Al Teatro Tor Bella Monaca si schiude come un immaginifico ventaglio la scenografia del teatro in scatola, che già in passato, al Mr.Kaos di Roma, aveva racchiuso la storia a tinte profondamente amare e malinconiche di Sophie (Alessandra Flamini). La storia della ballerina di un nightclub consapevole di una bellezza estetica ormai sfumata, se paragonata a quella delle più giovani rivali. Una donna che purtuttavia conserva il fascino e lo spirito ammaliatore necessari per lottare e sopravvivere in un mondo che muta rapidamente, all’interno del quale il cambiamento è inesorabile e ingrato. Si confronterà con un uomo in apparenza schivo e dai modi garbati (Mauro Fanoni) , la cui superficiale corteccia cela tutt’altro e Sophie lo scoprirà a sue spese. Un testo scritto da Alessandra Flamini e diretto da Luigi Saravo. Il fascino quasi nostalgico di un’epoca dove il nightclub abbracciava il rispettabile profumo dei misteri della notte, dove a far da padrone erano le regine del palco, grazie alla forza dei loro corpi e della loro sensuale arte manipolatoria, si infrange contro il cambiamento della modernità. Il classico e l’elegiaco, dove persino il peccato era pregno di dignità vengono sostituiti dalla piaga insaziabile del progresso che non contempla l’eleganza ma solo la materia. Il corpo femminile si riduce a una macchina accalappia uomini; macchine che devono essere necessariamente sostituite di continuo. Non Sophie.
Sophie è una donna consapevole delle proprie arti e del proprio magnetismo, grazie ai quali riuscirà a sopravvivere in un contesto sempre più ingeneroso. La menzogna diventa la moneta corrente che permette ai personaggi di conservarsi e di avere credibilità, una falsità necessaria e crudele che travalica l’anima umana. L’anima, un concetto divino e sensibile che qui si trasforma in un mercimonio deplorevole e necessario. L’amore vero non esiste, forse fuori le quattro mura del nightclub, ma quello stesso amore ti priva di ogni grammo dell’anima stessa, lasciandoti nudo e vuoto. A cosa serve dunque l’amore reale se ogni briciola della propria essenza si può dosare e barattare per fugaci attimi di mero piacere fisico nei vaporosi spazi di un locale notturno? I dialoghi del testo sono sferzanti e si lasciano addomesticare dall’accattivante lavoro dei due interpreti. La storia recitata è un quadro doloroso e veritiero, estremamente umano e attuale, ma al tempo stesso ironico e sottile. Tutte componenti di un racconto “come tanti”, come se ne potrebbero estrarre a sorte tra milioni di vite in tutto il mondo. Proprio questo con ogni probabilità è il lato più affascinante dello spettacolo: il teatro vive grazie alla natura umana e alle sue storie, ai drammi che ogni giorno e in ogni secolo si consumano spesso nel silenzio della coscienza. A volte si decide di raccontare simili storie, altre, come in questo caso, giungono silenti come ispirazione nella mente di chi scrive. La storia di Sophie è una metafora importante della vita, di chi a modo proprio tenta di sopravvivere nel mondo del lavoro e non solo, dove non si bada alla forma e all’arte, ma sempre più all’efficacia e al torbido pragmatismo. Non c’è via di fuga, si può solamente lottare e dunque il cinismo e la falsità tentano di fare breccia come lame nell’aspra corazza di un uomo duro come la pietra, nel disperato tentativo di scorgere in esso un accenno di compassione e pietà. Lo spettacolo fluisce dolcemente e senza ostacoli proprio grazie a un ritmo sempre elevato, anche nelle pause contemplative e rivelatrici. La scenografia dominata dal rosso è l’elemento sostanziale che incarna l’essenza della messa in scena. In questa scatola, che si chiami camerino, che si chiami nightclub, o che si chiami semplicemente vita, si sopravvive con l’arte della menzogna e della sopraffazione psicologica. Heart Shaped Box è un convoglio di vizi umani, forza, fragilità, manipolazione e fragrante erotismo.
HEART SHAPED BOX
di Alessandra Flamini
con Mauro Fanoni e Alessandra Flamini
regia Luigi Saravo
Associazione Culturale Expresso Teatro