Quella di Brunori SAS è una parabola che tutti abbiamo seguito con estrema attenzione, apprezzamento e partecipazione sin dagli esordi: dai tempi dello studentato senese (il suo), a quelli dorati delle canzoni di protesta, di rabbia e d’amore (suoi e nostri), da quelli della garbata televisione (Brunori Sa, 2018), ai recentissimi singulti della paternità.
Il nuovo ruolo genitoriale del cantautore di origini calabresi sembra avergli donato nuova linfa vitale, nuova spinta propulsiva alla creazione. Ma, a guardar bene, i suoi ultimi lavori discografici sembrano averlo riportato indietro di anni luce, quasi ad una nuova infanzia melodica; ed è difficile determinare con lucida consapevolezza, determinazione, ostinazione, la nobilità e la bontà di queste operazioni sonore.
Si tace di Baby cip!, versione pseudo-arrangiata del pur apprezzato Cip!, che ormai ha già compiuto due anni; la pletora di variazioni etimologiche e semantiche porta Brunori a nominare il nuovo album, fresco di edizione (uscito qualche giorno fa, martedì 11 gennaio 2022), Cheap!. Si stenta a comprendere se si tratti di un’affermazione, un augurio, o una sorta di ex-voto. Per Brunori SAS si tratta di omofonia.
Cheap sicuramente per il numero limitato di tracce, ridotto a cinque, ciascuna delle quali particolarmente eterogenea per sonorità, contenuto, ritmo. Numero limitato che si sposa con un tempo di produzione rapidissimo, estemporaneo, e che, secondo le stesse affermazioni del cantautore, si apparenta allo stile di vita odierno, e ad un’attualità sempre più sfuggente e difficile da rincorrere.

Una sonorità rassicurante e surrogata
Ritrovare la voce di Brunori e le sue caustiche considerazioni sulla vita e sul suo beato malessere di cantautore in questi difficili tempi moderni è sempre estremamente rassicurante; ma quanto, onestamente, questa operazione auto denigratoria diventa essa stessa ennesima, inflazionata occasione di autocelebrazione?
Ne è una testimonianza la traccia Ode al cantautore: come sempre ironicissima, divertente e divertita, dalle sonorità che rimandano quasi immediatamente al ben più nobile esempio di Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers (Fabrizio de André, con il contributo di un inedito Paolo Villaggio come paroliere), la canzone scherza sul “cliché Brunori SAS”. Un po’ De Gregori, un po’ De André, il cantautore si definisce un surrogato schiavo del mercato: ma questo gioco musicale del Brunori incompreso comincia a stancare il suo auditorium, se non ad irritarlo.
Lo stesso sembra valere per Yoko Ono, che, malgrado una sognante sonorità, a furia di ridicolizzare l’uomo per mettere in valore il ruolo della donna, finisce per sminuire l’uno e l’altra. L’atmosfera latina, alla Manu Chao, risuona nell’icastico brano Italiano-Latino, semiserio inno antifascista, che pure travolge con il suo fare giocoso. Il “vecchio” Brunori, di cui a volte si sente la mancanza, torna però in Il giallo addosso e Figli della borghesia.
Probabilmente, nei ballerini e fuggitivi tempi che corrono, molti sentono la necessità di odi scanzonate, senza troppe aspettative: in tal caso, il nuovo, breve, prodotto di Brunori sembra dunque consigliabile. Con una modesta avvertenza: i prodotti Cheap, talvolta, si consumano in fretta.