Il Sud Sudan, il paese più giovane del mondo, nato nel 2011 dopo una lunga guerra per l’indipendenza, vive oggi un momento critico. Nonostante gli accordi di pace e le istituzioni costruite durante la transizione, numerose sfide—politiche, economiche e umanitarie—mettono in discussione la stabilità del paese. Il rischio concreto è che si ritorni a cicli di violenza che sembravano superati.
Il contesto politico
Nel 2018 fu firmato il Revitalized Agreement on the Resolution of the Conflict in the Republic of South Sudan (R-ARCSS), che portò alla formazione nel 2020 di un governo di unità nazionale tra il presidente Salva Kiir e il primo vicepresidente Riek Machar. Le elezioni, inizialmente previste per dicembre 2024, sono state spostate al febbraio 2027 per dare tempo all’attuazione delle norme previste dall’accordo, come la nuova costituzione e la riforma delle forze di sicurezza. Nonostante questo quadro formale, le tensioni sono di nuovo in aumento. Nel marzo 2025, scontri tra la milizia della “White Army”, legata alla comunità Nuer, e l’esercito nazionale (SSPDF) nello stato dell’Upper Nile, in particolare nella contea di Nasir, hanno causato vittime e distruzioni, comportando altresì arresti di funzionari legati all’opposizione, accuse reciproche e rimpasti ministeriali che hanno incrementato le accuse di violazioni dell’accordo di pace da parte del governo. In questo scenario la Commissione diritti umani dell’ONU ha denunciato “un allarmante regresso” che potrebbe cancellare i pCrisi umanitaria e sociale: fame, sfollamenti, disastri naturali
Fame, povertà e insicurezza alimentare
L’impatto combinato di conflitti, inondazioni e caro vita ha amplificato la crisi umanitaria con il numero di persone che affrontano insicurezza alimentare grave esploso oltre la metà della popolazione, ossia circa 7,7 milioni. Nel Greater Pibor e nello stato di Upper Nile si segnalano situazioni che sfiorano la carestia e dove sono in corso anche una grave attuale epidemia di colera, diffusa dai disastri naturali e dalla carenza di accesso a servizi sanitari essenziali.
Sfollati e rifugiati
Le violenze interne, le inondazioni più volte ripetute e le tensioni politiche hanno generato un massiccio spostamento di persone; internamente sfollati: circa 2 milioni di persone. Inoltre, oltre 2,3 milioni sono scappati all’estero come rifugiati o richiedenti asilo. Il paese sta ricevendo anche un’ampia ondata di ritorni, soprattutto da regioni coinvolte nel conflitto in Sudan, complicando gli sforzi per assistenza e integrazione.
Economia: dipendenza dal petrolio, stagnazione, inflazione alle stelle
Il contesto economico del Sud Sudan è fortemente destabilizzato da una situazione sociale esplosiva con l’economia che nel 2024-25 è prevista in contrazione massiccia: stime della Banca Mondiale prevedono un −30 % del PIL, se non riparte l’export petrolifero della miscela “Dar Blend Oil”. Negli anni precedenti la crescita era stata contenuta, e la forte dipendenza dagli idrocarburi ha reso il paese molto vulnerabile agli shock esterni, come la guerra in Sudan che ha interrotto corridoi fondamentali per l’esportazione del greggio. L’inflazione e il costo della vita sono fuori controllo. I salari pubblici sono in arretrato, con molti funzionari non ricevono pagamenti da mesi. I servizi pubblici – sanità, educazione, infrastrutture – restano debolissimi, soprattutto nelle aree rurali. Il tasso di alfabetizzazione è bassissimo, l’accesso all’istruzione resta fortemente limitato per molti bambini.
Ambiente e sfide all’orizzonte
Il Sud Sudan è tra i paesi più vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico, inondazioni estese, quasi annuali, distruggono raccolti, abitazioni e infrastrutture rurali. Scarsa resilienza, servizi idrici e sanitari insufficienti, e igiene precaria favoriscono malattie come il colera. Se le tensioni politiche non saranno gestite e l’accordo di pace (R-ARCSS) compromesso, il rischio è che si ritorni a una guerra su più fronti, con milizie etniche (come la White Army) che giocano ruoli autonomi e destabilizzanti. Una transizione è possibile con il forte impegno degli attori internazionali (ONU, IGAD) e della società civile, ipotizzando altresì un governo capace di adottare politiche realistiche per ripristinare la coesione istituzionale, convocare le elezioni e attuare le riforme concordate. Se non si stabilizza la produzione e l’esportazione di petrolio, se non si affrontano fame, epidemie e sfollamenti, lo Stato rischia, infine, di non essere in grado di garantire il minimo vitale per una larga parte della popolazione.
Il Sud Sudan si trova a un bivio, dopo anni di speranze suscitate dall’indipendenza e dai trattati di pace, il presente lo trascina di nuovo verso una pericolosa instabilità. Politicamente l’accordo di pace è al limite della tenuta, socialmente la popolazione soffre fame, sfollamenti e servizi pubblici quasi inesistenti; economicamente il crollo delle entrate petrolifere e l’inflazione mettono a dura prova qualsiasi governo. Per uscire da questa spirale di crisi serve leadership responsabile, pressione internazionale, impegno concreto nel migliorare vite e diritti di cittadini troppo a lungo lasciati ai margini.