Sono stati scritti tanti, se non tantissimi articoli su Silvio Berlusconi. Tanti di parte, tanti contro. Altrettanti quelli servili o quelli spietatissimi. Articoli che sembrano non dover mai esaurire le parole da dire. Questo nemmeno a due anni dalla sua morte, avvenuta il 12 giugno 2023.
Berlusconi nacque il 29 settembre del 1936. Amava essere apprezzato da nemici e amici. Si gongolava nel concetto che aveva di sé. Quello di un condottiero, un cavaliere che avrebbe fatto la differenza. Si era addirittura immaginato come un bulldog. Un bulldog è in grado di mordere un toro a lungo senza mai lasciare la presa. Se volesse è in grado di dissanguarlo un toro. Nell’immaginario berlusconiano il toro era la RAI e lui sarebbe passato alla storia per avergli cavato il sangue dal corpo, con tenacia.
L’ingresso in politica
Per molto tempo il suo ruolo è stato relegato a imprenditore del mattone. Il Berlusca di Forza Italia, quello dei quattro mandati come Presidente del Consiglio, sono storia successiva. Venuta dopo persino di Fininvest (poi diventato Mediaset ndr.), il polo televisivo nazionale nato nel 1986.
A Silvio non interessavano i media. Fare informazione ancora meno. Voleva dire scontrarsi con la politica italiana e non era un rischio che cercava. Fu un’esigenza nata dopo, su consiglio di amici giornalisti, il grande Indro Montanelli e Giorgio Bocca. Non poteva sottrarsi da ciò. Un giorno Berlusconi raccontò a Indro Montanelli di essere trattato malissimo da alcuni big dei partiti. Possedeva una tv nazionale, ma mai che se lo filassero. E allora gli suggerirono. Finché avrebbe fatto una “televisione di tette e di culi”, il potere politico l’avrebbe evitato. Doveva fare informazione.
Craxi gli spianò la strada. La sera del 26 aprile 1986 il governo di Bettino decise che anche i palinsesti privati avrebbero potuto trasmettere sul suolo nazionale. Dai programmi più leggeri ai telegiornali. Il Cavaliere si mise subito all’opera e nell’autunno dello stesso anno aveva già confezionato il suo tg.
Il caro e vecchio Silvio Berlusconi ha seguito l’onda di Tangentopoli nel 1992. Lo scandalo che finì i grandi partitoni tradizionali (PCI escluso che si salvò sotto il nome di PDS) e avviò l’Italia verso la Seconda Repubblica. Il vuoto generato creò l’opportunità per il Cavaliere di andare all’attacco con quel mondo della politica che aveva temuto.
La politica personalistica e la svolta comunicativa
Scese in campo con un proprio partito, Forza Italia. Un partito che non esisteva ancora e che accolse gli orfani di Democrazia Cristiana e Partito socialista italiano. Era un uomo nuovo che partorito dalla crisi morale e politica degli anni ’90.
Sconfisse Ochetto nel 1994 e istituì un tipo di politica personalistica, figlia del modello americano, fatto di campagne elettorali spettacolari e un uso massiccio dei media (controllava un vasto impero televisivo con Mediaset). Costruisce intorno a sé il mito del self-made man, un’aura dell’uomo del fare.
Forza Italia nasce e si alimenta dell’immagine di un partito-azienda, modellato sull’immagine del suo fondatore dal quale riceve la linfa per generare seguito. La politica diventa spettacolo e la TV, di suo possesso, il primo campo di battaglia.
Nel dibattito politico si infiltra una comunicazione pubblicitaria, che semplifica i messaggi e costruisce una narrazione positiva, ottimista, rivolta alle emozioni. Insomma populista.
Silvio,Il Cavaliere e tanti altri nomignoli che sono stati scelti per lui, resta il fatto che a due anni dalla sua scomparsa rimane una figura controversa, al centro di molteplici procedimenti penale, ma altrettanto centrale nella storia della seconda Repubblica Italiana. Il suo modo di rivoluzionare la politica italiana, nella forma e nei contenuti ha influito nella costruzione del panorama politico attuale e influenzato la nascita e lo sviluppo dei partiti presenti ora sulla scena italiana.