Quando parliamo di Yemen, parliamo di povertà. Parliamo di un paese al collasso, martoriato da anni di conflitti interni che continuano ancora oggi; di vite spezzate dalla guerra, dalla fame, dalla povertà. Non solo una questione geopolitica, ma una realtà fatta di infanzie cancellate e speranze ridotte all’osso. Una realtà che oggi più che mai ha bisogno di essere riconosciuta e sostenuta.
Una situazione drammatica difficile da risistemare.
La situazione nel paese è tra le più drammatiche al mondo. Sono più di 14 milioni le persone che soffrono la fame ogni giorno e, con un tasso di povertà intorno al 40%, lo Yemen è tra i paesi più poveri del pianeta. Istituzioni pubbliche al collasso, servizi essenziali distrutti o inaccessibili, infrastrutture ridotte in macerie e un sistema sanitario praticamente inesistente aggravano una crisi già drammatica. La mancanza di accesso a cibo, acqua potabile, cure mediche e istruzione rende ogni giorno più difficile la sopravvivenza di milioni di yemeniti.
Le radici della crisi
La situazione che oggi attanaglia lo stato yemenita affonda le sue radici negli scorsi decenni. Ciò che è oggi lo Yemen è infatti il risultato di una crisi politica che si protrae da oltre un decennio. Pur vantando una storia millenaria come crocevia di culture e scambi, lo Yemen moderno nasce nel 1990 dalla fusione dello Yemen del Nord con quello del Sud. Tuttavia, le tensioni tra queste due regioni non si sono mai realmente placate e, a partire dal 2011, in seguito alle proteste ispirate dalla Primavera araba, il paese è precipitato in una guerra civile che coinvolge numerosi attori.
Con il tempo, il gruppo armato degli Houthi ha conquistato vaste aree del paese, mentre una coalizione guidata dall’Arabia Saudita è intervenuta a sostegno del governo riconosciuto a livello internazionale, inizialmente basato ad Aden. In questo scenario si sono inseriti anche gruppi jihadisti come al-Qaeda e lo Stato Islamico, complicando ulteriormente il conflitto. Nel 2018, il controllo di Aden è passato al Consiglio di Transizione Meridionale, un movimento separatista sostenuto dagli Emirati Arabi Uniti.
Le condizioni politiche dello stato
A livello politico, lo Yemen rimane profondamente frammentato e instabile. Dopo la deposizione del presidente Ali Abdullah Saleh nel 2011, il paese è stato travolto da una spirale di conflitti che ha frammentato il potere tra diverse fazioni. Il governo riconosciuto a livello internazionale oggi è in esilio a Riyadh, mentre sul territorio si confrontano gli Houthi nel nord, il Consiglio di Transizione Meridionale nel sud e numerosi gruppi armati, inclusi movimenti jihadisti. Questa molteplicità di attori, spesso con alleanze mutevoli e interessi contrastanti, ha reso estremamente difficile avviare un processo di pace duraturo. Gli sforzi diplomatici, sostenuti da organismi internazionali e mediatori regionali, faticano a superare le divisioni politiche e le diffidenze reciproche, lasciando lo Yemen in una condizione di stallo perenne che impedisce qualsiasi vera ricostruzione e normalizzazione del Paese.
Questo è lo Yemen oggi. Un paese frammentato e spezzato, intrappolato in un conflitto senza fine che ha distrutto il tessuto sociale, economico e umano del Paese. La guerra ha silenziato molte voci, ma non può cancellare la realtà di milioni di persone che continuano a soffrire in attesa di una pace sempre più lontana.