le relative restrizioni internazionali impediscono la programmazione e lo svolgimento di congressi ed eventi aziendali non solo per il 2022, anche per il 2023. La richiesta è quella della convocazione urgente di un tavolo governativoal quale sottoporre la richiesta improrogabile di misure di sostegno per le imprese della meeting industry: riduzione contributiva, prolungamento della cassa Covid e contributi a fondo perduto sono alcune di esse.

Salvatore Sagone,presidente del Club degli eventi e della Live Communication e portavoce nei rapporti con i media di #Italialive ha ricordato come da metà novembre «congressi ed eventi siano stati cancellati o rinviati, anche di un anno, vanificando il lavoro di mesi e non dando certezze per la riprogrammazione futura. Sono in ginocchio agenzie di eventi, congressi e comunicazione; aziende di banqueting e catering; fornitori di tecnologia audio-video; società di trasporti; società di allestimento; interpreti; fioristi; artisti e le tante altre maestranze coinvolte nella realizzazione di congressi ed eventi; location, centri congressi e alberghi». Alessandra Albarelli, presidente di Federcongressi&eventi e portavoce dei rapporti istituzionali e politici di #Italialive sottolinea come questo comparto specifico sia tra i più colpiti dalla pandemia: «Siamo stati i primi a chiudere e gli ultimi a ripartire ma la nostra è sempre una falsa ripartenza, sempre condizionata dall’andamento dei contagi, anche a livello internazionale. Da un giorno all’altro sono cancellati congressi ed eventi che hanno richiesto mesi di impegno e ingenti risorse umane per la loro progettazione! Siamo imprese e professionisti che lavorano e lavoreranno non solo quest’anno ma anche il prossimo nella più totale incertezza. Per questo è necessario che il sostegno del Governo continui in maniera strutturata e costante almeno sino al 2023».
Anche i dati del 17mo Rapporto Annuale Federculture 2021 mostrano un quadro dei consumi e della partecipazione culturale, con la crisi seguita alla pandemia da Covid-19, completamente mutato. Il 2020 è stato un anno di sconvolgimenti per le abitudini di consumo dei cittadini italiani, anche nell’ambito della cultura. A causa delle chiusure e delle limitazioni all’accesso ai luoghi della cultura è molto diminuita la fruizione di spettacoli e attività culturali, come è diminuita la spesa in cultura e ricreazione degli italiani. Quest’ultima nel 2020 pari a circa 56 miliardi, subisce un vero e proprio crollo (era di oltre 73 miliardi di euro nel 2019) con un balzo indietro di circa venti anni. Nella spesa media mensile delle famiglie, che nel 2020 complessivamente è pari al 2.328 euro e diminuisce del 9%, si registra in particolare per la voce ricreazione spettacoli e cultura, scesa a 93 euro (erano 127 l’anno precedente), un calo del 26%. All’interno di questa voce gli ambiti di spesa più penalizzati sono i pacchetti vacanza (-56,8%) e i servizi ricreativi e culturali (-37,3%). Questa diminuzione significa anche una minore incidenza della spesa in cultura sulla spesa totale delle famiglie che nel 2020 è del 4%, mentre rappresentava il 5% nel 2019. Sul versante della fruizione culturale, per le misure di contingentamento e limitazione dovute alla pandemia, si riscontrano in tutti gli ambiti diminuzioni a due cifre, con un picco per concerti e teatri (-23%) e musei (-14%). Menzione a sé per l’ambito dello spettacolo dal vivo, dove tutti gli indicatori – numero di spettacoli, presenze, ingressi, spesa del pubblico – segnano variazioni negative oltre il 70%!
