L’uomo, interrogato a lungo nel pomeriggio dopo che le riprese effettuate dalle telecamere dell’area circostante avevano contraddetto tale versione dei fatti, ha confessato di aver inventato la storia del rapimento per la paura di poter perdere l’affidamento del proprio figlio, in seguito all’arrivo dei carabinieri dopo lo smarrimento.
Altro particolare che avrebbe indotto gli investigatori a dubitare della versione data da Giarrizzo è stato il riconoscimento del presunto rapitore nella foto segnaletica di un malvivente, il quale risulterebbe essere tuttavia già in carcere. Inizialmente l’operaio aveva parlato di un sicuro sequestratore di etnia nomade, il quale non era riuscito però a portare a termine il rapimento a causa dell’intervento proprio di Giarrizzo, che –sempre secondo la propria versione dei fatti- aveva reagito sferrando due pugni e mettendolo in fuga a bordo di un’auto grigia, della quale però nessuno aveva riconosciuto la targa.
Chissà che ad ispirare l’uomo non sia stata la vicenda accaduta quasi tre anni fa, quando una sedicenne torinese inventò di essere stata stuprata da due rom per mascherare una fuga d’amore col proprio fidanzatino.
Gianluca Pezzano
29 settembre 2014