N. Scavo, La lista di Bergoglio. I salvati da Francesco durante la dittatura. La storia mai raccontata, Emi, Bologna 2013
La voce di possibili collusioni di papa Francesco con i vertici militari argentini, risalenti agli anni della dittatura, si diffusero all’indomani della sua elezione a successore di Pietro. Testate giornalistiche (fra tutte il quotidiano italiano il Manifesto) e siti internet di mezzo mondo reagirono con incauta diffidenza di fronte al papa venuto dalla fine del mondo, dando voce a chi lo voleva compromesso con i responsabili dei delitti contro l’umanità e della sparizione di circa trentamila “dissidenti” negli anni che vanno dal 1976 al 1983.
L’indagine di Nello Scavo, motivata da una sana passione per la verità, è durata mesi, trascorsi tra ricostruzione degli avvenimenti (attraverso incontri personali, interviste, documenti investigativi e dichiarazioni rese alle commissioni d’inchiesta) e incomprensione di fronte agli “strani” silenzi che fino ad allora hanno avvolto le storie narrate. Perché non se n’è parlato? Perché coloro che dicono di aver beneficiato dell’aiuto dell’allora provinciale dei gesuiti in Argentina non hanno dichiarato solennemente di essere stati salvati?
Sembra esserci stata una sorta di tacito accordo tra padre Bergoglio e le decine di salvati o protetti da lui all’interno del Colegio Màximo di San Miguel, laddove secondo gli stessi residenti essi erano semplicemente giunti per un’esperienza di “ritiro spirituale”. Un accordo motivato da evangelica discrezione e da profondo rispetto che costituiscono il solco, intessuto di intelligenza e di carità, tracciato con tenacia e umanità da padre Jorge. Fa meno rumore una foresta che cresce che un albero che cade, recita un antico adagio. Forse il giornalista in questo libro cerca di dare voce a quella foresta, formata da decine di vicende che vedono Bergoglio prudente esecutore di manovre di salvataggio di futuri desaparecidos, destinati a ricevere in sorte l’amaro calice.
Un minimo comune denominatore lega i molteplici episodi fra di loro: l’estrema cautela, degna delle più abili azioni clandestine, con cui il provinciale gesuita si muoveva per non destare sospetti da parte delle autorità militari e portare quanta più gente in salvo, procurando ad essa i documenti necessari per l’espatrio, insieme alla complicità dell’allora viceconsole italiano in Argentina, Enrico Calamai. Come nel caso di Alfredo Somoza, letterato salvato a sua insaputa in seguito a varie vicissitudini da Bergoglio, il quale gli permise di trovare i contatti necessari per trovare rifugio in Italia. A lui non interessava chi fossero o per quali idee fossero accusati: ciò che gli stava più a cuore è che avessero salva la vita e sfuggissero all’inferno delle carceri di detenzione o addirittura ai tristemente noti “voli della morte”, e in favore di questo prodigò le sue migliori energie. Era riuscito a costruire, tra le tante azioni, una fitta rete di appoggio in Brasile, in modo da favorire il successo delle fughe: «In realtà – scrive Scavo – nessuno degli appartenenti al “sistema Bergoglio” sapeva di farne parte. Ciascuno faceva un singolo preciso favore al provinciale argentino: chi procurava un posto letto per qualche notte, chi un passaggio in macchina, chi metteva una buona parola con i funzionari consolari europei, chi procurava i biglietti aerei. Un’organizzazione per compartimenti stagni. L’unico modo perché il rischio fosse minimo».
Una storia degna di essere raccontata, a maggior ragione perché ad essere protagonista è un uomo destinato a segnare profondamente la storia della Chiesa cattolica. Un’indagine a tutto tondo, quella racchiusa ne La lista di Bergoglio, il cui valore fondamentale è di contribuire a rimettere insieme i pezzi di una verità tanto celata quanto necessaria.
di Andrea Lariccia
9 novembre 2013