Site icon 2duerighe

La geografia degli scandali: quando i luoghi diventano icone del potere e della caduta

C’è un fil rouge – a tratti noir – che attraversa la storia recente americana. Si tratta di luoghi che da semplici proprietà private o complessi immobiliari diventano simboli di potere, segreti, misteri e scandali. La parabola di Jeffrey Epstein, con la sua isola privata nelle Isole Vergini, è solo l’ultimo e più clamoroso capitolo di una lunga saga che va da Watergate a Mar-a-Lago, da Neverland a Zorro Ranch, in un susseguirsi di storie in cui gli indirizzi stessi finiscono al centro della cronaca, trasformandosi in icone della memoria collettiva.

Il nome di Little St. James, minuscola isola privata nelle Isole Vergini americane, è ormai inseparabile dal caso Epstein. L’FBI la perquisì nell’agosto 2019, pochi giorni dopo la morte del finanziere che sembrava portasse lì vittime e amici – di altissimo rango nella società civile americana – a bordo del suo aereo privato, rinominato per l’occasione “Lolita Express”.

Tre anni dopo, il governo locale ha ottenuto un accordo da 105 milioni di dollari con l’Epstein Estate, più metà dei proventi della rivendita futura dell’isola, e nel 2023 entrambe le isole di Epstein, Little e Great St. James, sono state vendute all’investitore Stephen Deckoff che programma entro quest’anno di trasformarle in resort.

Quasi cinquant’anni prima, un altro luogo era entrato nella storia. Il 17 giugno 1972 cinque uomini furono arrestati mentre piazzavano microspie nella sede del Partito Democratico, ospitata all’interno del complesso Watergate, a Washington.

L’inchiesta giornalistica e politica che ne seguì travolse l’amministrazione Nixon, portando alle dimissioni del presidente nell’agosto 1974. Da allora, il nome “Watergate” non indica più solo un edificio residenziale e alberghiero, ma un intero paradigma: quello dello scandalo politico. Quel suffisso “-gate”, nato da un indirizzo reale, oggi accompagna decine di casi in tutto il mondo.

Il caso Epstein dunque ha contribuito a rilanciare l’attenzione sul ruolo dei luoghi come “testimoni scomodi”. Qualche anno dopo, nel 2022, anche un’altra proprietà di lusso è diventata scena di un’inchiesta: si tratta di Mar-a-Lago, la residenza di Donald Trump a Palm Beach, dove l’8 agosto 2022 l’FBI ha eseguito una perquisizione sequestrando alcuni documenti segreti.

La villa, nata come dimora storica e poi convertita in club esclusivo, è diventata così il simbolo di un caso giudiziario che toccava direttamente un ex presidente, già all’epoca destinato alla rielezione.

Ancora, prima di culminare con il caso Epstein, un altro indirizzo aveva acceso i riflettori su di sé: Neverland Ranch, la proprietà californiana di Michael Jackson, che la polizia di Santa Barbara perquisì nel novembre 2003 durante un’indagine per abusi su minori, anche se due anni più tardi, nel 2005, Jackson fu assolto da tutte le accuse.

Dopo la morte della star, la tenuta è rimasta per anni invenduta, finché nel 2020 è stata acquistata dal miliardario Ronald Burkle per 22 milioni di dollari.  Oggi si chiama “Sycamore Valley Ranch”, ma per molti resta “Neverland”, il simbolo di un sogno spezzato e di un processo mediatico planetario.

Little St. James, Watergate, Mar-a-Lago e Neverland sono zone geografiche diverse, ma accomunate da un destino simile. Si tratta di luoghi privati che, per vicende giudiziarie e mediatiche, hanno perso neutralità e acquisito un significato collettivo. Non sono più solo immobili, ma simboli e pezzi di storia, basti pensare agli effetti che Watergate ha generato nel linguaggio di tutto il mondo occidentale.

In tutti questi casi, la “scena del crimine” – vera o spesso anche solo presunta – sopravvive al crimine stesso, imponendosi nella memoria pubblica come un indirizzo che racconta più di mille documenti.

La geografia degli scandali così non è più solo una mappa di proprietà, ma diventa la mappa del potere e delle sue curiose fragilità.

Exit mobile version