Il maggior merito da dare alla letteratura distopica del Novecento è sicuramente quello di averci avvertito con straordinaria puntualità e preoccupante precocità su ciò che sarebbe stato il mondo, in un futuro ipotetico nemmeno così lontano.
Il vero nocciolo intorno a cui si andava amalgamando la paura nei confronti del futuro era infatti uno ed uno soltanto: l’uomo, o meglio ancora, l’uomo come essere sempre più solo all’interno della società di massa.
Ed è esattamente su questa base di immutata preoccupazione, complice anche la cortina di ferro ed il gelo totale causato dalla Guerra Fredda, che nel 1962 Anthony Burgess scriveva A Clockwork Orange, romanzo reso poi immortale dalla trasposizione cinematografica di Stanley Kubrick.
E’ proprio sulla ridondanza umana e sulla eco lasciata da determinati quesiti che si adagia la rilettura di Burgess effettuata da Gabriele Russo.
Il protagonista Alex (Gabriele Russo), è straordinariamente adatto a raccontare un’ansia causata dalla libertà di scegliere, ai giorni nostri. La sua storia ci fa prendere di nuovo atto del fatto che il libero arbitrio, nel sistema che stiamo vivendo, potrebbe rivelarsi un trucco farlocco, uno specchietto per le allodole.
In particolar modo quest’ultimo, alterando in chiave rock le opere di Beethoven, disegna una vera e propria climax d’orrore, traduzione sonora di ciò che succede nelle sinapsi del protagonista.
Ed in futuro cosa succederà?
Arancia Meccanica (Teatro Eliseo dal 26 aprile al 15 maggio)
regia di Gabriele Russo
con
Daniele Russo Alex
Sebastiano Gavasso Dim
Alessio Piazza Georgie, padre Alex
Martina Galletta Moglie Alexander, Adolf, Joe
Paola Sambo Deltoid, ministro, madre Alex
Bruno Tramice Alexander, anziana signora, cappellano
Musiche originali Morgan