2duerighe

Il fronte dell’Est: il conflitto “archeofuturista” e il destino dell’Europa

fonte: SkyTg24

La penna dei cronisti si è sorpresa al riapparire, sul fronte dell’est del Vecchio Continente, di carrarmati, manovre militaresche e artiglieria. Un conflitto, quello in Ucraina, tinteggiato da un coro di molteplici voci con i colori novecenteschi della guerra civile europea, per usare l’espressione di Ernst Nolte, gli anni che dalla I guerra mondiale alla seconda conflagrazione bellica insanguinarono l’Europa.

Il professore Salvatore Santangelo nel suo ultimo lavoro “Fronte dell’Est”, edito da Castelvecchi, cambia la prospettiva della guerra ucraina e ne delinea gli originali contorni secondo le forme del primo conflitto iscrivibile pienamente nei canoni della post-modernità. Riprendendo la definizione della penna di Guillaume Faye, Santangelo ridefinisce lo scontro bellico in atto sulla “terra nera” d’Ucraina come esemplificazione di un nuovo paradigma “archeofuturista”.

Il nuovo modello, discostandosi da una forma “westfaliana” e influenzato dai processi globali nonché tecnologici della contemporaneità, si viene definendo da un lato secondo la riscoperta di una forma di primitività violenta dall’altro per la totalità assoluta delle potenziali espressioni distruttive. Il campo delle dimensioni possibili nei nuovi conflitti “archeofuturisti” si viene estendendo, contrariamente alle dinamiche conflittuali tradizionali, a dismisura e senza limiti, assumendo le sembianze anodine della finanza, dell’economia, delle strutture della sfera cognitiva e dei sistemi informatici, fino a coinvolgere gli aspetti ecologici o commerciali.

Elemento non casuale, è stata la mente dell’analista russo Leonid Savin a definire la nuova categoria della “coaching war”, un conflitto che attraverso l’uso delle nuove tecnologie come i social network, le infiltrazioni religiose e i flussi transnazionali può dispiegare tutto il proprio potenziale.

L’analisi di Santangelo esula in ogni caso da una mera prospettiva di tipo bellico ma con rapido tatto sintetico ricompone i nodi stratificati del complesso processo di state building dei paesi post-sovietici. Il fronte dell’Est si viene in tal modo delineando secondo una dinamica di ricostruzione della memoria collettiva che si discosta dall’impostazione a-storica e post-identitaria del primo nucleo d’integrazione europea.

Da tali dinamiche, sottolinea Santangelo, il legame identitario dei paesi dell’ex Cortina con una visione nazionale improntata al concetto di “sangue e suolo”, falda magmatica mai esauritasi e riemersa con forza dalla cesura del crollo dell’Urss, dovrà nel prossimo futuro interrogare necessariamente fin nelle sue fondamenta il progetto della futura Unione Europea.

In tal senso sembra tornare di grande attualità l’analisi dello storico Dan Diner. Lo studioso tedesco, spiegando i meccanismi della memoria collettiva, ha evidenziato come i paesi dell’ex blocco sovietico abbiano reinterpretato le violenze e la vessazione sotto l’URSS secondo un’accezione nazionale ed etnica. I processi di rielaborazione comunitaria dei paesi dell’Est presentano infatti, spiega Diner, la tendenza a porre in secondo piano le dinamiche ideologiche della lotta di classe, rileggendo il potere politico dell’Unione sovietica come continuazione della dominazione dell’impero russo zarista.

Santangelo sottolinea inoltre il ruolo focale di pivot tra Est ed Ovest della Germania. La Bundesrepublik ha visto sfaldarsi, all’accendersi del conflitto ucraino, la rete geoeconomica storicamente costruita con la Russia. Come spiega Santangelo, esperto conoscitore dell’integrazione energetica ed economica tra Berlino e Mosca, la guerra ha messo definitivamente in discussione il progetto della Gerussia, di cui sono stati sintesi concreta la realizzazione del gasdotto North Stream e il progetto interrotto del North Stream 2.

Ora la Germania di Scholz è chiamata a rivedere in maniera radicale la propria strategia geopolitica potenziando, nell’attuale scacchiere globale, la Westbindug del secondo dopoguerra con un graduale abbandono del lungo corso delle Ostpolitik aperto da Willy Brandt. Il riarmo tedesco segnerà la zeitenwende, la svolta epocale, non solo per la Germania per il destino dell’intera Europa.

Exit mobile version