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Tra gli scatti di Dorothea. Racconto di vita di una fotografa americana.

“La macchina fotografica è uno strumento che insegna alle persone come vedere senza la macchina.”

Primogenita di Johanna Lange e Heinrich Nutzhorn, entrambi figli di immigrati tedeschi, Dorothea Margaretta Nutzhorn, nasce a Hoboken, New Jersey, nel 1895. Nel 1902, viene colpita dalla poliomelite, una malattia infettiva localizzata nel midollo spinale, che le causò un deficit motorio permanente alla gamba destra. In seguito all’abbandono doloroso del padre, dotata di un forte senso d’indipendenza, decide di adottare il cognome materno, scelta tutt’altro che scontata secondo la cultura dell’epoca. Ancora in giovane età si trasferisce a New York, nell’area di Manhattan, dove inizierà a lavorare in uno studio fotografico per sostenere le spese della famiglia. È tra le strade dei quartieri portuali di New York, che entra per la prima volta in contatto con un contesto sconosciuto, povero e migrante.

Come un’allieva indisciplinata e talentuosa, frequenta il corso di fotografia presso la University of Columbia, sotto la guida di Clarence Hudson White, celebre fotografo e insegnante statunitense. Lange si allontanerà durante i suoi studi dalle correnti del movimento fotografico del pittoralismo, per abbracciare la poetica della straight photography (fotografia diretta) di Ansel Adams ed Edward Weston. Nel 1919, seguendo il consiglio di un precedente datore di lavoro, Dorothea decide di aprire il suo primo laboratorio fotografico nella città di San Francisco. Qui, accrescerà notevolmente la sua fama, dimostrando un grande talento nel ritrarre con i suoi scatti i membri delle famiglie benestanti.

“Particolarmente richiesti erano queste tipologie di nudi, abbastanza pudichi, commissionati dalle ricche famiglie ebree di San Francisco, 1920.”

Inserita nei vari circoli fotografici, sposerà il pittore americano Maynard Dixon (illustre per le riproduzioni paesaggistiche dell’American West). In compagnia del marito, trascorre una vita per lo più tranquilla, minata, nel 1929, dal vertiginoso crollo della Borsa di Wall Street. Miseria e rabbia iniziano a diffondersi tra le strade americane, risonanti del clamore delle manifestazioni. Lange accorre con la sua macchina fotografica riesumando quella vocazione per lungo tempo sepolta negli ambienti rassicuranti di una vita mondana. Riviste e Giornali iniziano a pubblicare i suoi scatti: nuovi ritratti di masse popolari animate da vigori incandescenti, in perpetuo scontro con le reazioni aggressive delle spaventate elite. Lo spirito di denuncia diventerà più travolgente quando si troverà immersa tra le difficili campagne di una California rurale.

“Le famiglie contadine, rimaste prive di terra e di finanze erano spesso costrette a spostarsi a piedi per lunghissime distanze, totalmente esposte a malviventi, disperati, intemperie.”

Reportage crudi e particolarmente evocativi prendono vita da uno sguardo attento e appassionato. Al fianco del suo secondo marito, l’economista Paul Taylor, Dorothea prenderà parte ad una seria di documentari commissionati dalla Farm Security Administration, un programma istituto dal presidente Roosvelt per combattere la povertà in America. La sua fotografia diventa unica e commovente capace di trasmettere le strazianti condizioni dei lavoratori, contadini migranti e delle loro famiglie. Un lavoro che le permetterà di raccontare al proprio paese e al resto del mondo quella povertà brillantemente riassunta nel celebre scatto “Migrant Mother”. Sullo sfondo di città e paesi statunitensi, la fotografia di Dorothea svela le false promesse e le ridondanti retoriche di una propaganda trasmessa lungo le difficili strade sotto forma di sbiaditi cartelloni pubblicitari.

Il programma indetto nel contesto del New Deal, termina nel 1941, con l’attacco giapponese a Pearl Harbour. La macchina fotografica si sposta, inquadra e scatta importanti momenti di vita delle famiglie appartenenti alla comunità nippo-americana, internate loro malgrado, negli inquietanti campi di prigionia degli Stati interni dell’Ovest americano. Altri vinti, privati della loro libertà dal susseguirsi di eventi storici, ritrovano una propria voce tra i negativi della Lange. Costretta a rallentare i suoi reportage fotografici a causa dei continui problemi di salute, la fotografa realizza negli anni Cinquanta alcuni servizi per la rivista Life per poi concentrarsi sull’insegnamento presso l’Art Institute di San Francisco. Muore nel 1965 poco prima dell’inaugurazione della mostra al Museum of Modern Art di New York, dedicata alla sua arte, alla sua vita e alla sua fotografia. Oggi, tutti i materiali originali delle campagne fotografiche di Dorothea Lange sono conservati negli archivi fotografici della Library of Congress di Washigton e della Public Library di New York.

“Anche se c’è forse un campo in cui la fotografia non può dirci nulla di più di ciò che vediamo con i nostri occhi, ce n’è un altro in cui ci dimostra quanto poco i nostri occhi ci consentano di vedere.”

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