In generale il Covid-19 ha assestato un duro colpo al Comparto non food, modificandolo, anche: alcune categorie hanno infatti subito una decisa spinta, mentre altre sono state pesantemente penalizzate. Del resto a cambiare è stato lo stesso consumatore: Il 60% degli italiani si dice preoccupato per le conseguenze economiche e sociali dell’emergenza sanitaria e questo influisce anche sulla propensione agli acquisti non alimentari. E lo shopping piace multicanale: i consumatori si muovono, in media, fra i tre e i quattro canali d’acquisto, a seconda delle loro specifiche esigenze e delle opportunità offerte dal mercato. Con un primato degli acquisti online, che hanno avuto una decisa accelerazione nel post pandemia, anche se era una tendenza in atto per l’acquisto di articoli Non Food già prima della pandemia. È quanto emerge dall’Osservatorio Non Food 2021 di Gs1 Italy, secondo il quale nel 2020 il fatturato complessivo dei 13 principali comparti merceologici del settore non alimentare ha mostrato una flessione del 9,5% a 93,5 miliardi. Il settore delle calzature italiano in realtà sembrerebbe, a quanto racconta uno studio realizzato da Confindustria Moda per Assocalzaturifici, resistere alla crisi e nei primi nove mesi del 2021 segnava per il campione dell’indagine un recupero a doppia cifra del fatturato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+19,5%), con una stima di chiusura del fatturato a +16,2% nei dodici mesi seppure con un gap compreso tra il -10 e il -15% rispetto ai livelli 2019 antecedenti l’emergenza sanitaria. Tuttavia, il vigore della ripresa non è stato uniforme e in molti casi non è stato sufficiente a ripianare le perdite subìte l’anno precedente. Solo 1/3 delle aziende ha infatti dichiarato di aver superato, o eguagliato, i livelli di fatturato di gennaio-settembre 2019 pre-Covid. Buono anche l’export settoriale (+17,6% in valore nel complesso e +16,3% in quantità) con qualche eccezione.
Ed è allarme anche per le imprese dei Trasporti. Come si logge, ad esempio, in una recente disanima di Fabio Savelli su Corriere della Sera, si registra meno personale a causa dei contagi e delle quarantene e quindi: annullamento delle corse; annullamento dei viaggi con una domanda di mobilità mai tornata ai livelli pre-pandemici; riduzione anche del trasporto pendolare e di quello offerto dalle aziende private di autobus, che sono infatti a richiedere contributi e la riduzione dei pedaggi. Idem per il trasporto pubblico locale. Così Andrea Gibelli, presidente di Asstra: «Il trasporto pubblico locale ha perso 1,5 miliardi nel 2021 per l’esigenza incomprimibile di garantire il servizio pubblico e la continuità territoriale, ma è chiaro che servano interventi ingenti di ristoro». E così per i treni ad alta velocità dove è Italo a chiedere aiuti al Governo, comparto che negli ultimi anni si era diretto verso in un modello europeo di concorrenza. Le stime di Italo rilevano come le vendite per viaggi di gennaio siano inferiori di circa il 40% rispetto a gennaio 2019. Idem per febbraio, con un tracollo dell’80% che includerebbe anche l’ipotesi di blocco agli spostamenti tra le regioni. La compagnia ha già soppresso sei servizi che dal 14 gennaio diventeranno 27. Per evitare il ricorso a misure drastiche e dolorose l’AD Gianbattista La Rocca vede un intervento pubblico di ristoro come «ormai necessario».
Fin qui un quadro più o meno fosco. Dove crescono, invece, i consumi degli Italiani?
Dallo studio emerge chiaramente una continuità, anzi una crescita, della propensione al consumo nei settori del food & beverage (2,6%), delle comunicazioni (5,6%), e per le bollette per l’abitazione (1,2).
Secondo Confcommercio, per una ripresa più consistente bisogna attendere il maturare di condizioni macroeconomiche più favorevoli, considerata la nuova ondata pandemica e l’accelerazione inflazionistica innescata dai prezzi delle materie prime e il generale clima di incertezza che certo non è prodromico al consumo. Carlo Sangalli, Presidente di Confcommercio, parla di “contesto ancora grave e allarmante” e chiede in una nota al Governo di continuare a prevedere sostegni per i settori maggiormente colpiti dal combinato disposto di pandemia, inflazione, caro-materie prime e caro-energia che rallenta i consumi, come il rinnovo della cassa Covid e delle moratorie fiscali e creditizie.