Quando nel 1748, in pieno fervore illuminista, Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e di Montesquieu pubblica Lo spirito delle leggi, è consapevole ormai che è necessario fondare un pensiero nuovo sul quale poter costruire un’impalcatura in grado di sostituire la fallimentare e ormai desueta monarchia. Alla base di questa nuova sovrastruttura, ineluttabile si presenta la necessità di separare e riorganizzare il potere; l’autocrazia, infatti, sembrava nel Settecento aver raggiunto il capolinea, almeno in Europa.

Potere legislativo, potere esecutivo, potere giudiziario
Il segno della croce di questo credo ha gesti ben distinti e lontani tra essi, proprio come quello cattolico. Con la separazione di questi poteri si garantisce il buon funzionamento di una democrazia, l’impossibilità di un abuso autoritario e monodirezionale. La diarchia romana portò comunque alla fine della repubblica quando il potere, solo momentaneamente, passò nelle mani di un singolo uomo. L’attuale tripartizione, pensata da Montesquieu e alla base del nostro Stato non sembra piacere a Elon Musk, autocrate, appunto, e nuovo “consulente dell’efficienza” dell’amministrazione Trump.
L’America che è ormai solo l’ombra delle sue vestigia recenti, lascia inasprire i propri rapporti con l’estero per mezzo di un magnate del turbocapitalismo che in barba ad ogni etichetta istituzionale commenta una legittima decisione presa da un tribunale italiano.
«These judges needed to go»
Con queste parole il miliardario americano ha commentato la recente decisione dei giudici italiani in merito all’illegittimità del trasferimento di migranti in Albania. Il caso ha fatto molto discutere, anche per il silenzio guardingo dell’UE che ha attenzionato l’operazione fino allo stop giunto dalla magistratura italiana. Tralasciando le opinioni riguardanti la scelta di governo, non è comunque tardato l’intervento del presidente della Repubblica che fermamente ha risposto: «L’Italia è un grande paese democratico e devo ribadire che sa badare a se stessa, nel rispetto della sua Costituzione». Sergio Mattarella, nell’alto ufficio delle sue funzioni che, lo ricordiamo, sono ben diverse dal suo omologo americano, ha bacchettato il patron di Tesla impartendo una lezione di rispetto delle etichette e di cauto uso del linguaggio, aggiungendo in una nota che nei confronti dell’Italia: «Chiunque, particolarmente se, come annunziato, in procinto di assumere un importante ruolo di governo in un Paese amico e alleato, deve rispettarne la sovranità e non può attribuirsi il compito di impartirle prescrizioni».
Custodi della Costituzione
Se il bon ton diplomatico, che da sempre ha contraddistinto il nostro capo dello Stato, è stato incisivo e senza possibilità di replica, Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, nella sua qualifica di portavoce di quel tanto criticato potere giudiziario, ha colto l’occasione di muovere una steccata contro il governo Meloni che in merito non si è pronunciato. Così Santalucia a 24 Mattino su Radio24: «Un magnate americano tanto influente nella nuova amministrazione di quel Paese che parla di affari interni allo stato sovrano italiano, questo è il dato che balza agli occhi. Si intromette nelle questioni dell’Italia dando giudizi immotivati, ingenerosi nella migliore delle ipotesi senza che nessuno pensi al governo di rispondere dicendo che questi sono affari dell’Italia su cui non ha titolo ad intervenire. Si difendono tanto i confini proprio in materia di immigrazione clandestina e si richiama al dovere supremo di difendere i confini, anche questi sono confini. Ci sono dei confini ideali che non possono essere violati da chi pensa di poter ingerirsi negli affari interni di un Paese sovrano».
Sappiamo già che nuovi equilibri si instaureranno a seguito delle scorse elezioni americane; una cosa è certa però: i toni del dialogo democratico, qualora ci sarà ancora, non potranno che inasprirsi se le pubbliche ingerenze estere continueranno a essere così inopportune.