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La Cina procede con il blocco dei chip Intel e AMD. Danni da miliardi di dollari per i due gruppi Usa

Dopo il blocco dell’uso di Tik Tok in Cina ad opera statunitense, quest’ultima non è rimasta inerme e ha risposto con la redazione di un documento concernente nuove norme per la predisposizione di un divieto rispetto all’utilizzo di chip appartenenti a gruppi Usa. Il Presidente Xi Jinping ha emesso una risoluzione per cui i server governativi dovranno prevedere l’eliminazione di chip come Intel e AMD, che verranno sostituiti da dotazioni informatiche nazionali.

Secondo le linee guida più rigorose sugli appalti pubblici, ai sensi di quanto riportato dal Financial Times, l’obiettivo di Pechino sarebbe lo sradicamento di Windows di Microsoft e di software esteri, per favorire solamente le opzioni della nazione.

Una nuova svolta nella guerra mondiale sul fronte tech, che vede i paesi sfidarsi per impossessarsi della migliore tecnologia.

Documento 79: la strategia cinese per divenire la prima potenza hi-tech

Un documento emesso da Pechino nel settembre 2022 e che pone in evidenza come la Cina operi per sradicare completamente la presenza di software stranieri all’interno dei propri sistemi entro il 2027. Un programma volto al raggiungimento del primato tecnologico e informatico, bloccando completamente l’influenza di sistemi, soprattutto statunitensi, obiettivo che evidenzia come tale risoluzione sia considerabile come un’arma preponderante per poter guadagnare terreno all’interno della guerra tecnologica.

Lo scorso 26 dicembre il ministero delle Finanze e il ministero dell’Industria e della Tecnologia dell’Informazione cinesi hanno iniziato ad attuare le disposizioni previste nel Documento del 2022. Vi è stata la stesura di una lista ben specifica per identificare quei chip definiti come “sicuri e affidabili”, ovviamente, tutti di aziende cinesi. Tra questi vi sono marchi come Huawei e il gruppo Phytium che, invece, sono stati inseriti nella lista nera di Washington.

Un rinnovamento di vasta portata

L’ammodernamento delle forniture informatiche fa parte di una strategia molto più grande e complessa, comprendente non solo il servizio tecnologico, piuttosto influisce sull’autonomia di diversi settori come quello militare, governativo e statale, mirando all’affermazione di un’autarchia tecnologica denominata come xinchuang, ovvero “innovazione delle applicazioni IT”.

Il governo di Pechino mira a raggiungere un esito positivo per la transizione tecnologica entro il 2027, evidenziando come la realizzazione di tale intento comporterebbe cospicui sgravi economici per i produttori statunitensi. In virtù di ciò, basta considerare che, nel corso del 2023, le vendite di Intel alla Cina corrispondevano ad un 27% dei propri prodotti, ossia un terzo dei 54 miliardi complessivi del ricavo d’affari. Per quanto concerne AMD, invece, il fatturato ottenuto da vendite alla nazione cinese equivale ad un 15%.

L’operato della Cina, per quanto arduo, prosegue, e si prospetta un investimento di 660 miliardi di yuan, ossia 91 miliardi di dollari, per sostituire tutte le dotazioni informatiche all’interno delle strutture governative entro il 2027.

Una campagna posta su un’ampia scala, che prevede esclusivamente soluzioni nazionali che sono state discusse all’interno del China Development Forum che si è appena concluso a Pechino e che aveva l’obiettivo di risollevare gli investimenti dall’estero.

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