L’Apeirogon è un poligono dal numero infinito di lati. Ed anche il titolo del libro di Colum McCann, irlandese naturalizzato statunitense.
Da questo è stata tratta la lettura-spettacolo andata in scena il 30 gennaio 2025 al Parenti di Milano, punto di incontro, di riflessione, di conoscenza oltre che di fruizione emotiva di spettacoli.
La regia è di Corrado Gambi, anche in scena con Valentina Cova e Francesco Viletti. Il trio è stato accompagnato musicalmente da Livia Hagiu al violino e M° Andrea Albertini al pianoforte.
Sul palco una sorta di pira funeraria dell’infanzia. È fatta con tantissimi giochi di bimbi accatastati. C’è una palla, una biciclettina, una testa di cavallo, un piccolo veliero, una macchinetta a pedali, tante sedioline, una lavagnetta. Un’intera montagna di giochi.
Sulla sommità, non ci sono corpi di bimbi, ma una carrozzina vuota, come se fosse morta l’infanzia intera. I bambini, tanti, sono infatti morti nella notte buia del ghetto di Varsavia, di Roma, sulle spiagge del mediterraneo e stanno ancora morendo a Gaza.
Ed eccoci entrati nel vivo della nostra storia.
Perché le letture recitate, in parte tratte dal libro, ci parlano infatti di quei due mondi contrapposti. Quello di Bassam, palestinese e di Rami, israeliano. La vita di entrambi è speculare: aldilà del muro c’è il nemico. Non ci può essere infatti, nessun tipo di contatto tra i due popoli e quindi neanche tra loro due.
Il palestinese vede nell’israeliano l’invasore, l’occupante che spara e uccide per divertimento. L’israeliano non arriva neanche a vedere nel palestinese un uomo, ma piuttosto una cosa o al massimo un operaio che può lavorare di sabato.
I due uomini hanno poi storie diverse alle spalle. Famiglia semplice il palestinese, che ha anche 7 anni di carcere israeliano alle spalle, contesto intellettuale e agiato l’israeliano.
Ma quando entrambi perdono le loro figlie, il primo per un proiettile di gomma sparato da un giovane e annoiato soldato israeliano, il secondo per un attentato kamikaze, si accorgono che le loro lacrime hanno lo stesso colore.
Così come uguale è il loro dolore.
Dopo la rabbia, la voglia di vendetta, il silenzio, per la prima volta sentono la necessità di interrogarsi sull’altro, di chiedersi perché. E di conoscersi.
Cosa resa possibile grazie all’associazione The Parents Circle, che riunisce genitori ebrei e palestinesi che hanno sofferto il loro stesso terribile dolore nel corso del conflitto in Medio Oriente. È stata fondata da Yitzhak Frankenthal, padre di un giovane soldato di 19 anni rapito e ucciso da Hamas nel 1994.
Intende promuove la riconciliazione tra le società̀ israeliana e palestinese, lottando contro odio e desiderio di vendetta e promuovendo la condivisione delle proprie storie e dei propri sentimenti. Consapevole anche che purtroppo sulla pace non si lucra, mentre sulla divisione e sulla violenza si.
E la serata del 30 gennaio ha voluto essere proprio un inno alla fratellanza, un incoraggiamento affinché ciascuno continui con costanza e coerenza a contrastare l’inferno dei viventi.
Perché come Calvino dice e come lo spettacolo ci ricorda: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.
Apeirogon
lettura-spettacolo per un racconto che è una lezione di coraggio e fratellanza sullo sfondo del conflitto in Medio Oriente
regia Corrado Gambi
con Corrado Gambi, Valentina Cova, Francesco Viletti
musiche Livia Hagiu – violino, M° Andrea Albertini – pianoforte
luci e suoni Mario Ferraris Fusarini
produzione Le Tre Corde