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“Tecnocina”: storia dello sviluppo tecnologico cinese

In opposizione alle cesure storiche occidentali e ai processi kenotici del Vecchio continente, coerente con il senso più profondo del termine rivoluzione, il concetto di continuità oggettiva o idealizzata è centrale nella storiografia cinese. Lo sviluppo tecnologico di Pechino, la trasformazione in “Tecnocina”, non sfugge a tale legge di fondo: l’episteme profonda, il quadro strutturale del Paese di Mezzo, Zhōngguó come i cinesi definiscono la Cina, è la ricerca della stabilità interna, l’armonia dell’uomo, dello stato e della Natura.

La parola per rivoluzione è anticamente quella di “geming”, letteralmente revocare il mandato. La possibilità della caduta del potere è possibile e attuabile nel momento in cui l’autorità è incapace di mantenere la stabilità. Al di là di una visione orientalistica che storicamente vuole la Cina asfitticamente statica, la propulsione tecnologica di Pechino ha evidenziato la capacità cinese di tenere insieme il timore recondito del “luan”, della confusione e del caos, con la necessità delle grandi trasformazioni tecnologiche, tipicamente choc sociali ed economici di entità sismica.

Dalla collaborazione con gli scienziati dell’URSS durante l’era di Mao fino al sistema delle joint ventures e ZES per l’apertura economica di Den Xiaoping, la storia contemporanea dello sviluppo tecnologico cinese ha attraversato fasi diverse con caratteri propri ma anche una continuità di fondo sorprendente, come spiega con efficacia Simone Pieranni, nel libro pubblicato da Add Editore “Tecnocina”. Centrale fin dai tempi del grande timoniere, l’avanzamento tecnologico divenne per la nuova Repubblica popolare cinese lo strumento chiave con cui emergere dal secolo dell’umiliazione e assicurare lo sviluppo economico al centro del patto sociale tra cittadini e PCC.

Nel quadro ideologizzato della Cina post 49’, gli scienziati godettero anche sotto Mao di un particolare status privilegiato, se pur, come detto, sempre soggetti alle necessità politicizzate del Partito. Da evidenziare un particolare e personale interesse di Mao per la fisica e per i lavori scientifici di Einstein. Per il grande timoniere le ultime novità del mondo fisico divenivano conferma ontologica del metodo dialettico.

Nel 1957 venivano premiati per la prima volta con il Nobel per la fisica due scienziati cinesi per i loro studi sulle particelle elementari e due anni prima nel 1955 il PCC istituiva il primo gruppo sulla pianificazione della ricerca scientifica responsabile di un successivo programma di crescita tecnologica nei settori missilistici, dell’elettronica e della meccanizzazione. Obiettivo la realizzazione della prima bomba atomica made in Cina, successo ottenuto con la detonazione di un ordigno nucleare nello Xinjiang nel 1964.

L’evoluzione della “Tecnocina”

L’altro grande tassello per la crescita tecnologica cinese sarà la capacità di attrarre e mettere a disposizione del Paese le conoscenze acquisite da scienziati e studiosi formati all’Estero. Molti dei grandi eroi dell’albo scientifico cinese avranno, in particolare nell’età maoista, un background costruito fuori dai confini della Cina. Proprio per sfruttare tale processo di ritorno, nel 1956 Zhou Enlai promosse un sistema di sostegno agli scienziati, con incentivi economici e migliori condizioni di lavoro.

Un nome su tutti rappresenta l’importanza dei ritorni degli scienziati in Cina, Qian Xuesen. Padre del programma missilistico cinese, Qian, dopo la laurea a Shangai, si formerà prima al MIT di Boston e poi al Caltech (California Institute of Technology) di Pasadena. Oltre alle importanti conoscenze nel campo ingegneristico, tornato nella terra natia Qian avrà un ruolo fondamentale nel porre le basi ideologiche per la sistematizzazione dallo sviluppo tecnologico nell’era post maoista, nella fase delle riforme di Den Xiaoping basate sulle 4 modernizzazioni.

 Appassionatosi alla cibernetica, Qian Xuesen si fece promotore di una visione scientifica della società interpretata come un software, un sistema complesso pianificabile, programmabile e controllabile. Non a caso sarà la mente dietro la limitazione delle nascite e la politica del figlio unico, esempio della filosofia del controllo che vedrà una sua accelerazione sotto la c.d. generazione dei “nerd” di Hu Jintao.

Il ruolo primario degli scienziati e studiosi all’interno dell’ecosistema tecnologico cinese, sarà ribadito e rafforzato ulteriormente da un nuovo piano che rivoluzionerà la Cina post Maoista divenendo la pietra miliare dello sviluppo tecnologico cinese negli anni futuri.

Nel 1986 viene deliberato il nuovo programma di ricerca e sviluppo ad alta tecnologia con l’obiettivo di frutto di una simbiosi tra Know-How scientifico, ingegneria ed industrializzazione. In particolare, il piano 863 (riprendendo la data di elaborazione) includeva la concentrazione delle risorse per uno sviluppo unitario sia delle innovazioni nell’ambito militare che civile. Il progetto venne elaborato e condotto, naturalmente con il beneplacito di Den Xiaoping, da quello che venne soprannominato il gruppo Wang, composto da quattro scienziati (Wang Ganchang, Wang Daheng, Chen Fangyun, Yang Jiachi) entrati nella storia della tecnologia cinese.

Il ruolo dei sapienti nella società cinese riconduce nuovamente alla linea di continuità della storia del regno di mezzo, dove istruzione e formazione sono considerati fondamentali per lo sviluppo del Paese già a partire dal sistema di esami istituito nel VII sec. d. C per la selezione dei funzionari imperiali e dal forte habitus confuciano. In particolare, le caratteristiche della scrittura cinese ne faranno un elemento di prestigio, tanto da instaurarsi un legame profondo tra potere politico e letterato, con quest’ultimo ritenuto modello morale e organizzatore dei rapporti sociali già nelle fasi più antiche della Cina: historia vero testis temporum.

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