Il 20 febbraio 2025 sarà una data chiave per il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. In quella giornata, il Tribunale di Roma emetterà la sentenza sul caso che lo vede imputato per rivelazione di segreto d’ufficio. Si tratta di una vicenda che ha attraversato ormai mesi di dibattito politico e giudiziario. Lo stesso Delmastro, in un’intervista al Foglio, ha dichiarato di sentirsi prossimo alla condanna, differenziando il suo caso da quello riguardante la collega Daniela Santanché. Tuttavia, ha anche ribadito con fermezza la sua intenzione di non dimettersi.
Tutto inizia il 31 gennaio 2023, quando il deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli, nonché coinquilino e collega di partito di Delmastro, prende la parola alla Camera. Durante il discorso, rivela alcuni dettagli sulle visite ricevute da Alfredo Cospito da parte di alcuni esponenti del Partito Democratico. I protagonisti del racconto sono Debora Serracchiani, Walter Verini e Andrea Orlando. Come non bastasse, Donzelli fa anche riferimento ad alcuni scambi che Cospito avrebbe avuto in carcere con boss della criminalità organizzata, tra cui membri della ‘ndrangheta e della camorra. La ragione addotta è intuitiva: questi ultimi condividevano con lui l’ora d’aria. L’informazione è esplosiva, immediatamente scatena polemiche e richieste di chiarimenti.
Ma da dove provengono queste informazioni? A passarle a Donzelli è stato proprio Andrea Delmastro, nella sua veste di sottosegretario con delega all’amministrazione penitenziaria. Secondo l’accusa, questi dati erano coperti da segreto d’ufficio e non potevano essere diffusi, men che meno in una sede politica pubblica come il Parlamento. Dopo le rivelazioni di Donzelli, Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra deposita un esposto in procura, denunciando la possibile violazione del segreto d’ufficio. La Procura di Roma, dal suo canto, propone l’archiviazione del caso. Infatti, pur riconoscendo che Delmastro aveva diffuso documenti coperti da riservatezza, non riteneva ci fosse dolo nella sua azione. Tuttavia, il GIP ribalta la situazione e dispone l’imputazione coatta e il rinvio a giudizio.
Da quel momento, il caso diventa un terreno di scontro tra giustizia e politica. La destra difende Delmastro. Il senatore Giovanbattista Fazzolari parla addirittura di un’iniziativa giudiziaria inconsueta e priva di fondamento. Inoltre, a sostenere il sottosegretario arriva anche l’ex capo del DAP (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria), Francesco Basentini, che in aula afferma che la “limitata divulgazione” delle informazioni su Cospito non riguardava Delmastro (che anzi sarebbe stato autorizzato a conoscerle). Un’interpretazione che non convince del tutto gli inquirenti.
Nel frattempo, Giorgia Meloni osserva con attenzione l’evolversi della vicenda. La sua posizione sarebbe quella, già collaudata in altre occasioni, di considerare il caso una “battaglia politica” più che un reale problema di tenuta istituzionale. Un’eventuale condanna, però, potrebbe mettere in difficoltà il governo, già alle prese con altre tensioni interne. L’opposizione, invece, chiede a gran voce le dimissioni di Delmastro. PD e Cinque Stelle insistono sul fatto che un sottosegretario condannato non possa mantenere il suo incarico, soprattutto se trattasi del ministero della Giustizia. Nel mentre, si avvicina il 20 febbraio. Il caso Delmastro resta un nodo cruciale per la politica italiana. Se il sottosegretario verrà condannato, Meloni dovrà decidere se difenderlo a oltranza o se accettare eventuali pressioni per un passo indietro. In caso di assoluzione, invece, la maggioranza avrà un’occasione inedita per attaccare la magistratura per un processo ritenuto politico.