Libere. Di scegliere se e come avere figli è il saggio Einaudi – pubblicato il 16 gennaio 2024 – con cui Ilaria Maria Dondi, giornalista professionista e direttrice responsabile di «Roba da donne», offre ai lettori la trattazione di un tema divisivo e polarizzante: la maternità.

In Libere di scegliere, Dondi parte dal presupposto che «non esiste un solo tipo di madre, né un solo tipo di donna senza figli; perché non esiste un unico modello femminile al quale uniformarsi».
Il giudizio e le aspettative della società non oppongono soltanto donne con figli a donne senza figli, bensì scinde la vita degli individui di sesso femminile in dualismi che si comportano da filtro: «childless (senza figli non per scelta) contro childfree (per scelta e convinzione), madri biologiche o naturali contro madri adottive o non naturali (…), donne che hanno abortito volontariamente contro donne che hanno avuto aborti spontanei» ecc.
Citando la scrittrice canadese Sheila Heti, Dondi parla di una «guerra civile» perenne che non lascia nessuna esclusa.
L’autrice paragona il corpo della donna a un campo di battaglia, assediato da costatazioni e consigli non richiesti, dove i giudizi si moltiplicano, si accavallano e inducono a porsi mille domande su di sé e sulla legittimità della propria condizione rispetto agli standard.
Il dato sulla presenza o meno di figli caratterizza il racconto sulla vita della donna, presente o passata, ne marchia a fuoco la biografia, o per lo meno, è parametro per definire la rettitudine o meno della sua condotta.
Per Dondi, «i media sono ossessionati dalle gravidanze delle donne famose, ma lo sono molto di più dalla loro assenza. Con tutte le donne senza figli si tasta il terreno, in cerca di progetti futuri o rimpianti a posteriori. A chi lascerà la sua eredità, si chiede alla non madre quando l’età rende evidente l’irreversibilità della condizione».
Quando si tratta di uomini, al contrario, il dato non è allo stesso modo necessario, anzi «se manca, nessuno ne chiede conto».
Questo fenomeno è confermato dall’assenza, nella lingua italiana, di una parola che definisca lo status di donna senza figli. L’essenza della donna a cui manchi una prole è racchiusa nella preposizione senza, a indicare incompletezza, mancanza, quindi lo stato di debito rispetto alla società, alla biologia, alla sua stessa femminilità.
La perifrasi contraria, invece, «aggiunge e porta il bilancio in positivo: un’evoluzione dello stato di donna, che grazie alla preposizione con, trova completamento raggiungendo lo stadio di madre».
In Libere di scegliere, Dondi «e-voca», «materializza» con uno stile impeccabile, sobrio, aderente alla realtà, un mosaico di volti femminili e di mestieri, talenti, sensibilità che chiedono di essere riconosciuti, dietro cui si nasconde un cammino personalizzato di autoconsapevolezza e scoperta di sé.
Volti che vivono sulla propria pelle il dramma dello stigma sociale, subìto per non essere state abbastanza docili, abbastanza conformi, per non aver risposto adeguatamente a criteri rassicuranti di “normalità”.
L’autrice dà voce a un femminile ferito, oltraggiato, offeso, attraverso la denuncia di parole assenti, parole che non esistono, che la società non riesce a e-vocare, forse per paura di un significato che non sa gestire: la liberazione della donna dalla sua unica funzione materna.
Libere di scegliere non ha paura invece di in-vocare un senso di sorellanza anche grazie al racconto autobiografico, fil rouge che apre il saggio e lo percorre: gli eventi della depressione post-partum vissuta dall’autrice alla nascita del proprio figlio, e con questa un senso di vergogna e di solitudine, aggravati dalla completa inefficacia dei servizi assistenziali previsti dalla sanità pubblica.
Stati mentali ed emozionali che necessitano di spazio nel racconto collettivo, perché: «scrivere, raccontare, raccontarsi alle altre persone, e, in prospettiva, anche ai propri figli non significa evocare il senso di colpa che non hanno, né esporli a un dolore non necessario. Significa semmai consegnargli le chiavi per capire la storia delle loro origini (…). Le madri muoiono perché non si trovano più: perché quel mamma è un’identità così pervasiva e definitiva – a casa, in società, nei reparti di maternità e negli ambulatori – da annullare tutto quello che sei stata e da farti pensare che non ci sia via d’uscita».
Link al libro: Libere. Di scegliere se e come avere figli, di Ilaria Maria Dondi – Einaudi
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