Amy Winehouse, cantante britannica dalla voce graffiante, è stata anche stilista e produttrice discografica. Considerata la precorritrice del genere definito “soul bianco” insieme alle cantanti Adele e Duffy, ha inciso tre album (di cui uno postumo) prima di lasciare il palco con una morte prematura. Morte ancora annebbiata, della quale non si conoscono le precise cause, ma che si attribuisce ad un assunzione eccessiva di alcool (dopo che la cantante aveva passato un lungo periodo di astinenza, dopo il rehab) combinata con un disturbo dell’alimentazione che tormentava Amy fin dall’adolescenza. E quindi risulta facile per i fan e le persone che stanno fuori da questi disagi puntare il dito e colpevolizzare la persona in questione “perché troppo viziata dalle possibilità che i soldi possono dare” e giù una valanga di pregiudizi e cliché. Così il regista inglese Asif Kapadia racconta la storia di un’icona assoluta degli anni 2000, affiancato dal produttore James Gay – Rees e dall’editor Chris King.
La casa di produzione cinematografica Nexo Digital propone questo documentario in tre giornate, in anteprima assoluta, in molte delle sale dei cinema italiani (per visitare l’elenco in continuo aggiornamento, visitate il sito www.nexodigital.it) e precisamente il 15/16/17 settembre, data simbolica in quanto proprio il 14 settembre sarebbe stato il suo compleanno. Un documentario che vuole raccontare gli aspetti più veri di quest’artista così particolare, immagini e video inediti che cercano di scavare un po’ più a fondo nella vita di Amy Winehouse, soprattutto cercando di eliminare i pregiudizi delle persone. Per realizzare il suo film il regista è partito dall’intuizione che potessero essere proprio le sue canzoni a creare la trama narrativa del suo lavoro. Del resto i testi della Winehouse erano sempre estremamente personali: lei usava la scrittura in forma catartica, quasi fosse una terapia attraverso cui elaborare le emozioni più difficili. Ed è lo stesso Kapadia a rivelare che “Tutto quello che dovevamo fare era svelare quei testi. Questa per me è stata la vera rivelazione: la scrittura di Amy. Tutti sanno come cantava, ma forse solo pochi si rendono conto di quanto scrivesse bene. Ha scritto testi e musica: tutto era suo”.
Rebecca Cauda
25 maggio 2015