
Nonostante sia stato composto nel 1741, Messiah affascina l’uomo del ventunesimo secolo grazie alla sua originalità: è proprio l’assenza di veri e propri personaggi e di una vera e propria vicenda che caratterizza l’opera di Handel.
Il Messiah che si apre con un’adorabile sinfonia, è diviso in tre parti: la prima tratta la venuta di Cristo; la seconda affronta il tema della passione e morte del Cristo culminante nell’Alleluia; mentre la terza mette in luce la missione cristiana nel mondo illustrando il destino del credente dopo la morte. Così tutta l’opera appare come un “crescendo” al cui vertice vi è il famosissimo Alleluia. L’opera settecentesca, dunque, attraverso squilli di tromba che richiamano il destino dei mortali e linee melodiche che rimandano alla Misericordia divina, si impone, a distanza di quasi tre secoli, nella parte più intima dello spettatore a cui non resta che estasiarsi davanti a tale capolavoro barocco.
Tutto ciò è reso possibile grazie agli abili artisti Lydia Teuscher (soprano), Delphine Galou (contralto), Martin Vanberg (tenore) e Matthew Brook (bassobaritono) che, diretti dal maestro Ottavio Dantone, suscitano profonde emozioni nella platea dell’ottocentesco teatro della città meneghina.
Mirko Olivieri
25 ottobre 2014