Strumenti di pietra ed osso e pendenti composti da denti di pesce. Questi alcuni dei reperti rinvenuti dagli studiosi dell’Università di Belgrado, appartenenti alla facoltà di Filosofia, nella grotta Pešterija, sita nei pressi di Zvonska Banya.
La scoperta è stata pubblicata all’interno dello studio “First insights into the Mesolithic settlement of Southern Serbia: excavation of the Pešterija Cave in the Ponišavlje Region”, firmato da Dušan Mihailović (Dipartimento di Archeologia, Facoltà di Filosofia, Università di Belgrado), Ivana Živaljević (Dipartimento di Storia, Facoltà di Filosofia, Università di Novi Sad), Vesna Dimitrijević (Dipartimento di Archeologia, Facoltà di Filosofia, Università di Belgrado), Sofija Dragosavac (Dipartimento di Archeologia, Facoltà di Filosofia, Università di Belgrado), Danilo Pajović (Dipartimento di Archeologia, Facoltà di Filosofia, Università di Belgrado), Anđa Petrović (Dipartimento di Archeologia, Facoltà di Filosofia, Università di Belgrado), Katarina Bogićević (Dipartimento di Paleontologia, Facoltà di Mineraria e Geologia), Dragana Đurić (Museo di Storia Natuale di Belgrado), Mirela Djurović (Dipartimento di Archeologia, Facoltà di Filosofia, Università di Belgrado), Steven Kuhn (Scuola di Antropologia, Università dell’Arizona, Tucson) e Mirjana Roksandic (Dipartimento di Antropologia, Università di Winnipeg, Winnipeg).
Si tratta di una scoperta archeologica sorprendente poiché ha permesso di attestare la presenza di popolazioni dell’età del Mesolitico in luoghi inaspettati poiché distanti da altri siti già studiati e appartenenti a quest’epoca. Inoltre i vari reperti archeologici hanno permesso agli studiosi di ricostruire e attestare che le popolazioni mesolitiche abbiano vissuto all’interno dei Balcani, tesi che fino a qualche tempo fa era stata solo ipotizzata e mai confermata da prove evidenti.
I reperti sono stati datati, grazie ai test di radiocarbonio effettuati a Ottawa nel 2023 ed ad alcune altre studi, all’era mesolitica e in particolare tra il 6.000 e il 7.000 a.C. Questa età, in particolare, viene definito come l’età media della pietra, dove gli uomini preistorici hanno affinato la tecnica di lavorazione della suddetta e hanno iniziato a costruire utensili da utilizzare nella vita quotidiana e durante la caccia.
Non è la prima volta che gli studiosi sono andati alla scoperta di questi luoghi. La prima visita alla grotta infatti risale al 2011 quando quel luogo venne identificato come un “potenziale sito archeologico”. Undici anni dopo nel 2022 e poi nel 2023 sono stati condotti gli scavi.
In questo sito, come riporta lo studio pubblicato, nel secondo strato, sono stati ritrovati un’importante quantità di reperti archeologici e resti faunistici, mentre ancora più sotto sono stati individuati diversi manufatti realizzati con la roccia scheggiata e ossa di animali.
Nel corso degli scavi, nei vari strati di roccia, sono stati inoltre rinvenuti diversi resti animali, come quelli di camoscio, capriolo, volpe e martora e resti di alcuni specie anfibie, come salamandre o rane. Fra questi è stato significativo il ritrovamento di uno scheletro di un pesce della famiglia dei Ciprinidi, la cui presenza era attestata nelle zone costiere del Mar Nero, nel mar d’Azov e nel Mar Caspio. Fino a prima di questo ritrovamento non invece era mai stata attesta la sua migrazione verso il Danubio, uno dei più grandi affluenti del Mar Nero, ma solo in altri affluenti. Questo, unito al fatto che le popolazioni danubiane non avevano lo sbocco sul mare e vivevano presso laghi o altri affluenti, ha portato ad evidenziare il fatto che le popolazioni si erano spostate entrando in tutto il Danubio durante il periodo delle migrazioni riproduttive, mettendo in luce un contatto fra popoli diversi.
Passando poi ai ritrovamenti ossei, lo studio delle rotture individuate in alcuni punti e il livellamento su di essi ha permesso di ricostruire che fossero stati utilizzati come utensili negli usi quotidiani. In particolare, come scalpello per la lavorazione del legno o altri interpretati come zappe, asce e martelli.
Come riportato nelle conclusioni dello studio, tutti i ritrovamenti all’interno della grotta di Pešterija e la comparazione con gli scavi già avvenuti nelle stesse zone, hanno portato gli studiosi a datare i ritrovamenti al periodo del Tardo Mesolitico portando all’evidenza di come, all’interno dei Balcani, ci fosse uniformità nel bagaglio di conoscenze delle popolazioni. Inoltre, il ritrovamento del dente faringeo di vyrezub, utilizzato come ornamento, ha messo in luce come quelle che vivevano questi luoghi fossero delle popolazioni già connesse ad altre comunità circostanti.
Questa grotta si distingue da altri luoghi perché “rappresenta un campo di caccia temporaneo dove si sono svolte diverse attività”.