Ad una decina di giorni di distanza dalla caduta del sistema politico e governativo baathista in Siria, la
situazione all’interno del Paese rimane ancora estremamente confusa e caotica. Da un lato, vi è la certezza
che gli equilibri all’interno della turbolenta nazione mediorientale siano destinata a rimanere ancora incerti per lungo tempo, soprattutto a causa di tutti i conflitti e le tensioni irrisolte presenti tra le varie parti armate esistenti.
Da un lato, infatti, il paese risulta sotto controllo delle milizie di Hayat Tahrir al-Sham, il gruppo islamista capeggiato da al-Joulani, mentre una parte consistente delle regioni orientali siriane rimane ancora saldamente sotto controllo delle SDF, composte da un mix piuttosto eterogeneo di curdi, arabi e altre
minoranze che hanno trovato rifugio sotto la protezione degli Stati Uniti, le cui truppe rimango comunque presenti sul territorio. Al sud, invece, il controllo del confine e degli abitati ad esso adiacenti è passato agli israeliani, che sono ormai entrati massicciamente in Siria con uomini e mezzi per – in base a quanto dichiarato dai vertici politici e militari dello Stato Ebraico – stabilire una profonda zona cuscinetto tra i due stati.
Situazione attuale
L’unica certezza, al momento, sembra essere la completa e totale sconfitta da un punto di vista tattico e
strategico dei precedenti alleati di Bashar al-Assad. Hezbollah, dopo aver abbandonato la Siria, si trova così privato di un importante alleato e sostenitore, visti i profondi legami decennali precedentemente esistenti tra Damasco e il movimento sciita libanese. Teheran, invece, dopo uno sforzo economico e militare non indifferente nel corso del precedente decennio di guerra civile, si trova completamente escluso dalla scacchiera siriana, alla quale ha destinato importanti risorse e ripetute forniture di armamenti, finanziamenti, materie prime ed energetiche. Ma il conto più salato da pagare sempre quello di Mosca, la cui posizione sembra ormai sempre più critica.
Lo storico alleato di Damasco, ora, si trova esposto alla possibilità di dover abbandonare in maniera
definitiva le due storiche basi militari presenti all’interno del paese, che rappresentano l’ultimo tassello
ancora esistente della strategia di proiezione sovietica nel Mediterraneo e in Medio Oriente. La base navale di Tartous e la più recente base aerea di Hmeimim – situata nei dintorni dell’abitato di Latakia – rischiano di dover essere abbandonate in maniera definitiva, vista la mancanza di un accordo, almeno per il momento, tra i vertici del Cremlino e il nuovo governo islamista siriano. I recenti eventi degli ultimi giorni, inoltre, sembrano confermare l’impossibilità – o quantomeno la percezione estremamente negativa – russa sull’argomento, visti i continui movimenti di uomini, aerei e mezzi dalla Siria alla madrepatria.
La Russia
Uno dei primi episodi registrati, proprio nel corso delle ultime ore di vita del sistema baathista degli Assad, è stato il trasferimento delle navi, solitamente ormeggiate nel sicuro porto, al largo delle coste siriane, visto il timore di possibili attacchi e colpi di mano da parte delle milizie islamiste in direzione delle due città costiere ospitanti gli importanti asset della Federazione. Poi, vi è stato il conseguente movimento di mezzi aerei in direzione del territorio russo, principalmente indirizzato al trasferimento in patria di uomini e mezzi. Il ponte aereo, che continua ininterrotto giorno dopo giorno, porta alla facile intuizione che, insieme all’evacuazione della base navale, la Russia stia preparandosi ad abbandonare anche la base aerea, il cui impiego si è rivelato di fondamentale importanza nella riconquista di gran parte del paese da parte delle forze governative a partire dall’anno 2015.
Per ultimo, nei giorni seguenti la fuga dell’ex presidente siriano, vi è stato un vero e proprio esodo da parte degli uomini e dei mezzi della Federazione ancora impegnati e schierati nel resto del paese, le cui basi erano rimaste tagliate fuori dal resto del paese e si erano temporaneamente trovate isolate in una terra ormai controllata da unità armate potenzialmente ostili. In tal modo, con il ripiegamento pacifico e ordinato in direzione della costa, l’influenza russa all’interno del paese ha assistito ad un vero e proprio collasso, segnando, almeno per il momento, il termine definitivo dell’esperienza russa in terra mediorientale.
Numerosi ulteriori segnali, come lo smantellamento dei sistemi di difesa antiaerea presenti all’aeroporto di Hmeimim, poi, sembrano confermare proprio il sospetto che i russi siano intenzionati a ritirarsi
definitivamente dal paese, destinando così tali importanti risorse ad altri contesti, come possono essere il
fronte ucraino o una nuova destinazione affacciata sui mari caldi. Da qualche giorno, infatti, ci si interroga
sull’effettiva possibilità e capacità russa di trasferire queste importanti risorse all’interno di un altro celebre paese arabo: la Libia. Qui, infatti, vi è uno degli ultimi grandi amici di Mosca all’interno del Nord Africa, il generale Khalifa Haftar, il cui controllo su gran parte potrebbe agevolare l’insediamento di una nuova base affacciata proprio di fronte alle coste della Sicilia. Al momento, tuttavia, è ancora difficile avere informazioni certe a riguardo, mentre ciò che è confermato è il fatto che per i russi, ormai, la Siria non rappresenti più un asset prioritario.